Una Freni prodigiosa in un Oneghin di qualità
Un'eccellente edizione dell'opera di Cajkovskij, con un cast oggi difficilmente superabile, supportato da una direzione e un allestimento scenico che non demeritano
Recensione
classica
Dire che Mirella Freni è un prodigio non è certo una novità, ma non si può fare a meno di ripeterlo ancora una volta. Sembra impossibile che sia la voce d'una nonna, questa è ancora la voce d'una giovane (e che giovane!): duttile, piena, omogenea fin su negli acuti, con un timbro fresco, con fiati lunghissimi, senza un filo di vibrato, senza il minimo segno di stanchezza. Una voce così le permetterebbe di essere credibilissima nelle vesti della romantica adolescente di Cajkovskij, sognante, inquieta e impulsiva, ma le viene più spontaneo e naturale dare a Tatjana un carattere più riflessivo e maturo, quindi l'immedesimazione col personaggio è completa e perfetta soprattutto nell'ultimo atto. Per quanto prodigiosa sia la Freni, questo "Evgenij Oneghin" non è lo show d'una star, perché tutto il cast è di grande livello. Inizialmente Giuseppe Sabbatini (Lenskij) non indossa con totale disinvoltura gli abiti di giovane poeta innamorato né Dalibor Jenis (Oneghin) quelli di uomo elegante e blasé, ma comunque il primo offre una grande lezione di canto, il secondo esibisce un bel timbro e un buono stile. Poi, quando la temperatura emotiva sale, anche il livello delle loro interpretazioni sale: memorabile il graduale montare della tensione tra i due durante il ballo, da manuale l'aria di Lenskij prima del duello, convincente (non capita sempre) la metamorfosi di Oneghin nell'ultimo atto. La voce nobile e un po' stanca di Nicolaj Ghiaurov è ideale per il principe Gremin. Eccellenti anche gli interpreti dei ruoli minori, in particolare Nicoletta Curiel (Njanja), Tiziana Tramonti (Larina) e Max René Cosotti (Monsieur Triquet). La direzione di Stefano Ranzani è all'altezza d'un tale palcoscenico. Accompagna ottimamente (accompagnare non significa seguire passivamente, ma dialogare, cogliere le intenzioni, offrire suggerimenti) e ottiene dall'orchestra tinte elegantemente crepuscolari e accensioni passionali, ma forse gli sfugge la particolarissma tinta di fondo che avvolge e unifica i vari momenti. Le scene e i costumi sono quelli che nel 1991 fecero da cornice alla prima Tatjana della Freni in Italia, precisamente a Bologna: niente di particolare da segnalare, ci sono le betulle, i paesaggi piatti, sterminati e tristi, l'alba innevata, gli interni della casa borghese di provincia e quelli del palazzo aristocratico della capitale. La regia (realizzata allora da Sturua) è ora firmata da Vittorio Borrelli, che l'ha resa più essenziale e pulita. Non è particolarmente affascinante ma ci sono comunque le atmosfere giuste per questa storia di occasione perdute e di nostalgie.
Note: all. del Teatro Comunale di Bologna
Interpreti: Freni/Evseeva, Tramonti, Cassian/Bandera, Curiel/Dundekova, Jenis/Lochak, Sabbatini/Canonici, Ghiauov/Rangelov, Cosotti
Regia: Vittorio Borrelli
Scene: George Alexi-Meskhishvili
Costumi: Steve Almerighi
Corpo di Ballo: Corpo di Ballo del Teatro dell'Opera
Coreografo: Luca Veggetti
Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma
Direttore: Stefano Ranzani
Coro: Coro del Teatro dell'Opera di Roma
Maestro Coro: Mario Giorgi
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
classica
A Roma, prima con i complessi di Santa Cecilia, poi con Vokalensemble Kölner Dom e Concerto Köln