Centocinquanta iniziative in quarantasei luoghi diversi. Sono i numeri della seconda edizione di ArtCity, un ampio progetto organico realizzato dal Polo Museale del Lazio a partire dallo scorso mese di giugno, articolato su diverse rassegne che hanno trovato spazio in varie sedi di Roma e dell’intera regione. Una ampia programmazione all’interno della quale eventi legati alla musica, all’arte, al teatro, alla fotografia, ma anche speciali visite guidate e proposte dedicate ai bambini, hanno avuto l’obiettivo di avvicinare un ampio pubblico a questi luoghi d’elezione dell’arte che sono le non poche sedi museali della regione Lazio.
Alcune delle iniziative si protrarranno fino al mese di novembre – tra le quali una mostra fotografica al Vittoriano con documenti provenienti dal Royal Institute of British Architects e una mostra dedicata al mondo delle armi nelle collezioni di Castel Sant’Angelo e Palazzo Venezia – ma sono ormai archiviate le rassegne musicali che si sono svolte, da giugno a settembre, a Roma e in diverse località del Lazio, come Viterbo, Caprarola, Veroli, Tuscania e Palestrina.
Chiediamo a Edith Gabrielli, Direttrice del polo Museale del Lazio, se è possibile tirare un primo bilancio sulla manifestazione di quest’anno.
«Rispetto alla scorsa edizione di ArtCity, quest’anno la manifestazione è iniziata un po’ più tardi e finirà il prossimo 11 novembre, perché abbiamo una serie di ulteriori appuntamenti, in particolare alcune mostre, che proseguiranno per tutto ottobre e si concluderanno appunto a novembre. Con l’appuntamento dello scorso 13 settembre – in cui a Castel Sant’Angelo è stata presentata una spinetta cinquecentesca facente parte della collezione, appena restaurata – si è chiusa comunque quella fase della programmazione che andava sotto il nome di Sere d’arte, una rassegna di musica curata da Cristina Farnetti».
«Per poter fare un bilancio completo di questa edizione dobbiamo certo aspettare il prossimo mese di novembre, i numeri vanno letti sempre a iniziative concluse, ma i dati che già abbiamo sono molto positivi e con un numero di presenze superiore a settecentomila già è stato superato il risultato della prima edizione. Secondo me quello che è ancora più importante degli stessi numeri è, in primo luogo, il rapporto che si è sviluppato con i territori, in particolare con le amministrazioni locali, l’obiettivo di questa seconda edizione era di essere capillarmente in ogni località del Lazio in cui il Polo Museale avesse una propria struttura, avviando una sempre più stretta collaborazione con le comunità locali. Da questo punto di vista c’è stato un vero salto di qualità, il che è motivo di grande soddisfazione perché il mio obiettivo è quello di valorizzare Roma, ma insieme anche tutta la regione. Roma non deve essere il centro che assorbe tutte le energie bensì il traino per il Lazio. Un secondo dato importante da evidenziare è che questi risultati di pubblico li abbiamo raggiunti facendo un investimento coraggioso sulla qualità, sia artistica che scientifica. ArtCity ha voluto mantenere tre caratteristiche contemporaneamente: il rispetto del luogo, dal momento che questo progetto nasce per i musei; l’iniziativa pensata su misura, non volendo ridurre il museo a una semplice ‘location’; la qualità dell’iniziativa».
Dal punto di vista della valorizzazione dei beni contenuti in questi musei possiamo dire che il restauro della spinetta ha rappresentato un importante risultato?
«È stato di certo un bel momento. Ho improntato infatti tutta la politica culturale del Polo Museale avendo cura che le manifestazioni temporanee, dalle mostre ai concerti, agli spettacoli di teatro, si ponessero come primo obiettivo quello di riportare l’attenzione sia verso i contenitori, ovvero gli edifici monumentali, sia verso il contenuto, cioè le collezioni. Questo restauro si inserisce proprio in questo discorso di valorizzazione della straordinaria collezione di strumenti musicali che sono in dotazione del Polo. La scelta di affrontare un restauro che consentisse nuovamente alla spinetta di suonare è di conseguenza piuttosto emblematica. Il concerto poi con cui è stata presentato lo strumento al pubblico non rappresenta una conclusione ma penso possa essere il punto di partenza per un impegno ancora più forte nei confronti delle collezioni in dotazione al polo, non ultime quelle di strumenti musicali».
