25 aprile in quarantena, con la (veramente magra) consolazione di una “Bella ciao” cantata dai balconi. Ma “Bella ciao” a parte, il repertorio della (e sulla) Resistenza italiana è pieno di canzoni bellissime che meritano di essere riascoltate, riscoperte e – magari – cantate.
Ne abbiamo scelte 10, per farvi festeggiare questo strano 25 aprile del 2020 con una scelta più originale di quella dei vostri vicini.
1. “Dante di Nanni”, Stormy Six
Uno dei brani più belli di quello che è probabilmente il disco più bello dedicato alla Resistenza, Un biglietto del tram degli Stormy Six, del 1975 (quello di “Stalingrado” e “La fabbrica”). Nel testo di Umberto Fiori il partigiano torinese Dante Di Nanni è il protagonista di un’epica potente, che si trasfigura e riappare – come uno spettro – nella contemporaneità.
«L’ho visto una mattina sulla metropolitana
che sanguinava forte, e sorrideva.
Su molte facce intorno c'era il dubbio e la stanchezza,
ma non su quella di Dante di Nanni».
2. “Guardali negli occhi”, CSI
“Guardali negli occhi” compare in Materiale resistente, l’album collettivo – prodotto dai Dischi del Mulo dei CSI – che nel 1995, in piena epoca berlusconiana, fece da ponte per molti canti della Resistenza passandoli a una nuova generazione. La canzone firmata dal Consorzio Suonatori Indipendenti è un centone rock di brani a tema, da “Per i morti di Reggio Emilia” a “Il bersagliere ha cento penne”. La versione più bella è però sicuramente quella del live Montesole del giugno 2001 (il disco è del 2003, in epoca PGR) rallentata e portata avanti da un piano elettrico, con Ginevra Di Marco a doppiare le salmodie di Ferretti.
«Mi ricordo la guerra d'Etiopia
La conquista di Addis Abeba
L'Albania, la guerra di Grecia».
3. “Dongo”, Cantacronache
Raccolta in Lombardia da Michele Straniero e Virgilio Savona, “Dongo” – dedicata alle ultime ore di Mussolini – entra nel repertorio di Fausto Amodei e del Cantacronache. Su una tipica melodia da cantastorie, il testo (di anonimo) ha almeno un paio di colpi di genio, soprattutto nei dettagli realistici delle descrizioni.
«Il tiranno portava un berretto
della fu guardia repubblichina
un cappotto color nocciolina
era un uomo finito di già».
4. “Siamo i ribelli della montagna”, Üstmamò
Il già citato Materiale resistente è un disco di alti e bassi: non tutti i brani hanno resistito alla prova del tempo. Tra quelli che, 25 anni dopo, ancora suonano potenti c’è sicuramente la versione del canto partigiano “Siamo i ribelli della montagna”, firmata dagli Üstmamò di Mara Redeghieri
«Siamo i ribelli della montagna
Viviam di stenti e di patimenti
Ma quella fede che ci accompagna
Sarà la legge dell'avvenir».
5. “La GAP”, Dario Fo
Un classico “finto popolare” firmato da Dario Fo, per lo spettacolo Vorrei morire stasera se dovessi pensare che non è servito a niente del 1970, che diventerà poi un classico del repertorio di Alberto Cesa e Cantovivo. Ascoltato oggi rimane potentissimo nella narrazione, per come ci sa ricordare che la Resistenza non fu un pranzo di gala.
«Pesce Giovanni spara, però prima gli grida: “È in nome del mio popolo, ingegnere, che ti ammazzo, con le tue guardie d'onor”»
6. “Sei minuti all’alba”, Enzo Jannacci
C’è lo zampino di Fo anche in questo brano del 1966 firmato (e cantato) da Enzo Jannacci in dialetto milanese. Non il brano migliore di Jannacci, che comunque – in quel “un pu’ d’educasion” – mostra tutto il suo genio di narratore surreale anche quando parla di partigiani fucilati.
«Nella cella accanto canten na cansun:
“Sì, ma non è il momento,
un pu' d’educasiun”.
Mi anca piangiarìa, il groppo è pronto già;
piangere, d'accordo, e perché mi han da fucilà».
7. “Su comunisti della capitale”, Canzoniere del Lazio
Quando nascesti tune del Canzoniere del Lazio, del 1973, rimane uno dei dischi più belli del folk revival italiano. “Su comunisti della capitale”, qui cantata dalla grande voce di Piero Brega, è un classico dei comunisti romani a tema Liberazione.
«Su comunisti della capitale
è giunto alfine il dì della riscossa
quando alzeremo sopra al Quirinale
Bandiera Rossa».
8. “Via Rasella”, Gabriella Ferri
Restiamo a Roma con “Via Rasella”, dal repertorio di Gabriella Ferri (che la incise solo nel 1997). La musica è di Ennio Morricone, che già si era occupato di Via Rasella per la colonna sonora del film del 1973 Rappresaglia.
«Via Rasella, Via Rasella, t'hanno mess’a pecorone
e t’hanno dato, t’hanno dato sur groppone».
9. “Fischia il vento”, Maria Carta
Scriveva l’anticomunista Beppe Fenoglio ne Il partigiano Johnny, a proposito di “Fischia il vento”: «Essi [i comunisti] hanno una canzone e basta. Noi ne abbiamo troppe e nessuna. Quella loro canzone è tremenda. È una vera e propria arma contro i fascisti che noi, dobbiamo ammettere, non abbiamo nella nostra armeria. Fa impazzire i fascisti, mi dicono, a solo sentirla. Se la cantasse un neonato l’ammazzerebbero col cannone». Delle molte versioni della canzone, scegliamo quella di Maria Carta, minimale ed epica come si addice all’inno non ufficiale delle brigate garibaldine.
«Ogni contrada è patria del ribelle,
ogni donna a lui dona un sospir,
nella notte lo guidano le stelle,
forte il cuor e il braccio nel colpir».
10. “Festa d’aprile”, De' Soda Sisters
Il brano firmato Franco Antonicelli mostra un lato ironico, brillante, del repertorio della Resistenza. Ne esistono infinite versioni: ne abbiamo scelta una recente, del trio toscano De’ Soda Sisters.
«Nera camicia nera, che noi abbiam lavata, non sei di marca buona, ti sei ritirata
si sa, la moda cambia quasi ogni mese, ora per il fascista s’addice il borghese».
Bonus: “Bella ciao”, Tom Waits e Marc Ribot
Sì, anni di Concertoni del Primo Maggio hanno reso “Bella ciao” assolutamente insopportabile ai più (e la recente comparsa in La casa di carta non ha aiutato). Poi, certo, arriva Marc Ribot, la trasforma in un valzerone-murder ballad e la fa cantare a Tom Waits. E che gli vuoi dire?
«This is the flower of the partisan
Who died for freedom».