Con una media di oltre 5.8 milioni di spettatori (pari a uno share del 24%) per la prima puntata del 7 gennaio scorso, fisiologicamente calati a 5,3 milioni il giorno successivo, La Compagnia del Cigno ha portato all’attenzione del pubblico di Rai 1 – oltre agli ultrasettantacinquenni appassionati di fiction i dati di ascolto parrebbero indicare un buon apprezzamento anche da parte dei più giovani – un mondo generalmente assente dagli schermi televisivi come quello dei Conservatori di musica. Allo stesso tempo, ha scatenato dure reazioni da parte dell'oggetto della rappresentazione, i Conservatori italiani, alcuni dei quali (prima Padova, poi Torino) si sono pubblicamente dissociati dall'immagine che dell'istituzione emerge da La Compagnia del Cigno.
Dodici puntate ripartite su sei serate, il che vuol dire un bell’impegno davanti al televisore (quasi due ore ogni volta), e per la prima settimana la Rai ha proposto razione doppia (lunedì 7 e martedì 8 gennaio). Finora dunque è stato trasmesso un terzo dell’intera serie e per le prossime puntate l’appuntamento fisso resta solo quello del lunedì sera, con la possibilità di rivedere La Compagnia del Cigno per intero su RaiPlay, una volta andate in onda le puntate.
Al centro della fiction, prodotta da Indigo Film e diretta da Ivan Cotroneo (che l’ha scritta insieme a Monica Rametta) vi sono le storie di sette giovani studenti di musica, i loro non trascurabili problemi adolescenziali, il talento e la passione che mettono nello studio, gli innamoramenti e le difficoltà che incontrano nelle relazioni, e last but not least la loro esperienza scolastica.
Una trama interessante, nella quale il Conservatorio “Giuseppe Verdi” (il Cigno di Busseto, appunto) che i ragazzi frequentano a Milano ha una parte rilevante, così come lo stesso capoluogo scaligero, che si presenta forse troppo onirico e molto meno zavattiniano, però ugualmente agguerrito nel confermare quel ruolo di punta emerso nella recente classifica del Sole 24 Ore.
Ma che immagine viene fornita del Conservatorio in La Compagnia del Cigno?
C'è da chiedersi se questa domanda abbia senso, trattandosi di una fiction e non di un documentario: come è ovvio, andando in una stazione dei Carabinieri nessuno si aspetta di incontrare il Maresciallo Rocca oppure l’attore Nino Frassica; stesso discorso per qualsiasi cattolico praticante, che difficilmente si imbatterà in Don Matteo, o per un paziente di ospedale, il quale non potrà certo ricorrere alle cure di un medico come il Dr. Gregory House. E via dicendo.
Quasi scontato dunque che per rendere avvincente la fiction – ovvero per aumentare l’audience – si ricorra a personaggi dai tratti eccessivi, come il "bastardo" Luca Marioni (docente del Conservatorio interpretato da Alessio Boni), o del tutto improbabili, come l’altro direttore ospite Ruggero Fiore (Marco Bocci), il quale, oltre a essere giocoforza di carattere diametralmente opposto al primo, cerca di coinvolgere gli studenti facendo ridicoli discorsi come quello sugli “Elfi della musica”. Analogamente, la storia sarebbe più scialba – sempre nell’ottica della fiction – se tra gli studenti protagonisti non vi fosse chi è ancora traumatizzato dal terremoto, chi è oppresso dalle aspettative materne, chi ha i genitori che si stanno per separare, chi ha una madre in cura presso un centro di disintossicazione, eccetera.
Ivan Cotroneo però stavolta non sembra aver avuto il tocco delicato che Tutti pazzi per amore, altra sua serie di successo, rivelava. Tra inserti stile musical – sembrano voler mitigare la presunta difficoltà della musica classica che si ascolta – e viaggi in mondi fantastici dove le orchestre sono formate da conigli bianchi, i ragazzi sembrano troppo schiacciati dai loro stessi personaggi e gli adulti sono costantemente, abbondantemente, irrimediabilmente sopra le righe.
Gli inserti stile musical sembrano voler mitigare la presunta difficoltà della musica classica che si ascolta.
Assai difficile che un insegnante di Conservatorio si possa riconoscere nel personaggio di Marioni, ma una fiction è deputata a rendere un’immagine veritiera dei Conservatori? Il lavoro di Cotroneo – forse è opportuno lasciare che la serie arrivi a conclusione, si può scommettere che su molti fronti il lieto fine trionferà, magari si scoprirà che, dopo aver tanto terrorizzato gli allievi, anche il severo Marioni saprà dotarsi di volto più umano – si inserisce in un filone che annovera i successi di Glee (“musical dramedy” apparso in America nel 2009), Mozart in the Jungle (il libro di Blair Tindall cui si ispira completa il proprio titolo con Sex, Drugs, and Classical Music…). Si potrebbe menzionare anche Whiplash, film estremamente crudo del 2014 che certo parla di jazz e non di musica classica, ma ugualmente coinvolge una scuola di Manhattan, il prestigioso Shaffer Conservatory. Questa istituzione si sarà mai riconosciuta nel film? Magari non più di quanto l’Arma dei Carabinieri si sia potuta riconoscere nel Maresciallo Rocca, o l’intera gerarchia vaticana in The Young Pope di Paolo Sorrentino. Certo di fantasia Cotroneo non ne ha avuta moltissima visto che tra il "bastardo" Marioni e il prof. Antonio Martinelli del film Notte prima degli esami (interpretato da Giorgio Faletti), soprannominato "la carogna", non corre molta strada.
