“La cultura batte il tempo”, lo slogan che alcune settimane fa aveva accompagnato l’inaugurazione di Parma Capitale Italiana della Cultura, oggi si potrebbe declinare in “la cultura batte (o combatte) il virus”.
Un impegno a soli due mesi di distanza da un fine settimana di eventi che avevano riempito le strade e affollato le piazze di Parma, immagini che ritornano alla mente come un ricordo lontano e surreale pensando ora alla città deserta, piombata come tutto il Paese in un coprifuoco sanitario per l’emergenza COVID-19. Un auspicio che diviene anche un desiderio condiviso proprio nei giorni in cui sul palcoscenico in un Teatro Regio inesorabilmente chiuso sarebbe dovuta andare in scena l’attesa nuova produzione di Pelléas et Mélisande, titolo riproposto dopo oltre 50 anni dalla sua unica rappresentazione nella città emiliana, iniziativa tra le tante programmate in occasione di Parma 2020 e oggi sospese o annullate.
«Ci abbiamo creduto e abbiamo duramente lavorato tutti insieme sino all'ultimo – dichiara Anna Maria Meo, direttore generale del Teatro Regio di Parma –, le maestranze, lo staff tecnico, produttivo e amministrativo del Regio, gli artisti che si sono impegnati nelle prove insieme all'Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna e al Coro del Teatro Regio, nella convinzione che saremmo riusciti a portare in scena al Teatro Regio di Parma dopo 54 anni dalla sua unica rappresentazione questo magnifico Pelléas et Mélisande. Ci sarebbe davvero piaciuto poter restituire alla musica e al pubblico il nostro Teatro già in questi giorni con il capolavoro di Debussy. Dovendo ora osservare le indicazioni delle autorità, lavoriamo alacremente in modo da farci trovare pronti a ripartire con slancio non appena le condizioni ce lo consentiranno per finalmente riaprire e invitare il pubblico a tornare a vivere i nostri luoghi di emozioni e bellezza. Crediamo infatti che il potenziale che le istituzioni culturali possono e devono sviluppare sia oggi ancora più significativo per poter uscire da questo momento difficile e mai come in questi giorni di separazione tutta la società ha potuto sperimentare il valore identitario e comunitario della cultura e della musica hanno testimoniato essere necessari e imprescindibili alla nostra vita».
«Stiamo lavorando per ricalendarizzare tutte le attività già programmate e sospese a causa di questa emergenza – prosegue Meo – con una particolare attenzione, in prospettiva, nei confronti del Festival Verdi, che rappresenta il momento di maggiore sforzo produttivo e di maggiore esposizione internazionale del Teatro Regio di Parma, con ingenti benefici legati al suo indotto economico per il nostro territorio. Per questa ragione stiamo valutando ogni scenario possibile che ci consenta di confermare la programmazione annunciata per la XX edizione del Festival Verdi, anche con eventuali variazioni del programma principale che si rendessero necessarie. Ci conforta che pur in questa situazione di difficoltà gruppi e appassionati stiano confermando la propria presenza e testimoniando la propria vicinanza al Teatro e al Festival, la campagna abbonamenti sta proseguendo con grande impegno per la biglietteria anche a sportello chiuso, con contatti telefonici e pagamenti online ed esorto l’intera comunità a sostenerci confermando la propria adesione al XX Festival Verdi. Questo piccolo gesto costituisce un grande supporto per noi e per tutto il nostro territorio. Le prossime settimane saranno decisive per comprendere, anche in relazione all'evoluzione mondiale dell'epidemia, quale sarà l'orientamento dei gruppi di appassionati che provengono dai cinque continenti, che costituiscono una percentuale importante del pubblico del Festival e che solitamente sono abituati a prenotare con anticipo di molti mesi l'acquisto di biglietti, voli e hotel. L'incertezza pesa attualmente molto, ma nella sua storia il Festival si è già trovato a vedere spostata in avanti e a ridosso del suo debutto la promozione e la vendita dei biglietti; è stata questa una tendenza che abbiano con forza invertito sin dal 2016, ma se sarà necessario, faremo di questa necessità la virtù necessaria a superare questa fase di emergenza globale».
«Esorto l’intera comunità a sostenerci confermando la propria adesione al XX Festival Verdi».
Anche altre realtà musicali cittadine cercano di reagire alla situazione contingente: «sono giorni difficili e ci auguriamo tutti di tornare quanto prima nei nostri teatri e nelle sale da concerto» ha dichiarato Davide Battistini, presidente della Società dei Concerti di Parma. «Noi affrontiamo l’emergenza restando uniti e cercando nuove modalità per tenere vivo il legame con il pubblico. Il nostro direttore artistico Giampaolo Bandini ha ideato un contest su facebook aperto a solisti e gruppi da camera che mette in palio un concerto dal vivo: un modo concreto e nuovo per portare la musica di qualità “a domicilio”, ma anche per promuovere i giovani talenti in un momento così delicato».
