Arsmondo porta il Giappone a Strasburgo

L’Opéra national du Rhin presenta un festival dedicato alla musica giapponese, con l’opera Il padiglione d’oro di Toshiro Mayuzumi dal romanzo di Mishima

Arsmondo porta il Giappone a Strasburgo
Amon Miyamoto durante le prove del Padiglione d'oro (foto di Klara Beck)
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In marzo a Strasburgo si parla giapponese: è l’effetto di Arsmondo, il nuovo festival multidisciplinare messo in piedi dall’Opéra National di Rhin e fortemente voluto dalla sua neo-direttrice generale Eva Kleinitz, che in ogni primavera porterà nel capoluogo alsaziano la cultura e la musica di un nuovo paese. L’iniziativa, nelle parole di Eva Kleinitz, «ha per obiettivo presentare al pubblico artisti e creazioni che esprimano questa apertura verso altri luoghi con dei dialoghi appassionanti fra storie e culture».

Per la prima edizione, la scelta è caduta sul paese del sol levante. «Il Giappone si è imposto per questa prima edizione per la straordinaria ricchezza della sua cultura» spiega Eva Kleinitz. «Per oltre un mese, il pubblico avrà la possibilità di scoprire non soltanto l’opera Il padiglione d’oro di Toshiro Mayuzumi e musiche di compositori giapponesi, ma anche una mostra e conferenze su Yukio Mishima, un convegno dedicato allo scrittore Haruki Murakami e un altro dedicato alla traduzione e al passaggio di un’opera da una tradizione a un’altra, una rassegna cinematografica che sottolinea il posto di rilievo che da decenni occupa la cinematografia giapponese, un film muto con l’accompagnamento musicale scritto da una grande compositrice, incontri sulla filosofia e la storia, e varie attività destinate al pubblico più giovane».

Piatto forte del festival sarà dunque un’opera, non soltanto perché il festival nasce per iniziativa di un’organizzazione lirica, ma anche perché, nelle parole di Eva Kleinitz, «l’opera, arte multidisciplinare per eccellenza, dialoga con tutte le forme d’espressione artistica contemporanee e si nutre dei riflessi che sviluppano le scienze umane. D’altra parte, questa forma artistica profondamente ancorata nella cultura europea deve intessere, nel XXI secolo, relazioni nuove con culture la cui importanza non ha nulla da invidiare alla nostra».

Quella presentata sulla scena dell’Opéra di Strasburgo dal prossimo 21 marzo non sarà una creazione ma un interessante recupero, per la prima volta su una scena francese dopo la prima assoluta alla Deutsche Oper di Berlino il 23 giugno 1976. Si tratta di Kinkakuji (Il padiglione d’oro) del compositore Toshiro Mayuzumi. «Come Leonard Bernstein, anche Mayuzumi aveva una trasmissione televisiva dedicata alla musica. Molti della mia generazione o di quella dei miei genitori lo conobbero così, ma per i più giovani è diverso», ricorda Amon Miyamoto, regista del nuovo allestimento in coproduzione con la Fondazione della Tokyo Nikikai Opera, che riprenderà lo spettacolo nella capitale giapponese il prossimo anno.

Molto noto nel suo paese ma attivo sulle scene internazionali, il sessantenne Miyamoto si è misurato con vari generi dalla prosa, al tradizionale kabuki, all’opera e musical. Soprattutto nutre una vera passione fin dall’adolescenza per l’universo poetico di Yukio Mishima, dal cui romanzo Il padiglione d’oro è tratta l’opera di Mayuzumi. «Mayuzumi è stato un precursore in Giappone. Ha provato molte cose, in particolare di far conoscere la cultura giapponese nel mondo come con quest’opera andata in scena per la prima volta a Berlino. Non ha avuto la stessa notorietà di Toru Takemitsu, ma con lui ha un punto in comune: hanno entrambi composto musiche da film in Giappone fra le più interessanti nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta». 

