Un concerto per i due secoli di vita dell’Accademia Filarmonica Romana
Daniele Gatti e l’Orchestra Mozart in un variegato programma da Rossini a Stravinskij, da Aperghis a Mozart
Era il 4 dicembre 1821 quando un gruppo di dilettanti, appartenenti in maggioranza alla nobiltà, fondò l’Accademia Filarmonica Romana col fine di favorire l’esecuzione soprattutto della musica da camera ma anche di opere in forma di concerto. A duecento anni esatti di distanza la Filarmonica ha celebrato quell’evento con un concerto dell’Orchestra Mozart diretta da Daniele Gatti, il cui programma si riferiva a vari momenti della storia dell’Accademia. Prima una scintillante e virtuosistica esecuzione della Sinfonia del Barbiere di Siviglia, per ricordare che Rossini fu socio onorario dal 1837 e che diverse sue opere furono in quegli anni eseguite dalla Filarmonica, alcune in prima italiana. Poi Apollon Musagète di Stravinskij, che ebbe un rapporto privilegiato con la Filarmonica, dove negli anni Cinquanta diresse più volte la sua musica. L’interpretazione di Gatti ha esaltato lo stile neoclassico di quella che è probabilmente l’opera più radicalmente neoclassica di Stravinskij, candida, levigata, marmorea, fredda come una statua di Canova, con dettagli cesellati con delicatezza ed eleganza assolute, come il solo del violino, che si trasforma in duetto, dove sono stati impeccabili la spalla e il concertino dell’orchestra.
La seconda parte si apriva, ribadendo l’impegno della Filarmonica per la promozione della musica contemporanea, con la prima esecuzione di un pezzo commissionato per l’occasione, Contre-jour le jour di Georges Aperghis, che si è ispirato a Pasolini, ma non a un suo testo letterario bensì al documentario La rabbia. Come in gran parte della sua opera, anche qui al centro dell’interesse del compositore franco-greco è l’investigazione del rapporto tra musica e parola e la ricerca di nuovi modi di usare la voce. Aperghis prende da Pasolini alcune parole isolate e alcuni fonemi e li affida a una vocalità aspra ed energica, dalla ritmica estremamente complessa, che trova nel baritono Lionel Peintre un interprete straordinario, che può ben essere definito un virtuoso. Come scrive l’autore in una breve presentazione, questo pezzo riflette le sue sensazioni durante il primo lockdown, quando gli sembrava di “vivere una vita in controluce, come quando ci troviamo di fronte una persona con la luce sul viso e non riusciamo a definirne i tratti, tanto da non riconoscerla”. Una sensazione straniante e anche violenta, che Aperghis traduce in una musica anch’essa straniante e violenta, che cattura l’attenzione senza un attimo di pausa. Il pubblico ha afferrato senza difficoltà il linguaggio molto moderno ma non astruso di Aperghis e ha applaudito con insolito calore il compositore, presente in sala, e gli interpreti.
Il concerto si concludeva in modo solenne e festoso, dunque adatto all’occasione, con la Sinfonia n. 41 “Jupiter” di Mozart. Gatti ne ha cesellato magistralmente i momenti più lievi e luminosi, come il secondo tema del primo movimento e quel vivace motivetto - preso da un’aria buffa, dove veniva cantato sulle parole “Voi siete un po’ tondo, mio caro Pompeo” - che si configura come un vero e proprio terzo tema, contro tutte le regole. Non si sarebbe potuto chiedere nulla di più a Gatti e all’orchestra nell’Andante cantabile, uno dei più meravigliosi tempi lenti di Mozart. Il Minuetto e il grandioso Molto allegro erano eseguiti con precisione - tutte le note erano al loro posto, la sincronia era quasi perfetta - ma non sembravano definiti in ogni dettaglio: l’impressione è che nelle prove non ci sia stato il tempo per mettere precisamente a fuoco queste pagine di estrema complessità.
L’Orchestra Mozart tornava a Roma dopo molti anni - dai tempi di Claudio Abbado, se ricordo bene - e Gatti era al suo primo impegno romano dopo aver lasciato pochi giorni fa l’incarico di direttore musicale del Teatro dell’Opera. Entrambi sono stati applauditi dal pubblico romano con il calore e l’affetto che si sono guadagnati negli anni.
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