Renaissance Polyphony di Fabrice Fitch, incluso nella collana Cambridge Introduction to Music (292 pp., 22.99£, 2020), non è propriamente una storia della musica polifonica del Rinascimento, ma una immersione totale nei parametri e nei dettagli dell’arte contrappuntistica elevata ai massimi livelli concettuali ed espressivi dai franco fiamminghi tra il Quattrocento e il Cinquecento.
Il libro diviso in quattordici capitoli entra progressivamente in tutti gli aspetti che riguardano la vita musicale polifonica dell’epoca, con una ricca serie di esempi musicali relativi a messe, mottetti, e talvolta chanson, esplorandone i diversi aspetti sotto il profilo della notazione, della tessitura, della scrittura, della condotta delle parti, e del ruolo che questa musica ha avuto nella società e nella storia.
La ricchezza di dettagli e gli spunti di riflessione che questo libro offre deriva dalla profonda conoscenza dell’arte polifonica del suo autore, che oltre alla attività analitica della musicologia si dedica anche a quella creativa della composizione.
Grazie all’intimità di Fabrice Fitch con i capolavori della polifonia rinascimentale, nel suo studio abbondano riflessioni e considerazioni che illuminano i processi creativi e che dimostrano l’originalità di questa affascinante cultura sonora, favorendo la comprensione delle differenze stilistiche tra le opere dei suoi protagonisti.
Il punto di partenza del panorama sonoro cha da Dufay arriva fino a Lasso e Palestrina, è costituito dalla anonima Missa Caput che appartiene a un gruppo di messe inglesi che circolarono ampiamente nell’Europa continentale della prima metà del Quattrocento e che servì da modello per numerosi compositori, in particolare Ockeghem e Obrecht. L’aspetto più significativo di questa messa ciclica è la presenza di una quarta parte vocale, definita «contratenor bassus» posta al di sotto del tenor, il cui ruolo è spiegato nel capitolo quinto dedicato agli ambiti e alle funzioni dei diversi registri vocali. L’innovazione stilistica comportò un ampliamento della tessitura e una maggiore mobilità delle parti inferiori, paragonata dall’autore ad un'altra grande trasformazione del linguaggio musicale, quella dell’avvento del basso continuo alle soglie del Seicento.
Dopo una breve illustrazione nel secondo capitolo dei differenti formati delle fonti, il libro di coro dei manoscritti quattrocenteschi, e i libri-parte della stampa musicale del Cinquecento, e della prassi estemporanea della polifonia realizzata sulla base della monodia gregoriana, nel terzo si definisce il ruolo e lo status dei "creatori" di polifonie, i cantori, che spesso erano anche compositori, attivi nelle principali cappelle musicali dell’epoca, sottolineando il loro senso di appartenenza ad un gruppo di artisti così specializzati da poter comunicare e giocare con i codici della lingua e della notazione musicale.
Tra i vari capitoli di questo libro ce ne sono due specificatamente dedicati alla teoria musicale. Nel quarto si affronta la questione dell’intonazione degli intervalli a partire dal sistema esacordale di Guido d’Arezzo e del suo rispecchiamento nella teoria modale rinascimentale attraverso la rappresentazione visiva della mano, con una breve nota sulle alterazioni della musica ficta, e di conseguenza sulle dissonanze e i cromatismi, e una particolare attenzione alle formule cadenzali. Il sesto è dedicato alla notazione e alla organizzazione ritmica e metrica della musica polifonica rinascimentale, attraverso l’illustrazione delle quattro prolazioni e la progressiva adozione preferenziale di una parte di esse nel corso del Quattrocento, con un ulteriore riferimento alla Missa Caput nella quale si alternano i segni mensurali nelle due sezioni di ciascuno dei suoi movimenti.
Nel settimo capitolo Fitch compie una riflessione sulla problematicità e fluidità del concetto di genere musicale applicato alla musica rinascimentale, e dettato piuttosto dalla tipologia dei testi intonati polifonicamente e dalla convenzioni formali ad essi applicate, mentre nei tre capitoli seguenti si sofferma sulle principali caratteristiche strutturali rispettivamente di messe, mottetti e chansons, nell’ordine progressivo decrescente del loro prestigio: "magnus", "mediocris" e "parvus".
Il capitolo 11 integra il discorso dedicato ai ruoli vocali presente nel capitolo quinto, sviluppando il tema delle tessiture, del numero delle voci, e del ruolo dell’imitazione attraverso la quale i procedimenti contrappuntistici vengono messi in primo piano.
Il corposo capitolo 12 ritorna sul tema delle messe cicliche per evidenziare il ruolo del cantus prius factus presente nella parte del tenor, o attraverso la tecnica della parafrasi nella parte del discantus, e si concentra sulla fioritura delle messe L’Homme armé, frutto non solo dell’emulazione ma anche degli scambi e omaggi fra compositori e cantori, e si conclude analizzando i procedimenti della cosiddetta messa imitazione, o parodia, che utilizza come modello strutturale gli impianti di composizioni preesistenti, e che presuppone la complicità e la consapevolezza degli ascoltatori, fruitori capaci di intendere i riferimenti e i rispecchiamenti tra una composizione e l’altra.
Il penultimo capitolo è dedicato alla dimensione ludica della trasformazione contrappuntistica dei materiali musicali, e alle strutture del canone, con particolare riguardo a quello enigmatico che richiedeva la risoluzione di frasi rompicapo contenenti le istruzioni sulla natura della risposta imitativa.
Il libro si conclude con una breve riflessione sulla prassi interpretativa della musica antica che ha subito trasformazioni alla luce delle ricerche e degli studi filologici degli ultimi decenni, ma che risente di gusti e tendenze diversi, dettati da tradizioni, scuole e ipotesi che a volte fanno suonare lo stesso brano in maniera differente.
Infine ogni capitolo di questo studio di Fabrice Fitch, oggi Senior Research Fellow del Royal Conservatoire of Glasgow, è provvisto non soltanto di esempi musicali specifici, relativi a passaggi di composizioni che illustrano gli enunciati del testo, ma è ricco di dettagli storici e riferimenti che si addentrano nella sfera del pensiero sonoro, della committenza, e del ruolo dell’arte polifonica franco fiamminga che è stata una vera e propria lingua franca musicale dell’Europa Rinascimentale.