Combinazione perfetta dell’incontro fra la tradizione giapponese e quella europea, Toshiro Mayuzumi, scomparso nel 1997 a 68 anni, si forma a Tokyo negli anni del secondo dopoguerra. Fra i suoi maestri c’è anche Fumio Hayasaka, compositore molto proiettato al futuro e autore di numerose colonne sonore per Akira Kurosawa e Kenji Mizoguchi. Grazie a lui, più tardi a Mayuzumi si apriranno le porte del cinema. Negli anni Cinquanta si trasferisce in Europa, a Parigi al Conservatoire national supérieur de musique nella classe di composizione di Tony Aubin, e viene a contatto con i lavori di Olivier Messiaen, di Pierre Boulez e soprattutto di Edgar Varèse. Si entusiasma anche per le sperimentazioni più avanzate dalla musica seriale, alla musica concreta alle performance di John Cage, ma apprezza anche le composizioni di Igor Stravinskij. Tornato in patria, si riavvicina alla musica tradizionale del suo paese, cercando un linguaggio che combini quei due mondi così lontani. «Mayuzumi riesce a ricreare un mondo musicale proto-giapponese con un’orchestra occidentale», sostiene Paul Daniel, il direttore della nuova produzione strasburghese. «Per me è uno degli aspetti essenziali di questa partitura: il modo in cui Mayuzumi adatta il suo linguaggio musicale al suono di un’orchestra sinfonica occidentale e, parallelamente, veicola l’orchestra occidentale verso il proprio mondo musicale». 

Una difficile alchimia, ma che, secondo il direttore britannico, nel Padiglione d’oro si realizza compiutamente: «Questo lavoro come altre opere maggiori che l’hanno preceduto – la Sinfonia Nirvana o il balletto Bungaku composto per George Balanchine – spalancano le porte della propria cultura giapponese e invitano suoni e gesti occidentali a entrarci. Tutto questo non ha niente a che vedere con un pasticcio: si tratta piuttosto di una sintesi. In questo senso, penso al modo in cui Debussy aprì la sua musica ai suoni del gamelan giavanese o alla scoperta da parte di Benjamin Britten di musica e tradizioni del teatro nel corso di una visita in Giappone nel 1955 e di quanto questo mondo fosse prossimo ai propri gusti culturali».

Per Paul Daniel l’incontro con la partitura di Mayuzumi è stato un vero e proprio “pugno allo stomaco” e confessa di essere stato sopraffatto per la potenza e l’intensità della sua musica: «Conosciamo e ammiriamo la meravigliosa musica del suo amico Takemitsu, ma questa "montagna russa" di Mayuzumi? Mi ha colpito lo stile verità innervato da una musica sostenuta da possenti gesti orchestrali – niente a che vedere con Takemitsu. E poi ho scoperto l’immensa influenza che esercita Mayuzumi nelle sfere musicali giapponesi e occidentali. È un mondo affascinante da scoprire».

Impressioni condivise anche da Amon Miyamoto: «La musica di Mayuzumi è molto potente. Quel che mi sembra molto riuscito in quest’opera è la metamorfosi di un romanzo introspettivo in un’opera per la scena grazie al ruolo assegnato al coro. Come nelle tragedie greche, il coro ha una grande importanza. È l’espressione delle riflessioni intime. È la caratteristica dell’opera di Mayuzumi che mi hanno portato a fare della scena, delle scenografie, un paesaggio mentale». Il protagonista Mizoguchi è un adolescente solitario, convinto della sua bruttezza e tormentato da dubbi esistenziali. Il padiglione d’oro di Kyoto è il simbolo della bellezza, che ossessiona giorni e notti di Mizoguchi fin da quando ne ha sentito parlare dal padre. Quando lo vede, Mizoguchi pensa di non essere all’altezza di quella bellezza. E, vittima del suo disagio o della sua follia, non troverà altre soluzioni che distruggere con il fuoco quell’oggetto di venerazione per il padre. «Mayuzumi ha espresso in profondità la confusione intima del protagonista Mizoguchi attraverso un ritmo e di un’energia che mi fanno pensare a Stravinskij», secondo Miyamoto. «Quel procedere a tentoni di Mizoguchi per trovare il senso della vita è descritto dalla musica, come la sua rabbia contro il suo maestro e la società. Ci sono anche dei momenti di calma, più spirituali, come quello di Uiko, della cerimonia del tè... E ci sono contrasti molto marcati che riflettono i diversi stati psicologici di Mizoguchi».

