Orfeo nel metrò – regia di Luigi De Angelis, Hernán Schvartzman direzione, e costumi di Chiara Lagani – è una produzione “Young Barocco” che nasce dalla collaborazione con la Civica Scuola di Musica “Claudio Abbado” di Milano, nell'ambito del Monteverdi Festival 2019.
Monteverdi Festival 2019, un cartellone di contrasti
Un cast di giovani artisti, selezionato tra gli ottanta studenti ed ex studenti di Canto rinascimentale e barocco dei Conservatori italiani, che hanno preso parte alle selezioni per il progetto. Uno spettacolo contemporaneo, dall’alto valore formativo, che vede inoltre la partecipazione degli studenti del Liceo Artistico Stradivari di Cremona, nella realizzazione della scenografia.
Luigi De Angelis, giovane regista italiano-belga, racconta il suo nuovo allestimento (dopo l'inaugurazione del 2 maggio, repliche fino al 4)
Come nasce l’idea dell’Orfeo metropolitano?
«Nasce da una mia esperienza vissuta anni fa in uno dei miei viaggi in Argentina. Mi aveva molto colpito la dimensione popolare dei treni. Come uno dei moltissimi lavoratori, che ogni giorno partivano dalle periferie per raggiungere il centro di Buenos Aires, ho viaggiato su quei vagoni su cui si avvicendano venditori ambulanti. È come se il vagone si trasformasse in un palcoscenico per vendere la merce ma in un modo creativo e sempre teatrale. L’arte del canto piuttosto che della recitazione o del racconto, come mezzo per sedurre il viaggiatore-compratore. Allora perché non immaginare il viaggio di Orfeo agli inferi nel vagone di una metro, dove gli stessi spettatori sono viaggiatori insieme con Orfeo?».
Orfeo come un millennial?
«Assolutamente. Orfeo è una storia del quotidiano. In un mondo sempre più robotico che tende a congelare le emozioni, il suo è un viaggio iniziatico, nel profondo emozionale. Attraversa le fasi dell’innamoramento, della perdita, della reazione e rielaborazione del dolore».
Parliamo della scenografia…
«Grazie alle maestranze del Ponchielli abbiamo ricostruito un vagone metropolitano di dimensioni reali, sul palcoscenico. Gli studenti del Liceo Artistico di Cremona, ispirandosi alla metro di New York, hanno poi realizzato i graffiti per il vagone. Sui finestrini verrà proiettata la realtà del viaggio, del fuori. Lunghi piano-sequenza realizzati dal video maker Andrea Argentieri».
Uno spettacolo per un piccolo numero di spettatori?
«Centoventi/centocinquanta al massimo».
Come farci stare tutti?
«Sono previste quattro repliche e una generale aperta al pubblico».
E gli strumentisti?
«Saranno in fondo al vagone. Loro di fatto sono la band di Orfeo. Anche in questo caso c’è un riferimento a quell’Argentina di cui dicevo. Mi è capitato, un giorno, di viaggiare in un vagone pieno di musicisti. Per tutto il viaggio è stato un’ora e mezza di musica! Chi suonava, chi ballava...».
Nel tuo allestimento il pubblico è un tutt’uno con la scenografia…
«Lo spettatore si troverà a pochi centimetri dai cantanti. Sarà come essere al cinema dove i primi piani ci avvicinano le emozioni. Con i cantanti è stato fatto un grande lavoro sul dettaglio sentimentale, sulla precisione iperrealistica dello stare sulla scena. Abbiamo provato in un contesto reale, sui tram e in metropolitana di Milano. Il tram, in quanto mondo “supero”, la metro, la discesa agli inferi. Volevo che gli artisti cantassero e provassero le scene viaggiando tra la gente comune, ignara di ciò che avremo fatto. È stata un’esperienza molto forte. Siamo arrivati fino a Lorenteggio, fino al Cimitero monumentale e poi abbiamo preso la Lilla – la linea 5 della metro – fino a San Siro. Molti viaggiatori si sono commossi. Altri filmavano… Un impatto crudo, così, senza protezioni né filtro di alcun tipo. Emozionante! Ecco, il valore aggiunto di questa esperienza sta nell’aver creato una verità empatica. Mi auguro che sorprenda il pubblico come ha sorpreso me!».