Dopo l’anteprima del 5 febbraio che ha visto protagonista al Teatro Auditorium Manzoni Myung-Whun Chung alla guida della Filarmonica della Scala, la 43ª edizione di Bologna Festival propone, da marzo a novembre, una fitta e articolata serie di appuntamenti che vedono impegnati alcuni dei più interessanti direttori dell’attuale scena musicale quali Teodor Currentzis, per la prima volta a Bologna con la sua orchestra musicAeterna, Vladimir Jurowski con la Bayerisches Staatsorchester e Paavo Järvi con la Die Deutsche Kammerphilharmonie Bremen. András Schiff, inoltre, nella doppia veste di pianista e direttore si presenta per la prima volta a Bologna Festival con la sua orchestra Cappella Andrea Barca. Di sicuro interesse anche la rassegna di primavera “Grandi Interpreti” che annovera solisti come le violiniste Janine Jansen e María Dueñas, oltre ai pianisti Emanuel Ax, Bruce Liu e Alexandre Kantorow.
La programmazione di Bologna Festival 2024 annovera quindi il ciclo di incontri “Carteggi Musicali” (13 marzo – 4 aprile), rassegne come “Talenti” (6 giugno – 8 luglio), “Il Nuovo l’Antico l’Altrove” (24 settembre – 6 novembre), oltre alla già citata “Grandi Interpreti” (18 marzo – 31 maggio) e i due nuovi progetti “Prospettiva Vivaldi” (20 – 23 maggio) – che si dirama tra concerti-reading, incontri, visite commentate e proiezioni cinematografiche – e “Classica in sneakers” (maggio-luglio), iniziativa che offre cinque appuntamenti di musica fatta dai giovani per i giovani.
Per approfondire questa offerta musicale plurale e variegata, abbiamo rivolto qualche domanda a Maddalena da Lisca, sovrintendete e direttore artistico di Bologna Festival.
Partiamo dal concerto dello scorso febbraio che ha rappresentato una vera e propria anteprima al cartellone ufficiale della 43ª edizione di Bologna Festival: quali sono stati caratteri e scopi di questo evento?
«Bologna Festival già in passato, in più occasioni, è stato accanto a consolidate istituzioni che operano nel sociale per concerti di raccolta fondi. Si tratta di opportunità che cogliamo con favore perché hanno un esito per così dire win win, vince lo scopo benefico e insieme anche quello culturale. Questa volta si è trattato di un appuntamento assai impegnativo e davvero speciale data l’importanza degli artisti coinvolti, la Filarmonica della Scala e Myung-Whun Chung, che si sono fatti coinvolgere con favore in questa iniziativa anche indossando tutti la spilla di Susan G. Komen Italia, l’associazione a cui era rivolta la raccolta fondi per coadiuvare materialmente e psicologicamente le donne affette da tumori al seno. L’esecuzione della Quinta di Mahler è stata emozionate, e all’emozione per l’esecuzione si è aggiunta anche quella del ricordo di Claudio Abbado a cui abbiamo dedicato il concerto. Pochi giorni prima di questo appuntamento cadevano infatti i 10 anni dalla scomparsa del maestro e avere lì, sul palcoscenico dove tante volte lo abbiamo visto dirigere, l’orchestra scaligera da lui fondata, ha commosso molti suoi amici presenti in sala».
Venendo al cartellone ufficiale di Bologna Festival 2024, c’è un filo conduttore che lega i diversi appuntamenti distribuiti tra marzo e novembre?
«Le rassegne di cui si compone la stagione sono assai diverse e fortemente caratterizzate nei loro ambiti specifici, così un vero fil rouge artistico che le attraversi non può esistere. Ma se vogliamo trovare una cifra caratteristica di questa edizione possiamo dire che è quella di uno sguardo attento alle nuove stelle che si stanno affacciando o si sono affacciate sui palcoscenici più prestigiosi del mondo. Credo che nella storia della rassegna “Grandi Interpreti” non sia mai esistita una edizione che abbia visto come quest’anno tre solisti under 30. E poi la presentazione di una nuova rassegna per il pubblico più giovane, “Classica in sneakers”, che coinvolge gli artisti selezionati dalla nostra “chiamata alle arti” per giovani musicisti. Hanno partecipato alla chiamata una cinquantina di gruppi o solisti, di un livello eccezionale, selezionarli sarà difficile».
