Dopo le anticipazioni condivise con Franco Masotti – uno dei due direttori artistici di Ravenna Festival – relative all’inaugurazione con Laurie Anderson del 7 giugno e agli appuntamenti del versante più multidisciplinare del cartellone 2023, con Angelo Nicastro – l’altro direttore artistico della manifestazione giunta alla sua XXXIV edizione – parliamo dell’anima più classica di un cartellone che, dalla “seconda” inaugurazione prevista per l’8 giugno con Martha Argerich e Mischa Maisky si dipana in differenti direzioni fino al prossimo 23 luglio. Una proposta di percorso musicale e artistico che – dopo l’alluvione che ha colpito la Romagna e il territorio ravennate tra la prima intervista con Masotti e questa seconda con Nicastro, e al di là di ogni retorica – riveste oggi una rilevanza ancora più significativa per una città come Ravenna, tra i centri più importanti del nostro Paese per monumenti, tradizione, testimonianze e patrimonio storico e culturale.
- Leggi anche: Verso Ravenna Festival 2023
Angelo Nicastro, riprendendo il titolo ispirato a Italo Calvino “Le città invisibili” che caratterizza questa XXXIV edizione del Ravenna Festival, qual è il filo conduttore che disegna il percorso musicale di repertorio classico del programma 2023?
«Il titolo “Le città invisibili” ci richiama a due opposte realtà: da una parte le città ideali, sognate e idealizzate come luoghi di perfetta comunione e sintonia fra gli esseri umani, in pace fra loro e con ciò che li circonda. In questo senso la musica, potente strumento di espressione e di trasmissione della più alta percezione che l’essere umano ha di se stesso, di ciò che lo circonda e di ciò cui anela, ne traduce le suggestioni e le immagini, come ne La leggenda dell’invisibile città di Kitež e della fanciulla Fevronija di Rimskij-Korsakov di cui abbiamo inserito il preludio nel concerto del 24 giugno diretto da Julian Rachlin col pianista Yefim Bronfman; si potrebbe dire che, in qualche modo, la musica costituisca essa stessa il luogo invisibile ma percepibile di quella ideale aspirazione; dall’altra parte, il titolo ci rimanda a quelle città che la storia, il tempo, le calamità naturali o la barbarie umana hanno cancellato».
«…si potrebbe dire che, in qualche modo, la musica costituisca essa stessa il luogo invisibile ma percepibile di quella ideale aspirazione; dall’altra parte, il titolo ci rimanda a quelle città che la storia, il tempo, le calamità naturali o la barbarie umana hanno cancellato».
«Significativi in questo senso saranno gli appuntamenti previsti nel nostro progetto Le vie dell’amicizia alla sua 27esima edizione: i concerti diretti da Riccardo Muti nei teatri romani delle antiche città di Jerash in Giordania e di Pompei, oltre all’incontro musicale previsto in una città simbolo del nostro tempo come il campo profughi siriano di Zaatari in territorio giordano. Questo aspetto ambivalente di memoria e di dramma da una parte e di idealità e speranza dall’altra è ben rappresentato nel programma scelto dal direttore iraniano Hossein Pishkar dedicato alle donne e ai morti per la libertà del suo paese, che prevede nella prima parte l’esecuzione della Musica funebre di Lutoslawski per orchestra d’archi seguita dalla Sinfonia da Requiem di Britten; nella seconda il concerto di Brahms per violino interpretato da Leōnidas Kavakos».
A partire dalla settimana inaugurale, che vede protagonista l’otto giugno Martha Argerich affiancata da Mischa Maisky, il cartellone prevede una significativa presenza di diversi importanti solisti: come si connotano le loro proposte?
«In questi 34 anni di festival abbiamo ospitato e intessuto rapporti con tutti i più grandi interpreti del panorama musicale internazionale. Con essi ci piace dar vita e condividere progetti particolari e originali: ecco che dopo il ritorno di due artisti quali Martha Argerich e Mischa Maisky che apriranno il nostro festival in duo, sodalizio musicale fra i più duraturi e felici, Leōnidas Kavakos, nella splendida cornice di Sant’Apollinare in Classe, presenterà in due serate l’integrale delle Sonate e Partite per violino solo di Johan Sebastian Bach appena incise per la Sony oltre a figurare come solista nel già citato concerto di Brahms con l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini che frequenta da anni sia come solista che come direttore. Hossein Pishkar, che dirigerà il concerto, proviene dai corsi di direzione d’orchestra del maestro Riccardo Muti. Ulteriore significativo esempio di rapporto maestro – allievo e fra musicisti di diverse generazioni, sarà il concerto che, in occasione del suo sessantesimo compleanno, Anne-Sophie Mutter presenterà con i Mutter’s Virtuosi, i più brillanti fra i giovani allievi che si sono con lei formati grazie alla sua Fondazione. Ospiteremo per la prima volta il pianista Yefim Bronfman con Julian Rachlin che ritorna dopo anni al nostro festival questa volta in veste di direttore; altri graditi ritorni saranno quelli di Stefano Bollani e Beatrice Rana che si esibirà all’interno di una serata di danza, in una collaborazione con grandi artisti dell’arte tersicorea che prese il via proprio al nostro festival e che si è poi consolidata. Infine vorrei ricordare la presenza di Tamás Varga, primo violoncello dei Wiener Philharmoniker, come interprete del secondo concerto per violoncello e orchestra di Nino Rota, in un programma diretto da Riccardo Muti che prevede inoltre la Suite da Il Padrino dello stesso autore, Il cappello a tre punte di De Falla e il Boléro di Ravel».
