Aveva pronosticato giusto Joseph Kalichstein un'ora prima del concerto, ieri sera, dicendomi che non avremmo dovuto aspettare troppo tempo per il verdetto di questa prima prova con l'orchestra. E così è stato. Dopo soli trenta minuti è suonata la campanella per richiamare l'attenzione di tutti i presenti - i concorrenti, i giornalisti, ma anche le numerose persone del pubblico che si erano fermate in Conservatorio per aspettare i risultati.
Le possibilità di indovinare questo terzo verdetto da parte della nostra Giuria della Critica erano al 50%, né alte né basse, né sicure né improbabili. Dopo i primi verdetti, vedendo quali candidati venivano portati avanti e quali no, abbiamo cominciato a capire cosa veniva apprezzato (anche se in certi casi non abbiamo compreso il perché!), ma dovevamo comunque fare i conti con il metodo di giudizio (il calcolo numerico) e l'assenza di commenti personali da parte dei membri della giuria, che in questi giorni di frequentazione si sono sempre resi disponibile al dialogo ma hanno sempre evitato di esprimere opinioni personali sui candidati in gara. Dopotutto, questo è ciò che avviene regolarmente nelle giurie dei grandi concorsi internazionali, dove, per non condizionare e farsi condizionare, si lascia la discussione alla fase finale, quando arriva il momento di decidere l'assegnazione del Primo Premio.
Alle ore 23.10, ieri sera, si è ripetuto il rito: la campanella, la gente che torna a sedersi, alcuni candidati immobili già da diversi minuti, come statue, sulle poltroncine rosse ed altri in piedi, in fondo alla sala, vicino alla porta aperta - psicologicamente e materialmente "sulla soglia"; gli undici giurati che salgono sul palco e Lilya Zilberstein che prende il microfono.
Il verdetto: Gesualdo Coggi (Italia), Alexey Lebedev (Russia), Michail Lifits (Germania). Questi i nomi dei tre finalisti che si contenderanno, domani, il Premio Busoni 2009. Applauso. Sì, i presenti hanno applaudito e la Zilberstein ha sorriso con un leggero stupore. Il pubblico, pare di capire, è d'accordo con la scelta della giuria.
Domani sera, alle ore 20.00, presso il Teatro comunale di Bolzano ed in diretta su radio (Radio 3), televisione (Rai Sender Bozen per la sola provincia di Bolzano) ed internet (www.concorsobusoni.it), ascolteremo due concerti di Rachmaninov (il Secondo, sia per Coggi sia per Lifits) ed uno di Beethoven (il Quinto, per Lebedev), esattamente un secolo di storia della musica unito in una delle relazioni armoniche più ricche di pathos: do minore e mi bemolle maggiore. I tre finalisti saranno accompagnati dall'Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, diretti da Arthur Fagen. Sarà una bella sfida, in particolare, per questo Rach 2, per il quale la presidente della giuria avrà sicuramente un ascolto ancora più attento, se consideriamo che lei stessa lo sta ripassando in questi giorni per un prossimo concerto.
Due sono i concorrenti "made in Italy" giunti alla finalissima: Coggi, italiano per nazionalità e formazione (è allievo di Roberto Cappello) e Lifits, che, sebbene nato in Uzbekistan e di nazionalità tedesca, studia all'Accademia di Imola (è allievo di Boris Petrushansky).
Mentre un gruppetto di persone si fermava ad ascoltare Cristina Ortiz - che si era messa a suonare uno dei pianoforti esposti da Steinway, seguita poi da Hüseyin Sermet che improvvisava jazz - mentre Lifits sfrecciava in corridoio a testa alta e telefonino all'orecchio e invece Jie Yuan assieme a Sun Ho Lee camminavano lenti guardando svanire il sogno di un Premio Busoni dagli occhi a mandorla (sarebbe stato il primo dal 1949!), uscivamo dal Conservatorio un po' stanchi e un po' pensierosi, pronti a porci nuove domande sulle scelte di questo penultimo verdetto (non pienamente condiviso) e forse intuire quello che, dal 4 settembre, diventerà storia del concorso.
Le possibilità di indovinare questo terzo verdetto da parte della nostra Giuria della Critica erano al 50%, né alte né basse, né sicure né improbabili. Dopo i primi verdetti, vedendo quali candidati venivano portati avanti e quali no, abbiamo cominciato a capire cosa veniva apprezzato (anche se in certi casi non abbiamo compreso il perché!), ma dovevamo comunque fare i conti con il metodo di giudizio (il calcolo numerico) e l'assenza di commenti personali da parte dei membri della giuria, che in questi giorni di frequentazione si sono sempre resi disponibile al dialogo ma hanno sempre evitato di esprimere opinioni personali sui candidati in gara. Dopotutto, questo è ciò che avviene regolarmente nelle giurie dei grandi concorsi internazionali, dove, per non condizionare e farsi condizionare, si lascia la discussione alla fase finale, quando arriva il momento di decidere l'assegnazione del Primo Premio.
Alle ore 23.10, ieri sera, si è ripetuto il rito: la campanella, la gente che torna a sedersi, alcuni candidati immobili già da diversi minuti, come statue, sulle poltroncine rosse ed altri in piedi, in fondo alla sala, vicino alla porta aperta - psicologicamente e materialmente "sulla soglia"; gli undici giurati che salgono sul palco e Lilya Zilberstein che prende il microfono.
Il verdetto: Gesualdo Coggi (Italia), Alexey Lebedev (Russia), Michail Lifits (Germania). Questi i nomi dei tre finalisti che si contenderanno, domani, il Premio Busoni 2009. Applauso. Sì, i presenti hanno applaudito e la Zilberstein ha sorriso con un leggero stupore. Il pubblico, pare di capire, è d'accordo con la scelta della giuria.
Domani sera, alle ore 20.00, presso il Teatro comunale di Bolzano ed in diretta su radio (Radio 3), televisione (Rai Sender Bozen per la sola provincia di Bolzano) ed internet (www.concorsobusoni.it), ascolteremo due concerti di Rachmaninov (il Secondo, sia per Coggi sia per Lifits) ed uno di Beethoven (il Quinto, per Lebedev), esattamente un secolo di storia della musica unito in una delle relazioni armoniche più ricche di pathos: do minore e mi bemolle maggiore. I tre finalisti saranno accompagnati dall'Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, diretti da Arthur Fagen. Sarà una bella sfida, in particolare, per questo Rach 2, per il quale la presidente della giuria avrà sicuramente un ascolto ancora più attento, se consideriamo che lei stessa lo sta ripassando in questi giorni per un prossimo concerto.
Due sono i concorrenti "made in Italy" giunti alla finalissima: Coggi, italiano per nazionalità e formazione (è allievo di Roberto Cappello) e Lifits, che, sebbene nato in Uzbekistan e di nazionalità tedesca, studia all'Accademia di Imola (è allievo di Boris Petrushansky).
Mentre un gruppetto di persone si fermava ad ascoltare Cristina Ortiz - che si era messa a suonare uno dei pianoforti esposti da Steinway, seguita poi da Hüseyin Sermet che improvvisava jazz - mentre Lifits sfrecciava in corridoio a testa alta e telefonino all'orecchio e invece Jie Yuan assieme a Sun Ho Lee camminavano lenti guardando svanire il sogno di un Premio Busoni dagli occhi a mandorla (sarebbe stato il primo dal 1949!), uscivamo dal Conservatorio un po' stanchi e un po' pensierosi, pronti a porci nuove domande sulle scelte di questo penultimo verdetto (non pienamente condiviso) e forse intuire quello che, dal 4 settembre, diventerà storia del concorso.