Verdi sacro per Chailly
Milano: l'inaugurazione della stagione sinfonica
Dopo la rassegna dei cori verdiani dello scorso giugno alla Scala (poi in tournée a Vienna, Amsterdam, Bruxelles, Parigi e altre piazze europee) Riccardo Chailly in apertura della stagione sinfonica del teatro ha proposto i Quattro pezzi sacri di Verdi, preceduti dalla Quarta di Schubert. La sinfonia ha avuto un'esecuzione limpidissima e vigorosa, che ha messo un po' in ombra i momenti di tenera intimità, privilegiando quelli più enfatici del compositore diciannovenne. Il risultato è stato comunque di grande impatto, sottolineando ancora una volta come l'appellativo Tragica poco si addica alla Quarta (a giustificarlo non sono di certo i quattro corni in organico, quando Schubert ne usava solo due, o la tonalità in do minore, la stessa della Quinta di Beethoven), quando a provarne la gioiosità prorompente basterebbe il minuetto o il febbrile ultimo movimento.
Il clou della serata sono stati tuttavia i quattro pezzi verdiani, che si ascoltano raramente e hanno goduto della assoluta solidità del coro diretto da Alberto Malazzi (solista Barbara Lavarian), che com'era prevedibile ha ribadito di essere uno dei pilastri della Scala. L'organico ha dato prova di un impressionante volume vocale pur conservando assoluta trasparenza fra le sezioni, come pure di sonorità quasi bisbigliate. Chailly ha dato una magistrale lettura a partire dalla "enigmatica" Ave Maria, esclusa dalla prima dei Pezzi sacri a Parigi nel 1898, ma è stato il Te Deum finale a riaprire l'antico dilemma sulla religiosità di Verdi. Questione che non intacca minimamente il valore delle composizioni e tutto sommato irrilevante, se non fosse che, per le dichiarazioni dello stesso compositore, il Te Deum non vuol essere un inno di ringraziamento, ma un'invocazione per chiedere perdono e misericordia. Perché, come già nel Requiem, è la paura della fine e dell'indefinito a tormentare il compositore. Il 7 dicembre comunque ascolteremo il Verdi anticlericale del Don Carlo, con Filippo II che licenzia il Grande Inquisitore con un "Non più, frate!", assai meno violento dell'originale "Tais-toi, prêtre!"
Da segnalare un incidente alle ultime battute: una corista si è sentita male e si è accasciata fra le colleghe, che poi l'hanno sorretta accompagnandola fuori durante gli applausi, che si sono protratti meritatamente a lungo per tutti.
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