Il Conservatorio di Parma è entrato nella strategic partnership The Jazz Workshop con altri quattro conservatori (Oslo, Bergen, Amburgo e Glasgow) e cinque festival jazz (Oslo, Edimburgo, Norimberga, Elbjazz ad Amburgo e ParmaJazz Frontiere).
La strategic partnership promuove progetti orchestrali per large ensemble e altri organici jazz con particolare riguardo alla composizione per questo tipo di formazioni. L’articolazione del progetto prevede la partecipazione a diversi gruppi di lavoro e il Conservatorio parmigiano sarà sede, insieme al festival ParmaJazz Frontiere, di seminari e concerti nella primavera e nell’autunno 2021. Saranno coinvolti studenti e docenti provenienti dai cinque conservatori aderenti, per un totale di 20 musicisti. Gli studenti faranno parte di cinque ensemble che viaggeranno nei vari festival/accademie coinvolti. Poiché il progetto è strettamente legato alla composizione, i musicisti che parteciperanno saranno anche compositori dei brani che suoneranno.
La partnership prevede anche la creazione di un master per direttore d’orchestra che avrà come sede Oslo. Abbiamo parlato dei dettagli di questa iniziativa con Riccardo Ceni, direttore del Conservatorio “Arrigo Boito” e con Roberto Bonati, docente e direttore artistico di ParmaJazz Frontiere.
Direttore Ceni, come è nata la partecipazione del Conservatorio di Parma alla strategic partnership The Jazz Workshop?
«Il Conservatorio di Parma ha esperienza consolidata in progetti di strategic partnership, con progetti che vanno da VoxEarlyMus (2015-18) alla European Opera Academy – tutt’ora in corso – fino a The Jazz Workshop, iniziativa nata dalla collaborazione di lunga data con l’Accademia di Oslo, cui si sono aggiunti gli altri partner: accademie, conservatori e festival delle cinque città coinvolte nel progetto».
Nell'attuale impostazione didattica di un Conservatorio come il “Boito”, quali prospettive offre un'esperienza come quella rappresentata da questo progetto?
«La prospettiva che si apre è duplice, formativa e relazionale: da un lato gli studenti avranno la possibilità di seguire masterclass e seminari e di debuttare nei festival prestigiosi che sono partner del progetto; d’altro canto le istituzioni potranno stringere e provare la loro collaborazione, anche in vista di altri futuri progetti».
Roberto Bonati, ParmaJazz Frontiere – di cui sei direttore artistico – è uno dei cinque festival (gli altri sono Oslo, Edimburgo, Norimberga e Elbjzazz ad Amburgo) che fanno parte della partnership internazionale di The Jazz Workshop. Qual è il ruolo di queste realtà, diciamo così, di "produzione" rispetto alla funzione "didattica" dei Conservatori che partecipano al progetto?
«Questo punto è stato oggetto di una riflessione importante. I festival non si limitano a ospitare i concerti ma partecipano sia al direttivo che al laboratorio di produzione contribuendo anche all’orientamento artistico e quindi a sviluppare e decidere le idee, gli argomenti, le motivazioni di fondo che saranno la base delle varie commissioni ai compositori. L’idea è anche di mettere gli studenti che partecipano a diretto confronto con le problematiche organizzative e gestionali di un festival e, nello stesso tempo, cercare di creare un nuovo rapporto, produttivo e creativo tra artisti e direttori artistici».
«L’idea è anche di mettere gli studenti che partecipano a diretto confronto con le problematiche organizzative e gestionali di un festival e, nello stesso tempo, cercare di creare un nuovo rapporto, produttivo e creativo tra artisti e direttori artistici».
«È molto importante che la presenza dei direttori artistici all’interno del gruppo di lavoro non diventi una specie di valutazione/audizione del materiale musicale ma possa creare invece un momento di stimolo, di confronto all’interno di uno spazio molto speciale e virtuoso che permetta una reale possibilità di sperimentare, di andare verso il futuro, di tracciare un sentiero verso un possibile domani, Beyond the Big Band. Ovviamente i cinque festival hanno caratteristiche diverse, in termini di programmazione e di budget e anche questa diversità credo che sarà importante lungo il percorso. I giovani musicisti saranno messi a confronto e inseriti in realtà molto diverse ma unite da una volontà di lavoro comune. L’antecedente di questo progetto è l’European Academy Ensemble che ParmaFrontiere ha iniziato nel 2015 in collaborazione con le accademie di Goteborg, Oslo, Stavanger e il Conservatorio di Parma e che giunge quest’anno alla sua quinta edizione».
Recentemente sei stato a Glasgow: qual è la tua impressione rispetto ai primi passi di questo cammino che avrà un traguardo triennale?
«C’è molto entusiasmo, voglia di mettersi in gioco. Molte idee interessanti sul tavolo. Siamo tutti molto desiderosi di iniziare questa avventura. Ogni progetto di Large Ensemble avrà due settimane di lavoro, una prima settimana di laboratorio a cui seguirà la composizione e la definizione del materiale musicale e, dopo circa sei mesi, una settimana di prove per la realizzazione del concerto. Il primo incontro laboratoriale sarà ad Oslo in dicembre, il secondo a Nurnberg in febbraio e i due rispettivi concerti in agosto e in novembre. Il confronto tra le diverse scuole e i diversi festival produce e produrrà senz’altro molta energia. È molto stimolante, come musicista e come didatta, essere a contatto con nuove esperienze, con metodi didattici e performativi differenti, stare a contatto con generazioni diverse di musicisti e assorbire energie fresche dai giovani partecipanti. E i colleghi “senior” sono musicisti meravigliosi. Sono personalmente molto felice di lavorare all’interno di un gruppo di così alto profilo».