Al Busoni succede un po' la stessa cosa. Il pubblico che assiste alle prove partecipa della stessa frenesia, ciascuno nel desiderio di riconoscere prima degli altri - magari anche in anticipo sulla giuria! - il vincitore dell'edizione. Così succede che, nelle pause tra un brano e l'altro, si senta spesso sussurrare "è questo!", ogni volta da un punto diverso della sala.
Di rumori, ahimè, se ne sono sentiti anche altri in questi giorni, e non erano sussurri beneauguranti bensì suonerie di telefonini, che hanno maleducatamente accompagnato le performance dei candidati.
Commenti sulla giornata di ieri: Schiff aveva ragione. Chi mostra anche solo una volta nella vita un qualcosa di straordinario, non lo fa per caso. Così, i giovani pianisti che avevano suscitato interesse nella semifinale, hanno confermato le aspettative. Qualcuno ha dato anche qualcosa in più, rendendo palese un gran talento: sicurezza tecnica, musicalità, comunicativa, personalità, varietà timbrica ed eleganza. Forse ci sarà quest'anno un Primo Premio? È ancora presto per dirlo, poiché la prova più difficile è la prossima, con l'esecuzione del concerto mozartiano. Tornando al pensiero di András Schiff, siamo ugualmente d'accordo che chi non regala nulla di straordinario, non lo faccia per caso. E così è stato per alcuni candidati, che hanno confermato le sensazioni suscitate in precedenza.
La particolarità di questa finale solistica è l'inserimento nel programma di alcuni pezzi contemporanei, composti negli ultimi dieci anni. Quest'anno il concorso ha istituito un premio ad hoc (4.000 euro e concerti alla Biennale di Musica di Venezia e con l'Ensemble Modern Frankfurt) per la migliore interpretazione di un brano contemporaneo, scelto da una rosa di partiture di otto autori (Elliot Carter, Michael Finnissy, Salvatore Sciarrino, Unsuk Chin, Pascal Dusapin, Beat Furrer, George Benjamin, Györg Kurtág) indicate da tre esperti: Nicolas Hodges, Luca Francesconi e Marino Formenti.
Il caso ha voluto che la scelta dei 12 finalisti si concentrasse su due autori: Carter, con le Two Things about the Piano; e Kurtág, con la raccolta di brani Jatétók (libro VII). Tre candidati hanno aggiunto, inoltre, Finissy e Dusapin. Hüseyin Sermet, che è stato allievo di Olivier Messiaen, mi spiegava che il problema principale della musica contemporanea non è la partitura in sé, quanto l'interprete. È necessario trovare un esecutore che sappia non solo leggere le note, ma anche scoprire il mondo che queste raccontano, attraverso la propria personale esperienza e la fantasia, osando anche di uscire da quel recinto di sicurezza che gli interpreti della musica d'oggi si costruiscono per non suscitare i malumori del pubblico.
Chissà se queste parole convinceranno il signore padovano che mi avvicinato ieri sera. "Lo scriva, lei che è giornalista - mi ha detto - perché è da vent'anni che io vengo a sentire il Busoni ed ora credo che me ne andrò, perché questa non è musica. Io sono qui per sentire Scriabin, Chopin, Liszt, non questo Kurtág. Ma chi ha imposto ai pianisti di suonare queste cose?". Ho cercato di spiegargli che stava assistendo ad una competizione, che c'era un pezzo d'obbligo e che si trattava inoltre di una chance per i candidati di ricevere un ulteriore premio. Nulla da fare. Si alzato prima del termine dell'esibizione dell'italiano Coggi: mancava solo Kurtág.
Si prosegue oggi con gli altri sei finalisti (h 10, h 16, h 20.30). Chi volesse può seguire in internet anche la prova di Sofya Gulyak, la vincitrice del secondo premio nell'ultima edizione del Busoni, ritiratasi dalla competizione lo scorso 20 agosto. No, non ci ha ripensato, si è semplicemente presentata da un'altra parte. L'indirizzo internet è quello del Leeds International Pianoforte Competition (www.leedspiano.com), dove compare nel calendario delle prove, oggi alle ore 16.50.