Un evento a Göteborg in Svezia il 19 settembre: la prima di Notorius del compositore Hans Gefors, opera tratta dall'omonimo celebre film di Hitchcock a cui il librettista Kerstin Perskin si è ispirata. L'opera è stata composta da Gefors, che ho incontrato, per il soprano Nina Stemme.
Perché un'opera basata sul film di Hitchcock 'Notorius'?
«Come compositore d'opera sono sempre alla ricerca di buone storie per scrivere un'opera. Amo da sempre i film di Hitchcock, ed anche il libro intervista di Truffault è stato molto importante per me: ho studiato drammaturgia. Un amico mi ha parlato di Notorious che non avevo rivisto per un lungo periodo di tempo. Quando l'ho visto, mi sono detto: 'Devo cercare di scoprire se non possa diventare un buon libretto per un'opera. Lo era!».
Non è un... sacrilegio scrivere un'opera su libretto preso da un film? Di solito accade il contrario...
«È sempre difficile trovare una buona storia: perché non da un film, allora? Devo anche dire che il librettista ha visto le difficoltà di farlo perché nel film si lavora molto con i primi piano: è allo spettatore riempire con l'immaginazione gli spazi intorno ai protagonisti che non si vedono. Ingrid Bergman ha fatto uno dei suoi migliori film: Casablanca. Le hanno chiesto: "A che cosa pensava quando l'aereo decollava da Casablanca". Rispose: "A niente!". Mi sono detto, quando ho deciso di fare di questa storia tratta da un film un'opera, che tutto doveva essere... nascosto dalle arie. E l'aria il centro dell'opera, ma non ci sono arie nel film! Questo è il problema di trasportare la storia del film in un libretto d'opera».
Una possibile soluzione potrebbe essere il 'recitar cantando', senza arie.
«Odio le opere con i recitativi!Per me il testo nell'opera è più che un media: è centrale. Cosa molto importante è il cortocircuito drammatico: non è il testo a rendere il dramma, è la situazione. In un film come Notorius si ha la situazione tra i due personaggi principali. In realtà mi interessava soprattutto il personaggio di Alicia. Mi interessava la storia d'amore complicata di Alicia e Develin, dove il tempo e la situazione (la seconda guerra mondiale) sono come una sorta di lente di ingrandimento che la ingrandisce. Quindi per me, una storia per l'opera è una storia di situazioni tra le persone, e si deve trovarla. Quando si ha una situazione particolare, voglio un'aria. Ecco perché il tempo è più lento: se abbiamo qualcosa su cui riflettere molto, ci pensiamo a lungo, ma l'azione in un film va veloce, quasi troppo veloce per la nostra mente. Ecco perché penso che l'opera è un buon media, un buon veicolo per comprendere le relazioni tra le persone».
Potrebbero essere considerate le arie nell'opera equivalenti ai primi piani nei film?
«Potrei dire di togliere i primi piani: nelle arie si guarda dentro ai personaggi».
Alicia è una Mata Hari o una donna che deve scegliere tra amore e dovere?
«In realtà pensa che riuscirà a coniugare amore e dovere. Il problema è che l'uomo che ama non vuole che compia il suo dovere perché dovrebbe sedurre un altro uomo».
Come ha trattato musicalmente le voci dei protagonisti?
«Bene, questa è probabilmente l' opera più italiana che io abbia mai composta perché le voci sono al centro del mio interesse di compositore, così ho cercato di far sentire la voce di Alicia che ha molte facce: si tratta di un ruolo molto complesso con diversi tipi di situazioni. Così ho voluto che fosse un'opera ricchissima per le voci. E la stessa cosa con Develin: un ruolo importante di baritono. Nell'ultimo atto, ha una lunga, lunghissima serie di situazioni (11 di fila). Penso che siano quasi 15 minuti nei quali ho usato uno spettro di voci ampio, variegato ed articolato: voci molto eroiche, forti, molto tragiche, molto intime... un grande varietà di quello che si può fare con la voce».
Perché comporre un'opera per Nina Stemme?
«Beh, è una ragione evidente: è una delle grandi voci del nostro tempo. La conosco da anni. Ho scritto un ciclo di canzoni per lei ed un altro cantante svedese 15 anni fa. Ha una voce grande e bella, l'ho sentita cantare Isolde al Covent Garden. Penso che abbia molti tratti particolari nella voce: ho voluto mostrarli al mondo».
Ha composto un ruolo "virtuosistico" per lei?
«Non è il virtuosismo di coloratura: piuttosto il virtuosismo frutto di una varietà di situazioni diverse che utilizzano la voce: sia le situazioni intime sia tutti gli strumenti della voce di un grande soprano drammatico sia nella parte bassa del registro che nella parte alta del registro».
Come descriverebbe musicalmente Notorious?
«Quello che volevo veramente fare anche in questa opera era mostrare una ricchezza di colori e che le voci sono la cosa principale nell'opera. L'orchestra mette tutto ciò che è nelle voci in un suono orchestrale. Ma sono soprattutto le voci e le diverse arie a comporre l'opera. Ci sono infatti tipi di musica estremamente vari. Non sono la persona che ha un solo stile. È piuttosto simile a un ventaglio di colori: utilizzo sia gli effetti tonali che gruppi di effetti. Utilizzo tutti gli effetti che ho a disposizione come compositore, soprattutto come compositore vocale perché vedo me stesso compositore d'opera».
L'opera è morta, si sente spesso dire. Al contrario ci sono molti compositori che la frequentano. Qual'è la tua opinione?
«La mia generazione ha sentito per tutta la vita dire che l'opera è morta. Dico che non c'è nulla di più sbagliato che mai tante opere sono state scritte come in questi anni! Ho studenti che vogliono fare opera. Sono più interessati ora all'opera di quanto non lo fossero prima. Anche molte persone, che non hanno mai sentito parlare di lirica, voglio fare l' opera... le persone più drammatiche sono interessate nel dramma: vogliono fare opera! Abbiamo molti progetti qui in Svezia dove drammaturghi e compositori scrivono opera. Quando iniziai alla fine degli anni '70, il direttore del Teatro dell'Opera di Stoccolma, mi disse: "Oh, è meraviglioso! Qualcuno vuole scrivere un'opera". Invece ora quando si propone una nuova composizione ad un teatro: "Mi dispiace: abbiamo già tante altre opere che dobbiamo mettere in scena...!". Quindi è pieno di persone che fanno opera. E in Svezia fanno opere in estate in campagna, in città ... fanno opera su tutto e trasportano qualsiasi soggetto nell'opera, così l'opera è più viva che mai! Mi spingerei anche più lontano affermando che il futuro della lirica sarà brillante e luminoso, per le cose dette poc'anzi: con l'opera si va dritti nella testa delle persone!».