Chissà comunque se i ragazzi si sono sentiti rappresentati, sarebbe interessante sentire il parere degli studenti: magari alla loro età l’entusiasmo di vedersi protagonisti in televisione avrà prevalso sul resto.
Esaminiamo comunque alcuni dati.
La fiction è stata assai seguita e ne hanno parlato in molti, su quotidiani, periodici, siti internet e programmi televisivi, per i quali di solito il mondo dei Conservatori semplicemente non esiste. I giovani protagonisti erano interpretati da studenti (o ex studenti) dei Conservatori italiani che hanno portato sul set, in molti casi per la prima volta, la loro diretta esperienza a contatto con la musica.
Soprattutto è passato un importante messaggio che può sovrastare tutte le esagerazioni o anche aberrazioni con cui è stata rappresentata la realtà dei Conservatori: esistono giovani che ancora hanno passione, capacità e determinazione per affrontare seriamente degli studi di musica classica, malgrado le difficoltà che la vita pone loro e nonostante lo scenario reale – non affrontato da Cotroneo, del resto siamo in una fiction – non dia loro sufficienti prospettive lavorative, che è poi il problema più grande.
Per tirare qualche somma, le domande da porsi sono magari relativamente semplici.
Dopo aver visto questa fiction a quanti ragazzi potrebbe venire il desiderio di iscriversi a un Conservatorio e, soprattutto, a quanti genitori – o nonni, anche se non ultrasettantacinquenni – potrebbe far piacere l’idea che un loro figlio o nipote vada a studiare musica in questo tipo di Istituzione pubblica? Questa ondata di attenzione (con la conseguente pubblicità) verso i Conservatori di musica porterà o meno a un possibile aumento dell’interesse verso gli stessi? Condurrà a un incremento delle domande di ammissione? Favorirà una maggiore sensibilità della politica in materia di fondi? Allora di sicuro si potranno tirare le somme. E verificare se una rappresentazione anche distorta, come quella che una fiction può offrire, abbia giocato positivamente oppure negativamente.
Qualche problema comunque rimane sul campo e difficilmente se ne troverà traccia nei commenti di chi non frequenta il mondo dei Conservatori. Anche perché mentre l’esperienza che si può realmente fare in una struttura sanitaria è ben presente alla maggior parte delle persone adulte, e di conseguenza la realtà proposta da fiction televisiva che abbia dei medici come protagonisti verrà automaticamente posta su un piano diverso, come funzioni davvero un Conservatorio al giorno d’oggi lo sanno veramente in pochi.
A mettere la propria immagine, insieme all’intera città di Milano che funge da sfondo – il sindaco Giuseppe Sala ha espresso pubblicamente la propria soddisfazione – è stato il Conservatorio “Giuseppe Verdi”, una delle istituzioni statali appartenenti all’Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica.
Le "sviste" della fiction sono sicuramente trascurabili per il grande pubblico ma ci sono, e non sono da poco: in un Conservatorio statale non è la Direttrice a decidere autonomamente di affidare l’orchestra degli studenti a questo o quel docente, questo lo potrà fare forse il dirigente di una (propria) scuola privata; l’attività didattica non si riduce alle sole prove d’orchestra e (sporadicamente) a qualche lezione di strumento, ma vede l’apporto di molte altre discipline presenti nei piani di studio. E via dicendo. Da questi particolari, apparentemente secondari, si può vedere la serietà di chi ha fornito una consulenza sul mondo dei Conservatori agli autori della fiction (poco probabile che non ne avessero bisogno, anzi viene da chiedersi da dove mai abbiano preso l’idea di una simile serie). Che il "bastardo" Marioni sia tale non sorprende, non ci vuole molto a capire che nasca da una fantasia estrema. Bastardo lo è pure il dottor House, giusto per tornare all’esempio di prima. Ma la preparazione scientifica di quest’ultima serie statunitense sembra essere stata molto più accurata di quella nella fiction italiana. Questo forse è il punto su cui occorre riflettere, lo sfondo infatti può essere a volte più significativo della figura in primo piano.
Se poi la faccenda degli Elfi della musica dovesse perdurare si può sempre pensare a una seconda e terza serie de La Compagnia del Cigno, magari da intitolare – con buona pace di Tolkien – Le due orchestre e Il ritorno del direttore. Nel frattempo buona visione.