La ripresa dell’opera di Mayuzumi sarà anche l’occasione per Arsmondo per una rievocazione della personalità controversa di Yukio Mishima, il cui suicidio nel 1970, come ricorda «fu un vero cataclisma in Giappone. Mishima era diventato un fenomeno sociale. I miei genitori mi proibivano di leggerlo sostenendo che Mishima fosse pericoloso». Nella mostra Mishima e il Padiglione d’oro, organizzata dalla Biblioteca universitaria e studentesca in collaborazione con il Dipartimento di studi giapponesi dell’Università di Strasburgo, attraverso un percorso in tre tappe i visitatori potranno scoprire la vita di Mishima nel contesto del Giappone del dopoguerra, la storia del padiglione d’oro, un monumento emblematico del Giappone eterno, e il posto che occupa nell’opera di Mishima, e infine i vari adattamenti del romanzo per il cinema e per il teatro.

«Mishima ha studiato in profondità la filosofia occidentale appassionandosi al pensiero, allo spirito e alla storia del Giappone. Se lo si è letto molto in Europa, è senza dubbio per il suo pensiero, logico e razionale, che lo distingueva da molti altri scrittori giapponesi», dice Miyamoto. «Mishima è il primo scrittore giapponese che ha proiettato la letteratura giapponese nel mondo e allo stesso tempo era lo scrittore più eccentrico, il meno rappresentativo degli stereotipi legati al paese. Nella sua estetica si incontrano il più brutto e il più bello ma il bello non si può scindere dal brutto. L’essere umano porta in sé questi due poli apparentemente contraddittori ma entrambi essenziali».

Pescando fra gli appuntamenti musicali più interessanti, il 23 marzo alla Salle Bastide dell’Opéra di Strasburgo il regista e attore Stanislas Nordey leggerà estratti del romanzo di Mishima sulle musiche di Hans Zender e dei giapponesi Toshiro Mayuzumi, Joji Yuasa, Toshio Hosokawa e Toru Takemitsu eseguite dall’Ensemble Saito. Ed ancora il ciclo Nipponari di Bohuslav Martinů ed estratti dell’opera di Mayuzumi saranno al centro dello spettacolo con il soprano Laurence Hunckler-El Moncef, la danzatrice Ivanka Moizan, la pianista Vérène Rimlinger, il fisarmonicista Philippe Borecek e percussionista Cyrille Lecoq alle pehang, daiko et percussion) e con le luci e le proiezioni di Pascal Rechtenstein alla Salle Ponnelle dell’Opéra il 25 marzo. Una panoramica della produzione musicale contemporanea verrà offerta nei due concerti in cartellone il 24 marzo con l’Ensemble HANATSU, che presenterà pezzi da camera di Joji Yuasa, Malika Kishino e Kenji Sakai, e il 28 marzo con l’Ensemble Linea diretto da Jean-Philippe Wurtz che presenta composizioni di Toshio Hosokawa, Misato Mochizuki, Toru Takemitsu. Infine, il 25 marzo i giovani cantanti dell’Opéra Studio dell’Opéra national du Rhin saranno impegnati in un programma che mette insieme melodie tradizionali giapponesi, il duetto dei fiori dalla Madama Butterfly, una scena di Hanjo de Toshio Hosokawa e ancora un’aria dal Padiglione d’oro.

Insomma un viaggio che Eva Kleinitz si augura «piacevole e appassionante: la ricchezza del dialogo fra Giappone e Europa vi aspetta a Strasburgo».

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