Vitalità a Padova
Dave Douglas non seduce, ma ci pensa Charles Lloyd esalta Padova Jazz

Recensione
jazz
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Undici gruppi in sei giorni di programmazione, mostre fotografiche, conferenze: il Padova Jazz Festival conferma la sua vitalità, nella formula pensata da Claudio Fasoli e promossa dall’Associazione Miles. Molta musica italiana all’hotel Plaza, mentre le serate principali sono concentrate come al solito al teatro Verdi.
Non ha sedotto un gran pubblico il progetto “Keystone” di Dave Douglas, impegnato a sonorizzare il montaggio filmico di Bill Morrison “Spark of Being”. Come in altre occasioni simili, sembra che i linguaggi specifici di cinema e musica rimangano indipendenti e che lo spettatore fatichi a cogliere il rispecchiamento dell’uno nell’altra. Esecuzioni impeccabili, discreta interazione tra acustica ed elettronica.
Il New Quartet di Gary Burton ha proposto musica felpata, di rassicurante morbidezza. Felice il repertorio, con una sorprendente “In Your Own Quiet Place”, che Burton suonava con Jarrett una quarantina d’anni fa.
Il colpo d’ala è arrivato con Charles Lloyd, il cui quartetto è ormai ai vertici da anni. Jason Moran, Reuben Rogers, Eric Harland rimettono a nuovo il post-coltranismo di Lloyd, che recupera anche melodie folk e ritmi funk di notevole grazia. Due ore di musica vibrante, che uniscono lo spirito degli anni 60 ad una pacata serenità interiore, comunicata da Lloyd con grande generosità. Successo straordinario.
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