Ci può ricordare quali sono queste collezioni?
«All’interno di Castel Sant’Angelo ci sono altri due strumenti a tastiera, un fortepiano già visibile nelle stanze e un’altro che sarà pronto nella primavera del 2019. Ma naturalmente abbiamo anche la collezione del Museo degli strumenti musicali, sulla quale la mia attenzione sarà sempre ai massimi livelli, visto che si tratta di un notevole patrimonio».
Che indicazioni sono venute da questa seconda edizione di ArtCity, di cui far tesoro per il futuro?
«L’informazione più importante ricevuta credo sia che c’è una grandissima voglia di qualità, da parte del pubblico romano e laziale. Teniamo presente che molte di queste iniziative hanno intercettato, specie durante l’estate, l’attenzione di turisti che vengono in visita, per i quali ascoltare, per esempio, un concerto di musica antica all’interno di Castel Sant’Angelo rappresenta un’esperienza così straordinaria che la ricorderanno per tutta la vita. Ma credo appunto sia molto importante il pubblico "interno", cerco di basare l’intera programmazione su una funzione sociale del museo e l’obiettivo primario resta sempre quello di portarvi le persone che non ne hanno mai varcato l’ingresso, attirate magari da iniziative che sono loro più familiari, in modo da convincerle a ritornare. Vorrei che il museo diventi non un luogo in cui andare un’unica volta bensì l’occasione per esperienze sempre nuove. Per questo stiamo lavorando anche su una sorta di ArtCity invernale, con una serie di iniziative che, dopo l’esperienza estiva, vada a coprire l’intero anno. Ma naturalmente una simile programmazione richiede un lavoro di mesi e mesi, la sfida è complessa ma i risultati mi spingono ad andare avanti. Sempre avendo in mente l’immagine del gigante con le mani da orologiaio a me cara: il polo museale è una struttura gigantesca, parliamo di circa quattordici milioni di visitatori all’anno, ma la sfida è di avere le mani attente di un orologiaio nel creare occasioni che tengano conto di tutte le peculiarità dei luoghi e del pubblico».
Dalle mani dell’orologiaio a quelle del restauratore, per entrare nei dettagli del lavoro che ha "riportato in vita" la spinetta cinquecentesca. Ne parliamo con Marco Barletta, che si è occupato di questa complessa operazione.
«È veramente raro trovare uno strumento così antico nelle condizioni in cui è stata trovata la spinetta: la tastiera originale, molto bella peraltro, la tavola armonica originale, caviglie originali, saltarelli non originali ma presumibilmente settecenteschi. Una base di partenza eccellente dunque, considerato che gli interventi effettuati in passato sono stati abbastanza rispettosi dello strumento, non lo hanno snaturato con modifiche strutturali. Prima di iniziare il restauro – per il quale mi sono avvalso della consulenza di Andrea Restelli – lo strumento è stato sottoposto sia a radiografie che alla TAC, per esaminarne le condizioni interne senza doverlo aprire, cosa che è stata effettuata in passato e che oggi avrebbe stressato uno strumento così leggero. Queste indagini hanno permesso di evidenziare la necessità di un intervento per eliminare i danni provocati dai tarli. Poi lo strumento è stato consolidato e, dopo aver messo nuove corde, nuovamente intonato, accordato, ottenendo, vorrei sottolinearlo, uno strumento molto stabile, sonoro, equilibrato in tutta sua estensione. Posso dire di aver effettuato un restauro in modo pienamente rispettoso dello strumento ma mettendolo in grado di poter essere di nuovo suonato e ascoltato dal pubblico di oggi».