È caratteristica del Festival delle Nazioni di Città di Castello la dedica ogni edizione a una diversa nazione. Da alcuni anni – esattamente dal 2014, centenario dello scoppio della Prima guerra mondiale – si sono scelte nazioni che furono tra le principali protagoniste e vittime di quell’atroce massacro: Armenia, Francia, Austria e Germania. Il 1918 fu l’ultimo anno di guerra e parallelamente il 2018 sarà l’ultimo anno dedicato dal festival al ricordo di quell’evento, che fu un punto di svolta anche nella cultura e nell’arte europee.
Queste edizioni del festival dedicate alla Grande Guerra hanno anche l’effetto collaterale di far capire – se si getta uno sguardo indietro all’edizione del festival del 2014, che appare già lontana nel tempo – quanto infinitamente lunga debba essere stata la guerra per chi l’ha vissuta.
Dell’edizione 2018, la cinquantunesima, che si terrà dal 25 agosto al 7 settembre, ci parla il direttore artistico Aldo Sisillo.
«Per completare questo grande progetto – durante il quale l’asse culturale portante del Festival delle Nazioni è stato, nello scenario del primo conflitto mondiale, una riflessione sistematica sulle produzioni artistiche e musicali che hanno caratterizzato l’Europa nell’epoca della transizione tra Ottocento e Novecento – l’edizione del 2018 sarà dedicata alla Repubblica Ceca. La scelta è stata suggerita anche dalla coincidenza di diverse ricorrenze importanti nella storia ceca: il centenario della fondazione della repubblica cecoslovacca del 1918, il cinquantenario della Primavera di Praga del 1968 e il quadricentenario della defenestrazione di Praga del 1618, tre momenti diversi del percorso del popolo ceco verso l’indipendenza e la libertà. Il movimento indipendentista boemo – a differenza del movimento panslavista – non voleva però un distacco totale dall’Austria e aspirava piuttosto a creare un regno autonomo all’interno dell’impero austroungarico. Non c’era quindi una contrapposizione frontale e lo si vede anche nella musica: i compositori della scuola nazionale ceca introdussero delle strutture rimiche e melodiche derivate dalla musica tradizionale boema e morava ma, almeno fino a Janáček,restarono fedeli alle forme ereditate della scuola austro-tedesca».
Naturalmente al festival i grandi esponenti della scuola nazionale ceca dell’Ottocento, Smetana e Dvořák, sono ben rappresentati.
«La loro musica è presente in vari concerti ma specificamente a loro saranno dedicati i concerti dell’Athenäum Quartett, formato da elementi dei Berliner Philharmoniker, e della Jihočeská Filharmonie diretta da Jan Talich, che chiuderà il festival».
Già molto prima della nascita della scuola nazionale la Boemia era una terra fertile di musicisti, tanto che Praga veniva chiamata “il conservatorio d’Europa”: scorrendo il programma s’incontrano infatti compositori, noti e meno noti, di diverse epoche.
«Abbiamo voluto proporre degli stimoli per una rilettura dicompositori che andrebbero riscoperti, come Josef Mysliveček e Franz Benda. Mysliveček con le sue opere ha avuto un grande successo anche in Italia e ha influenzato molto Mozart, mentre Benda è il capofila della scuola violinistica tedesca del Settecento. In un concerto intitolato La musica da camera nella Praga del settecento gli Auser Musici eseguiranno alcune loro Sonate, con cui certamente non pensiamo di esaurire il discorso su questi compositori ma speriamo più modestamente di riportare un po’ d’attenzione su di loro. Come ho accennato, Mozart stimava molto Mysliveček e i due s’incontrarono personalmente proprio in Italia, a Bologna. Mozart ebbe rapporti anche con altri compositori boemi e si recò più volte a Praga, dove si sentiva più compreso che a Salisburgo e Vienna, tanto da comporre per Praga il Don Giovanni: per questo gli abbiamo dedicato due giornate consecutive del festival. L’1 settembre proponiamo un piccolo concerto-spettacolo L’arancia rubata, con testo di Sandro Cappelletto, che si è ispirato al racconto Mozart in viaggio verso Praga di Eduard Mörike, e con musica scritta appositamente da Claudio Scannavini, un compositore bolognese molto bravo nel rielaborare in modo assolutamente personale la musica di altri autori. Il giorno dopo è in programma il Requiem, con quattro giovani cantanti usciti dai corsi di Mirella Freni a Modena e con l’orchestra I Virtuosi Italiani diretta da me: sarà dedicato a tutti i caduti della Grande Guerra».