Scorrendo il programma troviamo anche diverse formazioni di differente organico che spaziano in un vasto repertorio, tra partiture sinfoniche a pagine sacre e liturgiche: quali sono gli appuntamenti più significativi?
«Uno dei connotati che da sempre contraddistingue Ravenna Festival è il suo immedesimarsi nel tessuto storico e culturale della città. In questo senso particolare attenzione viene rivolta alla musica sacra e liturgica riproposta nelle tante Basiliche Bizantine patrimonio Unesco della città. Fra gli appuntamenti più significativi segnalerei la presenza quest’anno di tre strepitose compagini corali inglesi quali The Tallis Scholars di Peter Phillips che celebrano i loro 50 anni di vita, il Tenebrae Choir in un suggestivo programma fra Bach e MacMillan e il celebre sestetto vocale maschile The King’s singers in un programma intitolato Songbirds che propone un curioso repertorio da Schubert ai Beatles dedicato al tema degli uccelli».
«Da alcuni anni nella splendida Basilica di San Vitale ambientiamo produzioni originali che ripropongono l’antica forma della Sacra Rappresentazione, protoforma del teatro e del teatro musicale, attraverso la commissione di musiche originali su temi sacri».
«Da alcuni anni nella splendida Basilica di San Vitale ambientiamo produzioni originali che ripropongono l’antica forma della Sacra Rappresentazione, protoforma del teatro e del teatro musicale, attraverso la commissione di musiche originali su temi sacri. Quest’anno saranno ben 2 le nuove opere che allestiremo: “Interrogatorio a Maria” su testo di Giovanni Testori – uno dei quattro significativi omaggi che abbiamo voluto riservare a questo grande uomo di teatro, di poesia e di cultura nel centenario della nascita – su musica di Danilo Comitini e “Stabant Matres” su testo di Guido Barbieri che immagina le quattro donne citate nella genealogia di Gesù che apre il Vangelo di Matteo - Tamar, Rahab, Betsabea, Rut, donne straniere, non appartenenti direttamente alla casa di Israele - convocate con Maria alla mangiatoia a significare il carattere universale dell’incarnazione di Gesù, la sua appartenenza a tutti i popoli, la sua venuta per la liberazione di ogni uomo. La musica è stata commissionata a Paolo Marzocchi».
Il progetto “Le Vie dell’Amicizia” rappresenta una cifra ormai distintiva che lega la figura di Riccardo Muti a Ravenna Festival: come viene declinata nell’edizione di quest’anno?
«La ventisettesima edizione de “Le vie dell’amicizia” iniziata nel 1997 con il primo “ponte” attraverso l’Adriatico con Sarajevo, ci porterà quest’anno in Giordania in un percorso assai articolato che, a partire da Ravenna il 7 luglio, avrà come destinazioni il teatro Romano di Jerash il 9 luglio, quello di Pompei l’11 luglio e il campo profughi di Zaatari l’8 luglio. Fra le motivazioni forti che ci hanno indotto ad accettare l’invito della Giordania a dedicarle il prossimo dei nostri viaggi dell’amicizia infatti, è proprio il ruolo che essa esercita nel difficile contesto mediorientale, con la sua tradizionale apertura ed ospitalità nei confronti dei rifugiati, ultimamente quelli provenienti in particolare dalla vicina e martoriata Siria. Il concerto che come sempre avrà in Riccardo Muti il primo motore e interprete, vedrà la presenza di musicisti giordani uniti ai giovani colleghi italiani dell’Orchestra Cherubini nel programma che prevede l’esecuzione del secondo atto dell’Orfeo ed Euridice di Gluck con la voce solista del controtenore Filippo Mineccia, Casta Diva interpretata dalla giovane cantante cubano-americana Monica Conesa e Das Schicksalslied (Il canto del destino) di Brhams col coro Cremona Antiqua diretto da Antonio Greco. All’interno di questo programma troveranno spazio espressioni della musica tradizionale giordana e siriana attraverso le voci del soprano giordano Zain Awad, del tenore Ady Alnaber anch’egli giordano e dei cantanti siriani Mirna Cassis e François Razek-Bitar. Con questi ultimi - Mirna Cassis, giovane soprano che vive da anni a Genova e François Razek-Bitar, controtenore originario di Aleppo che ha vissuto in passato in Italia collaborando col nostro festival e che attualmente vive a Berlino – daremo vita, assieme ad altri musicisti siriani e ad un gruppo di musicisti dell’Orchestra Cherubini, ad un concerto nel campo profughi di Zaatari che ospita circa 80.000 siriani sotto l’egida dell’UNHCR. Nel concerto saranno coinvolti alcuni musicisti amatoriali che vivono nel campo ai quali faremo dono di nuovi strumenti musicali».
Informazioni e programma completo sul sito www.ravennafestival.org.