Parma Capitale Italiana della Cultura (e della musica?) 2020
Solo pochi giorni fa l’assessore alla cultura del Comune di Parma Michele Guerra, uomo-simbolo dell’ottenimento del titolo di Capitale della Cultura, ha rilasciato dichiarazioni che esprimevano la richiesta al Governo di spostare Parma 2020 al 2021. Un auspicio supportato anche da Stefano Bonaccini, confermato dalle ultime elezioni alla presidenza della Regione Emilia-Romagna, con l’obiettivo, per usare le parole dello stesso Guerra tratte da un video postato lo scorso giovedì 12 marzo sul suo profilo Facebook, «non soltanto [di] cercare di recuperare quelli che sono i danni di quest’anno, ma anche per mantenere fede a una promessa che Parma, Piacenza, Reggio Emilia e l’intera Emilia-Romagna hanno fatto al Paese». Per ora dal Ministero guidato da Dario Franceschini non pare arrivare nessun segnale ufficiale in questo senso, mentre proprio del 12 marzo è la nota stampa in cui si legge che il «MiBACT ha ulteriormente prorogato al 30 giugno 2020 i termini per la presentazione dei dossier di candidatura da parte delle città e delle unioni di Comuni che avevano manifestato interesse a partecipare al bando per l’assegnazione del titolo di Capitale Italiana della Cultura 2021».
Staremo a vedere, anche perché siamo ormai abituati a tenere d’occhio decreti che cambiano le nostre abitudini quasi giorno per giorno. I primi a fare le spese di queste misure sono stati, appunto, i teatri, le sale da concerto e gli altri luoghi di cultura quali cinema, musei e festival che, città dopo città, regione dopo regione, hanno sospeso o rinviato la propria attività. Un’escalation che ha mostrato in maniera lampante la fragilità di un sistema fondato sull’originale e amara dicotomia “competenza-precariato”, dove fior fiore di professionisti, attivi in tutta la filiera produttiva turistico-culturale – dagli artisti agli organizzatori, dagli operatori ai comunicatori, ecc. – si sono trovati, in pratica da un giorno all’altro, senza lavoro e senza tutele.
Un’escalation che ha mostrato in maniera lampante la fragilità di un sistema fondato sull’originale e amara dicotomia “competenza-precariato”, dove fior fiore di professionisti si sono trovati, in pratica da un giorno all’altro, senza lavoro e senza tutele.
«Si tratta di una situazione molto difficile – ci racconta Paola Donati, direttore di Fondazione Teatro Due – innanzitutto dal punto di vista sanitario, nell’ambito del quale occorre collaborare seguendo tutte le indicazioni fornite per aiutare il sistema che sta affrontando questa terribile emergenza. Ma anche per quanto riguarda il sistema culturale, le conseguenze di questa sospensione delle attività posso essere molto gravi. La specificità del nostro lavoro, per realizzare il quale si investono mesi e mesi di programmazioni, prove e attività di promozione, ha bisogno di interventi ad hoc e non certo del congelamento dei fondi come sta accadendo. Si tratta di fragilità già presenti nel nostro sistema, ma che ora emergono in una maniera potenzialmente devastante. Nell’ambito di Parma 2020, per esempio, tra le altre iniziative avevamo in cantiere l’oratorio Il Trionfo del Tempo e del Disinganno di Haendel in una nuova produzione con Fabio Biondi e l’Orchestra Europa Galante: un progetto ambizioso, oggi naturalmente a rischio. Altro tema è quello legato al ruolo sociale delle attività culturali: noi abbiamo scelto, nel limite del possibile, di mantenere aperto il dialogo con il nostro pubblico nella consapevolezza che, dopo quello che si prospetta come un vero e proprio shock, occorrerà ricostruire l’abitudine ai rituali sociali, a una condivisione che vede nel teatro, nelle sale da concerto e negli altri luoghi di cultura strumenti essenziali del vivere civile. Dovremo saper ripartire, consapevoli del ruolo di “cura” culturale che sarà necessario esercitare nei confronti delle persone che compongono il nostro pubblico. Parma ha una identità sicuramente particolare, per l’importanza delle realtà produttive presenti e per tradizione: la nostra città ritornerà a battere un tempo che sarà del tutto diverso rispetto a quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi, e noi dovremo essere pronti».