Immagino che eseguire Mozart accanto ai compositori cechi voglia anche essere un modo per rimarcare come all’interno dell’impero asburgico convivessero diverse culture, spesso in dialogo tra loro. Ma, se nel Settecento e nell’Ottocento i musicisti cechi guardavano a Vienna, dopo il crollo dell’impero asburgico e il raggiungimento dell’indipendenza i loro interessi si rivolsero soprattutto a Parigi.
«Proprio così. Non è un caso che in due concerti abbiamo accostato Janáček e Martinu ad alcuni compositori francesi. Sara Pastine e Giulia Contaldo, vincitrici del Concorso “Alberto Burri” 2017, eseguiranno la Sonata n. 3 per violino e pianoforte di Janáček e la quasi contemporanea Sonata di Ravel. In un altro concerto si potranno ascoltare tre pezzi per clarinetto e pianoforte, le Sonate di Martinu e Poulenc e il Duo Concertante di Milhaud, scritti quasi contemporaneamente, intorno al 1960».
Non potendo raccontare per filo e per segno tutto il festival (programma completo qui), siamo costretti a citare rapidamente altri interessanti compositori cechi in programma, sia del Settecento (Carl Stamitz, Gyrowetz e Rössler, noto anche come Rosetti) sia del periodo tra Ottocento e Novecento (Suk e Novák), ma le chiederei di dirci qualcosa in più sul pieno Novecento, che è ben rappresentato.
«Oltre a Janáček e Martinu, tengo a ricordare le due recite di Brundibar, l’operina composta per i bambini del lager di Theresienstadt da Hans Krása, che poi sarebbe stato ucciso ad Auschwitz: parteciperà un gruppo di giovanissimi studenti di Città di Castello. E non abbiamo dimenticato i compositori cechi dei nostri giorni, come Zdenek Merta e Lukás Sommer, di cui l’Italian Saxophone Quartet di Federico Mondelci eseguirà un brano in prima assoluta».
Non ci sarà solo musica “colta”.
«Avremo un concerto in piazza, destinato soprattutto ai giovani, con la rockstar Lenny, nome d’arte di Lenka Filipová, che è diventata famosa con "Hell.o", un tormentone dell’estate scorsa. Sentiremo il violinista Pavel Šporcl col suo ensemble, che spazia dal classico allo stile gipsy e daremo uno sguardo alla coreografia ceca attuale col Balletto Nazionale del Teatro della Moravia-Slesia. Inoltre avremo uno spettacolo del famoso Teatro Nero di Praga con regia e musica di Jiří Srnec e una nostra produzione sulla Primavera di Praga del 1968 contesti di Ivan Teobaldelli e musica di Claudio Panariello, un giovane compositore che lavora anche con i live electronics».
E con questo abbiamo detto tutto, o quasi, a proposito della nazione ospite. Ma quest’anno a Città di Castello avrete un altro ospite d’onore, Gioachino Rossini, di cui quest’anno cadono i centocinquanta anni dalla morte.
«A lui abbiamo voluto dedicare il concerto d’inaugurazione e quindi abbiamo chiamato l’orchestra rossiniana per eccellenza, l’orchestra della sua città, la Filarmonica “Gioachino Rossini” di Pesaro,che si sta facendo un nome con le sue partecipazioni al ROF e con le sue tournée e ha anche inciso un cd con Juan Diego Flórez: la dirigerà un rossiniano di vaglia come Donato Renzetti, una garanzia. In programma non solo alcune sinfonie delle opere di Rossini ma anche le Matinées e le Soiréesmusicales composte da Britten a partire da musiche di Rossini. Ci sarà anche un secondo concerto dedicato a Rossini, con i vincitori del Concorso europeo per giovani cantanti lirici del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto».