Una raccolta, più o meno ampia, di musica classica in vinile è qualcosa che, specialmente per chi non è più giovanissimo, non è difficile avere avuto a casa o trovato nelle case di qualche parente. Magari con le inconfondibili costine con la banda gialla a indicare gli onnipresenti Deutsche Grammophon. O nel severo cartone scuro dei cofanetti.
Dopotutto, lungo tutta la seconda metà del Novecento, accanto alla produzione di musica popular, quella di esecuzioni di musica classica è stata costante e massiccia. Eppure, nelle numerose retoriche sul “ritorno” del vinile e sul fascino collezionistico dei dischi, è più facile si parli di una rara versione di un classico jazz o di un 45 giri di Mina che non di un’incisione dell’Ottava di Schubert. E nel variopinto mondo delle fiere e dei mercatini di lp di classica se ne vedono mediamente pochissimi, quasi che un’incisione ceca di musica di camera non abbia il potenziale “hip” di un disco della Premiata Forneria Marconi.
In realtà un mondo di collezionisti di classica in vinile c’è eccome. Meno numeroso magari di quello degli accumulatori di jazz o di rock inglese, più defilato e quasi pudico magari. Ma c’è. E ce lo siamo fatti raccontare da Filippo “Fil” Marri, collezionista e venditore che sui social vedrete brandire più facilmente un cofanetto Archiv che non mostrarvi i piedi su una spiaggia o le foto del cane. Lo abbiamo intervistato!
Inizierei la nostra chiacchierata chiedendoti come nasce la tua passione per il collezionismo di vinili di musica classica e, di conseguenza, la tua attività anche di venditore.
«Tutto è cominciato molti anni fa. Ascolto e colleziono a fasi più o meno alterne e intense dischi da ormai più di vent'anni, complice anche una mia parte della vita come DJ/selezionatore di musica anni Sessanta-Settanta, sempre proponendo e cercando cose rare e senza mai trattare ristampe o dischi contemporanei. Questi erano gli unici piccoli capisaldi, però spaziavo dal funk al jazz, passando per sonorizzazioni e musica strumentale anni Settanta, vagando per produzioni americane, inglesi, italiane, giapponesi… insomma, mi piaceva e mi piace ancora scavare nella musica a 360°».
«Poi, cercando pian piano cose particolari, passando dall'avanguardia (Stockhausen, Henry, etc..) mi sono avvicinato alla musica classica e negli ultimi anni, in seguito all'acquisizione di una grossa collezione, mi sono pienamente lanciato in quest'avventura, ma è stato un mezzo salto nel buio, che ora posso dire fortunatamente, riuscito. Non potrei esserne più felice, le persone incontrate e ciò che si è creato sono qualcosa di bellissimo e molto interessante».
Uno dei classici quando un venditore viene a “vedere” una collezione da rilevare, è mettere le mani avanti “ah, guardi, i 78 giri e la classica non valgono nulla” e non è difficile, anche nei mercatini, che i dischi di classica e opera vengano tenuti in uno scatolone remoto sotto il tavolo e a prezzi decisamente bassi. Che tipo di meccanismo si è instaurato?
«Di base che la musica classica non valga nulla è una “mezza verità”. Mi spiego meglio: sicuramente in Italia il pubblico potenzialmente interessato è molto più contenuto che non quello della musica “leggera” e i dischi si trovano per mercatini in quantità a prezzo esiguo, quindi se uno è competente si possono prendere bei dischi sia che tu sia ascoltatore che collezionista o venditore, a cifre molto basse, e questo non incentiva mercati al rialzo».
«I dischi di classica si trovano per mercatini in quantità a prezzo esiguo, quindi se uno è competente si possono prendere bei dischi a cifre molto basse, e questo non incentiva mercati al rialzo».
«Poi comunque deve piacere ed è un mondo dove bisogna studiare molto, All’estero invece è florido, ma vanno fatti dei distinguo importanti».
Ti seguo…
«Il mondo della classica è pieno di stampe con tirature molto ampie, che hanno subito innumerevoli cicli di ristampe, quindi è già abbastanza complesso orientarsi nella conoscenza delle varie produzioni delle ditte che facevano dischi, che erano major e colossi della discografia come Deutsche Grammophon, Decca, Philips, RCA, Columbia e così via».
«Essendo molte le stampe e solo poche di reale valore collezionistico, specie dischi stampati nel Regno Unito e negli Stati Uniti negli anni Sessanta, quando la logistica non era come quella attuale (quindi rimanendo principalmente in loco e arrivando col contagocce in Italia), dall’altro lato, musicalmente ci sono migliaia di dischi di immenso valore artistico/musicologico, ma che valgono molto poco in termini economici, si reperiscono con facilità e interessano a pochi. Quindi o ci si sa destreggiare bene in questo guazzabuglio fatto di stampe, direttori, compositori, interpreti solisti, stampe mono/stereo, o è difficile trovare materiale appetibile per gli appassionati, i collezionisti… che poi sono principalmente all'estero».
«Tutti questi elementi, come potete capire, non incentivano “un venditore di dischi x” a avvicinarsi o a vendere classica».
Attraverso quali canali vendi i vinili di classica e da chi è formata la tua clientela?
«I canali sono pressoché i medesimi noti a tutti gli appassionati di dischi su internet, ossia Ebay, Discogs, Facebook, e la clientela è multiforme. Diciamo che molto materiale finisce all’estero, specie estremo oriente: Cina e Giappone su tutti. Lì finiscono principalmente i dischi più vicini a visioni collezionistiche o audiofile che non musicofile».
«In Europa e Italia invece ho l’onore e la fortuna di avere amici e compratori di dischi che sono affermati concertisti, musicisti, editori del settore musicologico, illustratori del mondo discografico, e molti dottori! In questi casi principalmente invece vige la visione più musicofila, comprano tanti dischi senza spendere mai cifre importanti propendendo per magari ascoltare tante versioni della stessa opera e trovare le differenze, o ascoltare le interpretazioni di vari solisti in determinati cicli di lavori, insomma ce n’è per un po’ tutti i gusti, ma parliamo sempre di persone con grande passione e ricerca personale oltre a grande sensibilità musicale e culturale in genere. Devo dire che adoro il confronto con questo mondo di persone, sempre stimolante e mai violento, il livello culturale è sempre molto alto e lo scambio interessante».
Recentemente un venditore mi raccontava di come il mercato si stia rapidamente trasformando con l’aumento di offerta di dischi di classic rock/pop che fino a pochi anni fa sembravano il Sacro Graal e che ora, in seguito alla morte di molti collezionisti, tornano massicciamente sul mercato con quotazioni più basse e non incontrano nemmeno più i gusti di una clientela più giovane. Se volessimo sbirciare nel mondo della classica, quali sono le cose che tirano sempre, quelle in crescita e quelle invece che interessano sempre meno?
«Le stampe mono sono pressoché insignificanti e invendibili, salvo rare cose molto preziose e relative a interpreti particolari anni Cinquanta e Sessanta, ma sono casi rarissimi, e mantengono appeal più per la rarità che per la bellezza del suono e/o dell'esecuzione, mentre la stragrande maggioranza delle interpretazioni nate prima delle incisioni stereofoniche, che siano di sinfonica come di repertori per solisti, di musica sacra o barocca, sono purtroppo ormai desuete e suonano vecchie dal lato tecnico, filologico e musicologico: quindi molto poco appetibili e commerciabili».
«Il resto tiene più o meno “botta”, chiaro che i dischi Deutsche Grammophon anni Settanta che valgono sono pochissimi, dato che eran produzioni da milioni di copie, tuttavia anche a pochi euro, un bel disco di Mozart o Beethoven si vende sempre, se ben tenuto».
Il mondo discografico classico è stato attraversato, a partire dalla fine degli anni Ottanta, da un massiccio fenomeno di ristampa su cd di qualsiasi cosa, da live mono quasi inascoltabili di Furtwängler a opere semisconosciute, dalle allora “rarità” provenienti dal mondo ex-sovietico etc.
Cosa è rimasto fuori da quel fenomeno (che spesso andava a vellicare la passione per il bel suono e la non deperibilità dell’appassionato) e cosa suona ancora oggi meglio in vinile?
«Partiamo da un presupposto che è anche una mezza provocazione: sinceramente non sono mai stato un “suprematista” del vinile, sia perché filosoficamente sono una persona molto lontana dal concetto di “oggetto-feticcio”, ma anche perché ho molti amici che hanno ottimi sistemi cd e suonano meravigliosamente cose che in vinile richiederebbero una catena molto dispendiosa in termini di hardware».
Spiegaci meglio…
«Specie nella musica classica, dove i livelli di dinamiche di incisione e suono sono molto ampie, andando dai “pianissimo” ai "fortissimo" con sbalzi di decine di decibel, servono, per valorizzarli, impianti importanti come dettaglio sonoro dell’amplificatore, puntina come si deve (magari a bobina mobile), altoparlanti notevoli… insomma, il vinile richiede molto in termini hardware, di spazio, di impegno e essendo quasi tutto ciò che è molto bello e meritevole di ascolto stato ristampato – e se non si è collezionisti, ma solo musicofili – lo spendere centinaia di euro magari per un Decca stereo anni Sessanta è insensato… quindi viva i cd o viva le ristampe...viva la musica liquida in alta risoluzione!».
«(E un consiglio: attenti alle tante ristampe in lp provenienti dagli anni Settanta-Ottanta, dischi spesso mal rimasterizzati e/o stampati su supporti vinilici molto sottili, spesso suonano piatte e poco corpose)».
Se volessimo suggerire a chi ci legge a cosa fare attenzione per capire il tipo di collezione che si ha in casa, che indicazioni daresti?
«Intanto dividere in “stereo-mono” e poi vedere tre cose che sono le cose più ricercate dai collezionisti, ossia: ditte con stampe di qualità come Decca, Philips, RCA Usa, Telefunken, EMI-Voce del Padrone; poi vedere di dividere quelli con solisti da quelli sinfonici e quindi capire chi suona principalmente o chi dirige; infine vedere chi è il compositore».
«Ci sono nomi di interpreti minori molto ricercati, cicli di opere sinfoniche che si vendono sempre o compositori più “commerciali” di altri. Paganini, Beethoven, Bach vendono sempre, e si hanno dischi di interpreti come Leonid Kogan, Ruggiero Ricci, Johanna Martzy, Arthur Grumiaux, eccetera. Bisogna star attenti e attivarsi per una ricerca più approfondita e precisa, le combinazioni di cose appetibili sono molte, ma vanno incrociate con la stampa giusta del disco, le condizioni immacolate o quasi... insomma non è facile trovare il disco raro, con il solista ricercato, nella stampa giusta (la prima), in condizioni perfette a distanza di magari 40 o 50 anni dall’uscita».
Non un compito facile…
«Per nulla. Comprendere cosa si ha per le mani è molto complesso: la prima collezione grossa che ho rilevato, circa 3000 lp, che andavano dalla madrigalistica alla avanguardia, quindi molti secoli di musica sviluppati da tante ditte diverse, ho impiegato circa 5-6 mesi solo per iniziare a capire che cosa avevo per le mani. Insomma bisogna “studiare” tanto».
A chi analizza le dinamiche della discografia classica oggi è chiaro che da diversi anni si assiste a una forte spettacolarizzazione dell’immagine dell’interprete nelle copertine, e ripensando alla creatività che animava alcuni illustratori e art designer del passato ci si chiede: a chi si rivolge quel tipo di prodotto, tanto più in un mercato in cui il repertorio è già coperto da decine, a volte centinaia, di esecuzioni di riferimento?
«Sono la persona meno indicata a rispondere visto che del mercato contemporaneo, in termini di pubblicazioni inedite o ristampe, so pochissimo e non tratto nulla, se non avere a casa cd di amici musicisti».
«Mi sento di dire però che comunque, vedendo la vitalità di rassegne e eventi di matrice classica, e vedendo i giovani dei conservatori, un'utenza nella contemporaneità c’è! Al di là di queste mie sensazioni ed esperienze, comunque conosco molti che comprano dischi “di oggi”».
