Folgorazioni, associazioni libere, anche salti della quaglia, chiamate come volete i brevi capitoli de L’aristocratico di Leningrado (Francesco Maria Colombo, L'aristocratico di Leningrado. Viaggi tra musica, arte, cinema, letteratura, fotografia e cocktail, Ponte alle Grazie 2022, pp. 396, € 32) ma chi li affronta sia pronto a continui cortocircuiti culturali.
Francesco Maria Colombo è stato per dieci anni critico musicale al «Corriere della sera», direttore d’orchestra qua e là per il mondo, è fotografo e autore di libri di fotografia, si vanta perfino d’essere maestro di cocktail, soprattutto è affetto da curiosità mai soddisfatte, nulla di strano quindi se il suo sguardo è inquieto e non si accontenta dell'apparenza.
Che parli di un brano musicale, di un’opera lirica, che ricordi un romanzo, un concerto o un film, ha la capacità di fissarsi su un particolare e di trasformarlo immediatamente in strumento di analisi critica. Succede anche quando è alle prese con autori famosi, con personaggi pubblici o del tutto sconosciuti (almeno per chi scrive questa nota) dei quali traccia ritratti rigorosi basandosi su un aneddoto.
Il capitolo che dà il titolo al volume per esempio parla di un direttore d’orchestra che l’autore da ragazzo ha visto dirigere a Leningrado con una medaglia d’oro sul frac. Da questo dettaglio nasce una divagazione sul mondo musicale sovietico, prossimo ad aprirsi a quello occidentale, e di seguito un’altra che si addentra in ardui distinguo fra i direttori capaci di rivelare la follia della musica e quelli capaci di costruire cattedrali.
Non si ha difficoltà a seguire Colombo in questi labirinti, perché la sua scrittura è tersa, mai manierata, guidata solo dall’intelligenza; ma il lettore non si stupisca se d’un tratto si trova alle prese con Stokowski in fuga d’amore a Ravello con Greta Garbo e dopo poche pagine s’imbatte in un’impietosa disanima di una fotografia di Chopin da vecchio o intravede gli abissi del male in un film di Clouzot interpretato di Brigitte Bardot.
È l’autore al timone di questa imprevedibile crociera, offre di continuo paesaggi mai visti e non c’è mai scampo al divertimento. Al termine del folle viaggio, dopo aver incontrato Mélisande, la “gatta morta” di Debussy, e Papillons di Schumann, rimane la speranza che Colombo non si fermi in porto e un giorno o l’altro possa riprenderci a bordo per un’altra avventura.