Nicola Campogrande
100 brani di musica classica da ascoltare una volta nella vita
Bur Rizzoli, Milano 2018, pp. 256, euro 18.
Non ha paura di usare il termine “bello”, Nicola Campogrande, per spiegare come ha scelto 100 brani di musica classica da ascoltare una volta nella vita.
Non è una storia della musica, non è un canone come lo intenderebbe Harold Bloom, sono scelte personalissime dell’autore-compositore per conoscere brani dei quali «privarsi sarebbe un delitto». Allora non state a cercare chi c’è o chi non c’è, da Adams a Zelenka: Campogrande aiuta a rompere il ghiaccio con pagine note e meno note. Innanzitutto consiglia l’ascolto live, perché solo «uscendo di casa» potete provare «emozioni intense», ad esempio con Gesualdo; poi racconta con passione e soprattutto si mette in gioco con i suoi personalissimi giudizi.
Ecco allora le Quattro stagioni di Vivaldi troppo spesso fraintese, l’analisi delle suite di Bach (ahi, di Bach non ci sono le Goldberg, chiusa la parentesi personale), l’invenzione di neologismi («clarinettosa» per una pagina del Concerto per clarinetto di Mozart), l’analisi storica («È con la Terza sinfonia che Beethoven diventa Beethoven»), e anche i “cedimenti”, perché nell’introduzione Campogrande professa che non analizzerà nessun brano operistico, ma davanti al Preludio e morte di Isotta (considerato un brano sinfonico) e all’ouverture di Candide (definito musical e non opera) contravviene ai propositi dell’introduzione e racconta le emozioni di questi due brani (e concordiamo con la scelta).
Insomma, senza dogmatismi e con molta passione l’invito è ad andare ai concerti, perché «la musica classica va dunque immaginata come una serie di amici che ci raccontano qualcosa».