«Però vanno fatti un po’ di distinguo, io almeno personalmente essendo abbastanza avulso, e volutamente, dal mondo delle incisioni contemporanee, posso solo offrire una piccola testimonianza di ciò che è la volontà di tanti amici musicisti classici, editori, e in generale, di “addetti ai lavori” o consumatori di questo mondo: c’è un continuo evolvere filologicamente le letture, in termini di partitura, di analisi contestuale, di analisi psicologica dell’autore; si tende a scavare molto e sempre più raffinatamente nell’indole dei compositori, quindi il continuo pubblicare e suonare scritture che han già visto decine di letture ha il suo senso».
Anche in vinile?
«Se abbia senso stamparle in vinile non è cosa in cui mi sento di dar risposte: se l’artista lo desidera così sia… se ne è felici e si tende a spingere la cosa ed è bellissimo vedere belle iniziative di questo tipo. Ma, almeno personalmente, da persona che tratta solo vecchie incisioni, non è cosa che mi tocchi, e se interessato, ascolto la lettura del nuovo interprete o direttore in digitale. Al di là del mezzo su cui è stampato, ha senso sempre scavare e interpretare un concerto op.35 di Tchaikovsky».
Te lo chiedo perché negli anni scorsi si è molto parlato, spesso a sproposito, di “rinascita del vinile”: oggi che il fenomeno sta mostrando i propri limiti fisiologico/culturali, che il troppo presto dato per defunto cd alla fine mantiene sempre molti estimatori, che i tempi e i costi per la produzione di nuovi dischi sono sempre più impegnativi e che l’offerta rischia di aumentare più della domanda, che futuro vedi per l’ascolto della musica classica?
«La musica classica ha da sempre due binari paralleli e simbiotici, vive di diverse forme di fruizione e ha un un'utenza trasversale: da una parte i musicofili o musicisti che sicuro continueranno ad alimentare il grande cerchio di incisioni e di acquisto di dischi, dall’altro il mondo dei collezionisti che è sempre florido e funzionante, sebbene relegato a piccola nicchia».
«Poi c’è sempre un grosso blocco di audiofili-musicofili che si orienterà su incisioni di qualità, o buoni repertori: io sono fiducioso e ottimista per due ragioni, una è la platea potenzialmente interessata che è più ampia di quel che si possa pensare, l’altra il fatto che una bella stampa delle 9 Sinfonie di Beethoven o le Variazioni Goldberg o le 4 Stagioni, sono capolavori immortali che anche tra due secoli continueranno a venire ricordate».
Ci dici un disco della tua collezione di cui vai fiero, quello che insegui da anni e quello che stai ascoltando in questi giorni?
«Vado orgoglioso della mia copia delle 9 Sinfonie di Beethoven direzione Karajan (ciclo 1961-1962) in prima stampa stereo numerata (copia 76) immacolata, sembra uscita ieri dalla fabbrica con ancora tutti gli inserti precisi e perfetti, tra cui la prova d’acquisto, le bustine fustellate; una vera chicca, per un insieme di sinfonie che rientrano nei capolavori assoluti dell’umanità, in una delle direzioni migliori, una delle incisioni stereofoniche migliori… insomma, davvero cofanetto da “isola deserta”».
«Cosa inseguo da anni? Non saprei, ci sono vari dischi molto rari e belli che mi piacerebbe avere sicuramente, ma più che un disco singolo ambisco molto a concludere la discografia di Karlheinz Stockhausen su vinile, e a chiudere il ciclo di dischi argentati della serie di musica concreta “Prospective 21e Siècle” della Philips, in cui si trovano incredibili lavori di avanguardia di Pierre Henry, Ivo Malec, Luc Ferrari e altri… lo ammetto, ho un debole per l’avanguardia classica, da Stockhausen a Varese passando per Henry…».
«In questi giorni infine, sto ascoltando un violinista, che adoro per pulizia del suono, eleganza, timbro: è Arthur Grumiaux, in un cofanetto stampato da Philips con un repertorio popolare come il concerto per violino di Beethoven, quello di Čaikovsky, insomma: un bel compendio di un grande interprete che mi sento di consigliare a tutti».