Si sperava che il peggio fosse alle spalle ma anche il 2021 è stato un anno complicato per i teatri lirici del pianeta. Dopo la chiusura durata (quasi) un’intera stagione con episodi di resistenza testimoniati da generosi programmi di streaming, il risveglio di primavera con un’esplosione di offerte tenute a lungo in sospeso con anche numerose novità che mancavano da tempo nei cartelloni. L’incertezza resta grande come grande è la speranza di recuperare una normalità troppo a lungo rinviata.
In attesa di vedere se il 2022 sarà l’anno del definitivo ritorno alla normalità, abbiamo scelto le dieci opere liriche più interessanti viste nell’anno II della pandemia appena concluso.
1. Roma torna al nuovo con Giulio Cesare | Teatro dell’Opera di Roma – Julius Caesar di Giorgio Battistelli
Basterebbe questo: era dal 1901 che l’Opera di Roma non inaugurava con una prima assoluta. Dopo Pietro Mascagni con Le maschere tocca a Giorgio Battistelli con Julius Caesar, seconda incursione nell’universo shakesperiano dopo Richard III con gli stessi complici, il librettista Ian Burton e il regista Robert Carsen. Come pochi fra i compositori di oggi, Battistelli restituisce senso a un classico attraverso un linguaggio musicale contemporaneo che sa parlare al pubblico di oggi: difficile sentire un Shakespeare così vivo e violento. Un successo che di norma si riserva solo ai grandi classici del melodramma e che ripaga il grande impegno di tutto il teatro.
2. L’innocenza di Kaija | Aix-en-Provence, Grand Théâtre de Provence – Innocence di Kaija Saariaho
La leonessa d’oro della Biennale 2021 lascia un segno con un’opera implacabile e tesa come un thriller cinematografico. La tragedia si dipana attraverso stili e materiali diversi combinati in un insieme omogeneo da una scrittura sapiente. Alla musica si aggiunge la regia di Simon Stone, che costruisce una macchina spettacolare precisa come un meccanismo a orologeria che serve una storia di colpa e innocenza in cui passato e presente sono legati in una trama inestricabile.
3. Quel matto di Rigoletto | Teatro La Fenice – Rigoletto di Giuseppe Verdi
Un sopravvissuto alla rovina causata dal suo stesso affetto morboso: è il Rigoletto secondo Damiano Michieletto, di nuovo al lavoro sull’opera verdiana dopo la versione “open air” al Circo Massimo ma con un taglio del tutto diverso. Atmosfere dark e prospettive distorte per un viaggio nei fantasmi che affollano la mente di un folle. Una risposta forte a chi non crede che ci sia ancora qualcosa da dire su questo classico del melodramma verdiano.
4. Jonas il wagneriano | Vienna, Staatsoper – Parsifal di Richard Wagner
Non aveva brillato troppo nelle ultime stagioni con molte cancellazioni e qualche acciacco vocale. Carriera finita? Per niente! In questa seconda stagione pandemica il “divo” Kaufmann ritrova lo smalto del grande interprete soprattutto in due autorevoli prove wagneriane: come Parsifal a Vienna e finalmente come Tristano a Monaco di Baviera. Non sono la prova di forza del tenore eroico, ma due prove di una raggiunta maturità che può riservare ancora molte sorprese in futuro.
5. L’ultimo ballo di Graham | Parma, Festival Verdi (Teatro Regio) – Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi
Fra coloro che non sono più con noi a causa del Covid, c’è anche Graham Vick. Il “suo” Ballo in maschera dal taglio originale e provocatorio come spesso le sue regie viene realizzato da Jacopo Spirei per l’apertura dell’edizione numero 21 del Festival Verdi a Parma, a lui dedicato. Un omaggio dovuto a una delle personalità più anticonformiste e creative della scena lirica internazionale.
6. Barocchismi scaligeri | Milano, Teatro alla Scala – La Calisto di Francesco Cavalli
Ci sono voluti trecentosettant'anni perché La Calisto di Francesco Cavalli approdasse al Teatro alla Scala dopo una fortuna che dura (almeno) dal 1993, quando René Jacobs e Herbert Wernicke la riportarono trionfalmente in scena a Bruxelles. Ma ci è arrivata e con tutti i crismi e l’aura dell’evento epocale, come sempre accade quando la corazzata dei teatri lirici italiani si muove in territori inediti. Lo spettacolo “cosmico” di David McVicar piace come piace l’esecuzione musicale “filologica” guidata dall’esperto Christophe Rousset.
7. Barbablù e il suo doppio | Lione, Opéra – Il castello di Barbablù di Bela Bartók
Due modi di rappresentare l’atto unico di Bartók: nel primo c’è la celebrazione pornografica della violenza, nel secondo la tensione nasce da una violenza presente ma latente. L’ucraino Andriy Zholdak è il geniale regista di questo originale e riuscito saggio di drammaturgia musicale. Altrettanto riuscita è la direzione musicale di Titus Engel, che presenta un Bartók dai contrasti forti e dalle dinamiche esasperate nella prima lettura e il raffinato orchestratore nella seconda.
8. Marthaler o dell’assurdo in musica | Zurigo, Opernhaus – Orfeo ed Euridice di Christoph Willibald Gluck
A settant’anni suonati e nel pieno della pandemia, Christoph Marthaler è più creativo che mai. A teatro chiuso e orchestra distante un chilometro dal palcoscenico, a Zurigo con il suo Orphée et Eurydice gioca a fare uno spettacolo fantasma su fantasmi di ieri ma soprattutto di oggi. Sul filo del paradosso e dell’assurdo divenuti realtà, riesce anche a trasmettere leggerezza e a strappare un sorriso nell’inverno forse più duro del secondo inverno in tempo di pandemia.
9. Il Rosenkavalier, nonostante la pandemia | Monaco di Baviera, Bayerische Staatsoper – Der Rosenkavalier di Richard Strauss
Fra chi si è più distinto per la combattiva intraprendenza durante il lungo inverno dei teatri d’opera, c’è senza dubbio l’Opera di Stato Bavarese, che, nonostante le porte chiuse e le rigorose misure sanitarie, è riuscita a portare a casa praticamente tutto l’ambizioso programma delle prime nell’ultima stagione di Nikolaus Bachler al timone. Fra queste, la più complicata è forse il Rosenkavalier, il cui incanto Vladimir Jurowski e Barrie Kosky riescono a far rivivere sulla scena del Nationaltheater malgrado le limitazioni in scena e in buca.
10. Tosca fra Sardou e Pasolini | Bruxelles, Théâtre de La Monnaie – Tosca di Giacomo Puccini
Dopo la lunga chiusura, la Monnaie a Bruxelles riapre in giugno con una Tosca tutt’altro che tradizionale. Per il giovane talento della scena europea, il sivigliano Rafael R. Villalobos, quest’opera è crudeltà e bellezza e la legge attraverso le lenti fosche del Pasolini di Salò. Operazione ardita, non del tutto convincente, ma che conferma il coraggio e la vocazione di fucina di giovani talenti del teatro della capitale belga.