«Dovremo saper ripartire, consapevoli del ruolo di “cura” culturale che sarà necessario esercitare nei confronti delle persone che compongono il nostro pubblico» – Paola Donati
Quello turistico-culturale è un settore che dipende in maniera significativa da fondi pubblici gestiti sia dal Ministero sia da enti locali. Oggi questa Pubblica Amministrazione appare una volta di più tra il distratto e l’inconsapevole, annegata in una burocrazia che alimenta e giustifica se stessa. Un dato che emerge in maniera tanto più drammatica in momenti come questo, quando a finire sotto stress è un altro settore pubblico fondamentale del nostro Paese, vale a dire quel sistema sanitario chiamato a resistere a una calamità che si sta confermando planetaria, e che sta facendo fronte all’emergenza grazie alla professionalità e all’abnegazione di tanti medici, infermieri e altri operatori impegnati in prima linea (dagli autisti delle ambulanze ai volontari, fino agli addetti alle pulizie che disinfettano continuamente locali e mezzi). Un concetto di professionalità e di competenza che – a parte le stucchevoli scaramucce di qualche virologo in TV – sta ritornando in primo piano quale elemento fondamentale per il progresso e il benessere di un Paese, in ogni campo.
In questo senso, un altro ambito che è chiamato a un cambio di passo dalla situazione contingente è quello rappresentato dalla scuola, università e formazione, che comprende anche il mondo dei Conservatori di musica: «Nel ribadire che la salute è prioritaria rispetto a ogni altra questione – rileva Riccardo Ceni, direttore del Conservatorio di Musica “Arrigo Boito” di Parma – la chiusura danneggia profondamente le attività del nostro Conservatorio, sia didattiche, come è ovvio, sia di produzione e ricerca. Per la bellissima occasione di Parma 2020, il Conservatorio ha prodotto o coprodotto circa cento eventi, tra concerti, convegni, presentazioni e conferenze, guide all’ascolto. Tutto è sospeso. L’atmosfera che si percepisce è un’irreale sospensione del tempo, una sensazione rara per noi ricchi occidentali, abituati a ragionare su agende fitte e un futuro a portata di click. Il futuro ora non è nelle nostre mani. Ci servirà per riflettere su ciò che è davvero importante nella vita. Ci servirà per capire che la cultura è il prodromo indispensabile per vivere insieme».
Un panorama, quello rappresentato dalla pubblica istruzione, oggi spinto a reinventarsi anche attraverso modalità didattiche a distanza, utilizzando tecnologie che erano innovative forse vent’anni fa ma che solo ora entrano di prepotenza nella quotidianità del mondo dell’istruzione. Un mondo, quello educativo in senso lato, che dovrà riflettere anche sui valori culturali, civici e sociali che riesce a veicolare, a giudicare dai comportamenti irrazionali e controproducenti emersi dalle scene di fuga dalle regioni del nord e di assalto ai supermercati che abbiamo visto nei giorni scorsi. Manifestazioni di una società in balìa di una sorta di “individualismo di gregge” – giusto per citare la controversa strategia dell’immunità di gregge proposta da Boris Johnson in Gran Bretagna –, una società intrisa di un egotismo mediocre messa alla prova proprio da un virus che impone di isolarsi, di rinunciare alla propria libertà individuale in favore del bene comune e collettivo.
Colpiti dalla chiusura sono stati naturalmente anche poli museali come il Complesso Monumentale della Pilotta, che riunisce la Galleria Nazionale, La Biblioteca Palatina che ospita una preziosa sezione musicale, il Teatro Farnese, il Museo Archeologico e il Museo Bodoniano. Una realtà guidata dall’aprile 2017 da Simone Verde, arrivato a Parma dopo essere stato responsabile della Ricerca scientifica e Pubblicazioni per l’Agence France-Muséums (AFM) Louvre di Abu Dhabi. «Noi abbiamo interrotto tutte le iniziative – ci spiega Verde – mantenendo il minimo indispensabile dell'ordinaria amministrazione, legata agli impegni che la legge di emergenza ci chiede di tenere attivi. Occorre essere lucidi e responsabili, adottando tutte le misure e i dispositivi di sicurezza, nella consapevolezza che questa situazione rischia di durare a lungo e che quindi occorre potenziale le forme di lavoro a distanza. Ho chiesto ai miei dipendenti a casa di accelerare le progettazioni in modo da utilizzare questo periodo come una preparazione del rilancio in backstage. Si tratta di un’emergenza serissima e drammatica, che deve imporci comportamenti responsabili. Non sono accettabili atteggiamenti volti a demistificare i provvedimenti presi dal Governo in questi giorni, e tantomeno leggerezze che possono vanificare sforzi che stanno costando punti di Pil. Anzi, auspico azioni di comunicazione più pregnanti ed efficaci, quali affissioni e diffusione a tappeto di altre forme di messaggi chiari e inequivocabili in questo senso. Detto questo, il nostro impegno è mettere in atto tutte le forme di azione per gestire la situazione attuale, preparandoci a rilanciare la nostra offerta culturale non appena sarà possibile».
