La vitalità della radio

Radio e musica 1930-1950: storia, effetti, contesti
Parma, Casa della Musica, 1-3 dicembre 2009-11-26
Intervista conclusiva al direttore scientifico Angela Ida De Benedictis

Articolo
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Si è concluso il 3 dicembre scorso "Radio e Musica 1930-1950. Storia, effetti, contesti", il primo convegno dedicato alla fruizione della musica alla radio in Italia, organizzato dalla Casa del Suono di Parma in collaborazione con la Casa della Musica e l'Università della città emiliana.
"Questo convegno è stato il primo del genere in Italia" ci spiega Angela Ida De Benedictis, direttore scientifico del convegno "e si inserisce nella programmazione delle istituzioni parmensi che da tempo svolgono un'azione di ricerca e riflessione sulla comunicazione della musica. Per la prima volta ci siamo interrogati in senso storico sulla radio, questo mezzo di comunicazione talmente ovvio nella nostra cultura da essere dato per scontato e che invece comincia adesso ad aver bisogno di una seria riflessione scientifica, in quanto veicolo responsabile della formazione del gusto musicale di intere generazioni di italiani." I temi posti sul tavolo della discussione, nei tre giorni di convegno, sono stati numerosi e significativi. Se la prima giornata è stata dominata da panoramiche generali sulle questioni che il nuovo mezzo poneva ai suoi esordi negli anni Venti (la possibilità di trasmissioni in diretta e in sincrono con gli eventi; le modalità di ascolto legate anche alla tecnologia e al costo dei primi apparecchi; la conseguente formazione di un pubblico ipotetico), grazie alle relazioni di Franco Monteleone e Enrico Menduni e all'intervento di Giorgio Pressburger, la seconda giornata è stata impegnata in una disamina articolata dell'impatto del jazz alla radio. "Le implicazioni del trasmettere la musica afro-americana, - continua De Benedictis - collegata ad una cultura, quella statunitense, che a partire dagli anni Trenta è fortemente criticata dal regime fascista hanno impegnato i partecipanti al convegno in un vivace dibattito, che ha permesso di sfatare alcuni miti. Innanzi tutto il mito che il regime fascista proibisse il jazz: la proibizione non era rivolta al genere di musica ma al trasmettere musica di autori inglesi e americani. Questo permetteva ai musicisti italiani di cambiare i testi, parafrasare in qualche modo le musiche ammorbidendo i ritmi più estremi e trasmettere comunque jazz." L'intervento di Leo Izzo, che ha delineato una periodizzazione della diffusione di questo genere musicale alla radio in Italia, attraverso una ricerca effettuata sul RadioCorriere, e quello di Franco Fabbri, che ha gettato luce sull'universo della musica leggera promossa dal regime, come pure l'intervento di Adriano Mazzoletti, ex vertice rai e autore di numerosi volumi sul jazz in Italia, hanno dimostrato come anche questo linguaggio facesse parte a pieno titolo della musica italiana, assumendo sfumature politiche più o meno marcate. Stefano Zenni ha invece aperto una significativa finestra sulla diffusione della radio jazz negli Stati Uniti, completando il quadro con una contestualizzazione geograficamente più ampia.
"Alcune relazioni del convegno ci hanno raccontato pezzi di storia della radio poco noti o dimenticati - prosegue De Benedictis - mi riferisco alla relazione di Gianni Bongioanni, che ha ricordato i mesi drammatici della fine della guerra attraverso la storia di Radiotevere, una radio "leggera" voluta dal regime, e a quella di Carlo Piccardi, che ha tratteggiato l'importanza degli esordi di Radio Lugano."
Il convegno ha avuto il merito di porre numerose questioni storiche che inevitabilmente pongono domande sul presente e sul futuro di questo mezzo di comunicazione. "La radio ha un'incredibile vitalità e ha sempre avuto un'importante ruolo nella diffusione delle musiche nuove - conclude De Benedictis. - Analizzare le sue radici e il ruolo che ha avuto nella diffusione e formazione del gusto, significa inevitabilmente interrogarsi sul suo futuro. È chiaro che l'integrazione con il web ha portato una dimensione interattiva con il pubblico che sarebbe stata impensabile fino a qualche anno fa. È proprio da questa prospettiva che dovremo aspettarci le maggiori novità."
Gli atti del convegno saranno pubblicati nei prossimi mesi a cura della Casa della Musica.

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Articolo in collaborazione con Fondazione Busoni

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