Il ricordo è ancora nitido. Settembre 2000, Ruvo di Puglia, Talos Festival. Cecil Taylor Italian Instabile Orchestra l’evento. Dopo l’emozione del concerto, nel palazzetto dello sport gran parte del pubblico invade lo spazio dell’orchestra. Tutti sbirciano, fotografano, ammirano sorpresi le partiture del pianista afroamericano: vere opere d’arte grafica.
Molti compositori contemporanei usano segni non convenzionali, simbologie grafiche più o meo pentagrammate come rappresentazione sonora che, al di là della complessa valutazione musicologica, assumono anche un proprio autonomo valore estetico. Su questo fronte Sylvano Bussotti (Firenze, 1931) vanta pochi rivali. L’anno scorso scoprimmo a Firenze, oltre alla fascinazione dell’ascolto – nella programmazione “Maggio Elettrico” di Tempo Reale – le sontuose partiture di Autotono e Lacrimae. Oggi con l’opera Grandi Numeri (2010), uscita su cd per Ars Publica, la sorpresa è sempre la stessa. Il segno che si trasforma in notazione musicale, visione di un suono. Non solo, al compositore toscano è stata anche dedicata in marzo una mostra presso lo spazio M4A di Milano, Sylvano Bussotti Miniaturista, curata dal musicista Sergio Armaroli, coinvolto anche nel cd. Segni inequivocabili di un costante interesse e attenzione verso l'opera di Bussotti.
Sfogliando il catalogo della mostra, che comprende anche le splendide Opere su carta (1947/1949), scorrendo le tredici tavole di china e colori a cera (numerate da 0 a 12) di Grandi Numeri durante l’ascolto si percepisce non solo il forte il legame con l’aspetto musicale, ma si vive anche un coinvolgente sdoppiamento sensoriale visivo/uditivo. Bussotti nasce pittore, più precisamente miniaturista, solo più tardi ci sarà la musica. Come nei disegni il segno è preciso, leggero, in una sapiente regia di collocazione degli elementi nello spazio. Graficamente semplici, quasi giocosi, nelle tredici icone i grandi numeri stanno in sottofondo, lievemente accennati. In primo piano parole, poesia, lampi di pentagramma svolazzanti, pochi colori, la luna, stringate indicazioni per i musicisti. Dentro sono evidenziate, vengono esaltate tutte le coordinate filosofiche di Bussotti: dal rigore della serie dodecafonica all’alea, da tentazione classiche a una ampia libertà interpretativa per gli esecutori. Tutto firmato BOB (Bussottioperaballet), singolare sigla autocelebrativa con la quale l’autore rappresenta da sempre ogni propria creazione scenica.
Sotto il nome di ImprovvisoFantasia, che connota perfettamente il loro spirito aperto di curiosi sperimentatori, si celano gli esecutori di Grandi Numeri: Manuela Galizia (voce), Giuseppe Giuliano (pianoforte), Francesca Gemmo (pianoforte), Giancarlo Schiaffini (trombone), Michele Mazzini (clarinetto), Sergio Armaroli (percussioni), Enzo Porta (violino), che in solitudine o incrociandosi in ensemble variabili, dialogando tra loro, più che eseguire, interpretano, danno vita a uno scenario pulsante, una performance dove suoni, silenzi e parole si muovono in una spiccata teatralità. Un ensemble che accetta la sfida degli spazi liberi o di tracce appena suggerite che l’autore dona loro. Lo fa con maestria, misura, senso creativo ma anche con una aderenza condivisa verso un autore complesso e molteplice, dalla frenetica inventiva come Bussotti.
Grandi Numeri: tredici brevi scenari dove il compositore fiorentino ci provoca. Ci ammalia con i romanticismi di “Quattro: pro Sa (d’Art) da un pianoforte lontano” sporcato sullo sfondo da un violino inquieto e distorto. Ci stordisce con l’attacco free-jazz di “Tre: paesaggio” che prosegue poi in nome di un astrattismo cangiante. Ci affascina con i quasi silenzi feldmaniani, il puntillismo di “Zero: (al mio) Pianoforte/la serie” per farci godere con “Dieci: anche (a 4) Pianoforti/Tutti”, che evoca il teatro sonoro beriano, dove tutto l’ensemble coinvolto si muove come costretto dentro uno spazio angusto. Ogni strumento lancia un messaggio, un segno di esistenza che, impastandosi in una trama densa, costruisce un disordine eccitante.
Compositore, musicista, regista teatrale e cinematografico, attore, scenografo, costumista, romanziere, poeta, pittore. Il catalogo citato ci ricorda eclettismo e poliedricità di Sylvano Bussotti. Ma non dobbiamo commettere l’errore di pensare a più Bussotti. Tutti quei percorsi, sempre originali, provocatori e contro ogni convenzione, fanno parte del lungo cammino di un artista che nella ricerca spasmodica della bellezza si mette in gioco totalmente, rischiando su più terreni, con ironia, eccentrica ambiguità, virtuosismi, spiazzandoci sempre con una potenza visionaria mai scemata nel tempo.