Come ricordato anche dallo stesso assessore Guerra nel suo videomessaggio, Parma 2020 coinvolge anche i vicini territori di Piacenza e Reggio Emilia, anch’essi investiti – seppure in misura diversa – dall’emergenza coronavirus, e comunque accomunati dalle misure applicate dall’intero Paese. «Stiamo lavorando con le modalità che la legge consente – evidenzia Cristina Ferrari, direttore artistico della Fondazione Teatri di Piacenza – e che i protocolli sanitari ci dettano. Cerchiamo con grande sforzo di riprogrammare gli spettacoli sospesi, non appena sarà possibile. Lo facciamo consapevoli del fatto che nelle nostre terre, nelle nostre comunità, l’arrestarsi dell’attività culturale, della musica e dell’opera in particolare, che sono parte integrante del nostro essere emiliani, sono un accadimento molto duro. Noi continuiamo a lavorare, anche con la certezza che quando questa prova sarà superata, e sarà superata positivamente da noi tutti, una delle prime cose che dovremo far ripartire sarà la cultura, sarà dunque il teatro, sarà l’opera».
«Quando questa prova sarà superata, e sarà superata positivamente da noi tutti, una delle prime cose che dovremo far ripartire sarà la cultura, sarà dunque il teatro, sarà l’opera» – Cristina Ferrari
«Sono certa che tutto quanto è stato previsto per Parma 2020 con la collaborazione fondamentale di Piacenza non è cancellato, ma solo rinviato. Ci stiamo preparando per il momento in cui tornerà il sereno dopo questa burrasca, con la consapevolezza che bisogna pensare sin d’ora a nuove strategie da attuare quando i Teatri saranno riaperti».
Dal canto suo, Paolo Cantù, direttore generale e artistico della Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, rileva come «in queste giornate desolate, in cui non possiamo fare nulla, in cui ci viene chiesto con forza di restare nelle nostre case, emerge con forza ciò che da tempo noi cerchiamo di spiegare: le attività culturali e lo spettacolo dal vivo sono un patrimonio di tutti, che arricchisce il nostro quotidiano. Se c'è un dato positivo in questa emergenza collettiva è che il coronavirus ci ha fatto capire che la cultura rende le città più belle e le persone più felici. Il teatro, senza la condivisione e senza una comunità intorno, non esiste. In queste settimane lo stiamo toccando con mano. Ora siamo in emergenza, come tutte le persone, come tutte le attività. La Fondazione I Teatri sta in parte ricalendarizzando dove è possibile gli spettacoli, in parte li sta cancellando e provvederà al rimborso dei biglietti e degli abbonamenti. E il futuro nessuno lo può sapere. Si vive alla settimana, sapendo bene che, anche quando il teatro non sarà fermato da decreti e ordinanze, sarà comunque rallentato dall'onda lunga della paura. Com'era accaduto con l'ultimo terremoto, l'altra grande emergenza che aveva svuotato le sale di spettacolo. La situazione è difficile sia dal punto di vista operativo, che dal punto di vista psicologico, in questi giorni però molti nostri spettatori ci hanno dato dimostrazioni di affetto e solidarietà. Molti si sono offerti di rinunciare al rimborso dei ratei degli abbonamenti, per aiutare il teatro a ripartire. Il loro sostegno, anche economico, sarà per noi importantissimo, quando finalmente potremo riaprire. Ci piacerebbe finalizzare questi contributi alla realizzazione di un progetto specifico, una volta superata l'emergenza. Ora che è nostro dovere stare fermi, proviamo ad immaginarci il futuro, guardando in là, oltre il buio, e sperando di ricominciare il prima possibile».
«Se c'è un dato positivo in questa emergenza collettiva è che il coronavirus ci ha fatto capire che la cultura rende le città più belle e le persone più felici» – Paolo Cantù
Un territorio, quello di Parma e delle provincie vicine, che ha iniziato il 2020 con il vestito elegante di capitale della cultura e che ora si trova in trincea come l’intero Paese, impegnato a combattere una guerra durissima nei confronti di un nemico invisibile e terribile. Un nemico che costringe il mondo culturale così come quello politico e quello industriale e produttivo in generale, a trovare soluzioni nuove per andare comunque avanti, tra telelavoro, concerti sui balconi e in streaming, nell’attesa di ritornare a riempire di nuovo i nostri teatri, le nostre sale da concerto, i nostri musei, i nostri festival.