Un’idea di libertà
Le storie quotidiane e universali di Kulakowski, ospite della Colours Jazz Orchestra all'Ancona Jazz Festival
Recensione
jazz
Capita tante volte di vedere il jazz associato al concetto di libertà. È successo anche all’Ancona Jazz Festival, venerdì scorso. Ma in gioco, questa volta, c’è un aspetto più profondo e insieme più lieve. Qualcosa che non si trova spesso sui libri di storia. E qui la storia c’entra eccome: l’occasione è l’anniversario della liberazione della città, il 18 luglio 1944, avvenuta anche grazie alle forze polacche. È proprio con la collaborazione tra istituzioni culturali italo-polacche che il concerto inaugurale del festival ha portato per la prima volta in Italia Leszew Kulakowski, uno dei più importanti musicisti della Polonia, qui in veste di direttore. A dare forma alle sue musiche, la Colours Jazz Orchestra di Massimo Morganti.
Lungo abito bianco e panciotto rosso fuoco, Kulakowski dimostra presto, sin dal “Tango Melango” di apertura, di essere non solo un ottimo compositore, ma anche uno spirito allegramente eclettico. Sul palco si muove tanto, batte il tempo con le mani, dirige con gesti ampi e scanzonati. Sembra voler letteralmente spingere la sua idea di suono verso i musicisti. E l’intero organico della Colours, impeccabile anche di fronte agli arrangiamenti più impegnativi, si fa contagiare in fretta. Risultato: una musica fresca e piena di guizzi sul palco e pubblico che batte le mani a tempo in platea. Quando Kulakowski si prende la briga di far andare a braccetto la dodecafonia e il blues in “From Schoenberg to B.B. King”, l’orchestra si trasforma in una specie di tetris sonoro, dove piccoli mattoncini di suono calano veloci al posto giusto, costruendo una piattaforma multicolor da cui prendono vita alcune delle improvvisazioni più fantasiose della serata.
A poco a poco l’idea di libertà che il musicista polacco ha in mente si fa più chiara: non ha solo a che fare con l’improvvisazione o la creatività. Ha a che fare con la vita quotidiana. Scrivere un pezzo sulle chiacchiere che si fanno a letto la mattina presto, ancora mezzo addormentati, è a suo modo una celebrazione divertita degli aspetti più quotidiani dell’essere liberi: il frizzante botta e risposta dei fiati che si sovrappongono e si rincorrono su una ritmica sempre più energica restituisce perfettamente l’idea di quel momento. Un brano dopo l’altro, l’orchestra schiera numerosi solisti di carattere, capaci di andare oltre le improvvisazioni e raccontare storie personali: spigolose o dirompenti, acide o liriche. Sembrano adattarsi totalmente all’intento del loro ospite. Kulakowski non cerca argomenti rivoluzionari, racconta storie semplici che diventano universali se guardate dall’ottica della libertà (o della sua assenza). Momenti fugaci – un’alba sul mare, una conversazione divertente – che non cambiano la storia, ma cambiano le giornate e, di riflesso, le persone che le vivono.
Lungo abito bianco e panciotto rosso fuoco, Kulakowski dimostra presto, sin dal “Tango Melango” di apertura, di essere non solo un ottimo compositore, ma anche uno spirito allegramente eclettico. Sul palco si muove tanto, batte il tempo con le mani, dirige con gesti ampi e scanzonati. Sembra voler letteralmente spingere la sua idea di suono verso i musicisti. E l’intero organico della Colours, impeccabile anche di fronte agli arrangiamenti più impegnativi, si fa contagiare in fretta. Risultato: una musica fresca e piena di guizzi sul palco e pubblico che batte le mani a tempo in platea. Quando Kulakowski si prende la briga di far andare a braccetto la dodecafonia e il blues in “From Schoenberg to B.B. King”, l’orchestra si trasforma in una specie di tetris sonoro, dove piccoli mattoncini di suono calano veloci al posto giusto, costruendo una piattaforma multicolor da cui prendono vita alcune delle improvvisazioni più fantasiose della serata.
A poco a poco l’idea di libertà che il musicista polacco ha in mente si fa più chiara: non ha solo a che fare con l’improvvisazione o la creatività. Ha a che fare con la vita quotidiana. Scrivere un pezzo sulle chiacchiere che si fanno a letto la mattina presto, ancora mezzo addormentati, è a suo modo una celebrazione divertita degli aspetti più quotidiani dell’essere liberi: il frizzante botta e risposta dei fiati che si sovrappongono e si rincorrono su una ritmica sempre più energica restituisce perfettamente l’idea di quel momento. Un brano dopo l’altro, l’orchestra schiera numerosi solisti di carattere, capaci di andare oltre le improvvisazioni e raccontare storie personali: spigolose o dirompenti, acide o liriche. Sembrano adattarsi totalmente all’intento del loro ospite. Kulakowski non cerca argomenti rivoluzionari, racconta storie semplici che diventano universali se guardate dall’ottica della libertà (o della sua assenza). Momenti fugaci – un’alba sul mare, una conversazione divertente – che non cambiano la storia, ma cambiano le giornate e, di riflesso, le persone che le vivono.
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