Strumentista versatile e musicista poliedrico, in proprio (Calibro 35, The Winstons, Mariposa, Der Maurer) o per conto terzi (un’infinità, dagli Afterhours a PJ Harvey), Enrico Gabrielli è altresì discografico da quando, nel dicembre 2016, ha dato vita con Sebastiano De Gennaro e Francesco Fusaro all’etichetta 19’40” (ce ne siamo occupati, ad esempio, qui e qui)
– Leggi anche: Holst verso il futuro con 19'40''
Prendendo a pretesto la recente pubblicazione del quattordicesimo titolo in catalogo, Ghosts Goblins Ghouls, rielaborazione in chiave cameristica di musiche da videogiochi anni Ottanta, abbiamo dialogato con lui sull’argomento.
Nonostante la tua formazione accademica al conservatorio di Milano, ciò che producete con 19’40” viene definito “anti-classica”: perché?
«È uno di quei termini che uno s’inventa all’inizio di un percorso, come quello di un’etichetta discografica, gettandolo in pasto agli altri senza darne una descrizione precisa, in modo che ognuno possa interpretarlo come meglio crede: poi ti rimane appiccicato addosso e non se ne va più via. In partenza voleva essere una dichiarazione in aperta polemica con l’istituzione: una collana di musica classica contro l’egemonia colta. In seguito ha preso però una piega diversa, intendendo “anti” come precedente, dunque una serie discografica di futura musica classica: l’accezione più interessante, secondo me».
«“anti” come precedente, dunque una serie discografica di futura musica classica: l’accezione più interessante, secondo me».
Che cosa ti ha portato a lavorare con Sebastiano De Gennaro e Francesco Fusaro?
«Avevo conosciuto Sebastiano attraverso Giorgio Prette, batterista negli Afterhours, dove allora suonavo anch’io: ci capitò di fare un concerto insieme al Leoncavallo di Milano e fra noi si creò istantaneamente una fratellanza. In comune avevamo una formazione classica e l’attività nella scena del rock alternativo: quell’incontro ci diede lo slancio per riaffacciarsi nella musica contemporanea, che a lungo avevamo evitato per la difficoltà del contesto, un habitat simile a quello della ricerca scientifica sperimentale, segnato sovente da incompatibilità personali. In Francesco Fusaro mi sono imbattuto invece nella sua veste di giornalista: mi fece una lunga intervista e fui colpito dall’acume del personaggio, musicologo di formazione, discografico con l’etichetta MFZ Records e conduttore sulla web radio londinese NTS di “Tafelmuzik”, programma nel quale mixa brani di classica come farebbe un DJ di dance. È stato lui la scintilla che ha fatto espandere questa esperienza in senso collettivo: adesso lavoriamo con la social media manager Tina Lamorgese e Marcello Corti, insigne direttore d’orchestra, anche del nostro ensemble Esecutori di Metallo su Carta».
Ci spieghi la natura del nome cronometrico?
«Il 2012 era l’anno dedicato a John Cage e con Sebastiano pensammo, cageianamente, di celebrarlo nel 2013, pubblicando un disco in vinile con le nostre versioni di due composizioni del 1940, “Bacchanale” e “Dance Music for Elfrid Ide”: poiché volevamo che entrambi i lati durassero 19 minuti e 40 secondi, riflettendo i numeri dell’anno, aggiungemmo due nostre cover su misura di “4’33””. Ci è sembrato perfetto quando si è trattato di trovare un nome all’etichetta».
Visto il repertorio eclettico, dalla raccolta di cover del “math rock” italiano a Tierkreis di Stockhausen, ci spieghi quali sono i criteri con cui scegliete cosa inserire in catalogo?
«Di base ci occupiamo di musica scritta nel senso più ampio del termine, dunque niente improvvisazione o cose simili, e alterniamo tre generi di approccio. L’esecuzione di una partitura, tipo l’Histoire du Soldat di Stravinskij; la trascrizione, modificando cioè l’originale, ad esempio le musiche di Bernard Herrmann per la serie televisiva Ai confini della realtà; infine il sabotaggio, trasfigurando il materiale attraverso un tritacarne concettuale, come nel caso di Quadri di un’esposizione di Musorgskij, dove abbiamo considerato anche la versione “prog” di Emerson, Lake & Palmer. L’idea è di dare un colpo al cerchio, vale a dire il Novecento storico, e uno alla botte, ossia la contemporaneità».
«L’idea è di dare un colpo al cerchio, vale a dire il Novecento storico, e uno alla botte, ossia la contemporaneità».
Parliamo dell’ultima uscita, Ghosts Goblins Ghouls…
«Nell’autunno del 2018, durante la terza edizione del festival “ContempoRarities” al Santeria di Milano, presentammo “Arcade Music”: un programma che comprendeva 7 Stücke für drei Trautonium di Paul Hindemith, una selezione di Chino “Goia” Sornisi, ossia Rossini fatto al sintetizzatore, e la colonna sonora di Ghouls ’n Ghosts di Tim Follin. Avendo già trascritto quest’ultimo, ne abbiamo approfittato, completando il disco con le musiche di Ayako Mori per il primo episodio di Ghosts ’n Goblins. Il fatto è che tutt’e due siamo appassionati di videogiochi: io di quelli attuali, realtà virtuale inclusa, mentre Sebastiano sta più sul versante vintage degli arcade. Lui poi è addirittura programmatore, tant’è vero che prossimamente con 19’40” pubblicheremo un videogioco di sua ideazione, ovviamente in stile molto retrò».
Che dimensioni e caratteristiche ha il bacino dei vostri abbonati?
«Sono numeri elitari, ma grandi abbastanza da permetterci di sostenere i costi di produzione. Alcune uscite trainano la collana più di altre: ad esempio il Pinocchio di Fiorenzo Carpi con Francesco Bianconi voce recitante, mentre il volume su Bernard Herrmann è stato apprezzato molto in America e in Inghilterra. Nel flusso degli abbonati c’è ricambio fra chi esce e chi entra, benché già dal packaging seriale in bianco e nero la collana abbia un impianto unitario: nei nostri progetti, a collezione ultimata, i dorsi delle custodie dei cd comporranno la sequenza di tasti del pianoforte. All’inizio la maggior parte degli utenti derivava dalle nostre altre attività, Calibro 35 e Winstons nel mio caso, Baustelle in quello di Sebastiano, mentre negli ultimi tempi il target è diventato più variegato, con alcuni abbonati di estrazione colta».
Sul sito web dell’etichetta avete lanciato da poco una “Call for Scores”: di cosa si tratta?
«È una semplice ricerca di spartiti originali, cosa abbastanza tipica per un ensemble come il nostro: ci sono arrivate già un po’ di cose, di varia natura. Dalla selezione ricaveremo il materiale per uno dei prossimi volumi della collana».