Dovendo individuare alcuni momenti distintivi, quali sono i concerti più significativi di questa edizione?
«È senz’altro significativo presentare al festival personalità che il nostro pubblico non ha mai incontrato. Tra questi riteniamo interessante la proposta di un artista così innovativo e, in quanto tale, tanto divisivo, come Currentzis. È invece ben noto ai bolognesi Jurowski, che si presenta però questa volta alla testa della sua grande “corazzata”, la Bayerisches Staatsorchester, che è un onore ospitare per la prima volta. È una prima volta anche quella della Capella Barca creata da András Schiff, benché quest’ultimo sia in realtà l’artista più assiduo nella storia dei nostri cartelloni. E poi attendiamo con interesse la triade dei violinisti: l’energia vibrante della Jansen aprirà la strada alla fresca primizia che abbiamo colto in María Dueñas, alle prese con il Concerto di Bruch, diretta da Paavo Järvi, mentre i più arditi virtuosismi barocchi sono affidati all’impareggiabile Stefano Montanari che riprende in mano l’archetto per noi, lasciando per una sera la bacchetta del direttore».
Il programma di Bologna Festival si arricchisce quest’anno di due nuovi progetti e di alcuni sconfinamenti di repertorio: ce ne vuole parlare?
«Dopo la folle journée di Schumann dello scorso anno con Isabelle Faust e suoi amici, anche quest’anno abbiamo creato un progetto su un particolare autore, concentrando diversi appuntamenti. Si tratta di “Prospettiva Vivaldi”, che in quattro giorni, tra concerti, tavole rotonde, visite e cinema ci darà modo di approfondire o anche solo curiosare sulle vicende artistiche e umane del “prete rosso”.
Con il nuovo titolo “Il Nuovo l’Antico l’Altrove”, apriremo quest'anno il repertorio autunnale a nuovi mondi d’oriente con due concerti, uno di questi nel solco di Marco Polo con letture e proiezioni tratte da Il Milione. La nuova rassegna “Classica in Sneakers”, creata per il pubblico dei ragazzi, si terrà in una birreria, open air, e la musica si potrà ascoltare sorseggiando una birra fresca. L’intenzione è quella di “sdrammatizzare” il concetto di concerto classico. I musicisti, tutti giovanissimi, come gli spettatori, si dovranno confrontare con chi li ascolta, e viceversa. Una modalità informale di accostarsi a un certo repertorio penso, in realtà, che faccia bene a tutti, non solo ai giovani ascoltatori. Questa sacralità di cui troppo spesso vogliamo ammantare la musica d’arte è talvolta fuori luogo e nuoce all’arte stessa. Dobbiamo fruirla con il rispetto che merita ma senza appesantirla di ridondanti e inutili intellettualismi di facciata».
Per una manifestazione musicale raggiungere la sua 43ª edizione rappresenta un traguardo considerevole: quali sono i caratteri distintivi dell’identità e della storia di Bologna Festival?
«Bologna Festival lega il proprio nome al cartellone nato ormai 43 anni fa, composto da grandi stelle del concertismo classico. Quando nacque infatti quella era l’esigenza fondamentale da colmare, visto che Bologna non era ancora al centro dello star system musicale come è ora, grazie anche alla creazione di un auditorium che risponde alle esigenze dei grandi artisti internazionali. Poi nel tempo le cose si sono evolute e sono nati altri vuoti da colmare, altre domande a cui rispondere. Così via via la programmazione è cresciuta fino a diventare oggi molto dinamica e differenziata: le grandi orchestre internazionali con i loro direttori e i solisti più acclamati nella sezione “Grandi Interpreti”, la presentazione delle migliori giovani promesse nel ciclo estivo “Talenti”, ed uno sguardo su repertori nuovi o desueti nella rassegna autunnale con provocatori accostamenti tra antichità e novità. Inoltre il grande impegno negli spettacoli per i piccoli del “Baby BoFe’” e da quest’anno anche la rassegna dai tratti informali per il pubblico più difficile, quello degli adolescenti. Notevole anche la programmazione per le scuole in collaborazione con la Pinacoteca e con il Museo della Musica. E poi, occasionalmente, i grandi eventi per portare la musica classica al pubblico delle piazze. In totale si tratta di circa 70 eventi all’anno. Forse sarebbe il caso di cambiare il nostro nome: non Bologna Festival ma Bologna Festivals!»