Una serata post-modern
Il riuscito interplay di Intermittenze Trio e le "buone intenzioni" di Ferdinando Faraò all'Ah-Um
Recensione
jazz
Il Teatro Sala Fontana ha il duplice pregio di essere molto accogliente e di avere un'ottima acustica, elementi non trascurabili che contribuiscono a rendere piacevole la serata musicale di venerdì 21 maggio. L’agenda dell’apprezzato Ah-Um Jazz Festival 2010 propone, in questa quinta giornata di suoni, due concerti. La prima formazione che calca le tavole del palco è Intermittenze Trio. L'elemento che connota il lavoro dei tre, ovvero Arrigo Cappelletti (pianoforte), Andrea Massaria (chitarra elettrica) e Nicola Stranieri (batteria e percussioni), è la volontà di muoversi in uno stesso ambito musicale - dove improvvisazione e rielaborazione stilistica arrivano a una sintesi “post-post modern” - e esprimersi in totale libertà, sforzandosi di corroborare l’interplay. La lunga intro di pianoforte che apre l’esibizione è una piccola scatola magica che decostruisce e riassembla – con piglio nervoso – gli stili di autori del passato più e meno remoto, come Thelonious Monk e Anthony Coleman. Cappelletti non si isola ma coinvolge Massaria e Stranieri. Quest’ultimo mostra maggior capacità di recepire indicazioni e stimoli del pianista. Massaria crea un incontro/scontro che aggiunge elementi di dialogo scanditi da velocissimi fraseggi. Il concerto è molto interessante e ricco di buone intuizioni. Meno riuscita, anzi sarebbe meglio dire irrisolta, la performance di Artchipel Orchestra. Il nutrito ensemble diretto dal batterista Ferdinando Faraò è animato dalle migliori intenzioni (di Faraò) e passa da orchestrazioni complesse a tributi alla musica popolare asiatica, dal cantautorato all’atonalità, mettendo molta carne al fuoco senza però amalgamare il tutto. Manca l’alchimia tra esecutori e compositore, ma si intuisce l’obiettivo, mentre il risultato viene raggiunto solo in parte.
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