Trionfa al Maggio un Tamerlano in bianco e nero

Rigorosa ma anche di fortissima comunicativa pur nella sua impronta stilizzata la regia di Graham Vick appoggiata alle belle scene di Richard Hudson, ricca di fascino la concertazione di Ivor Bolton e di grande rilievo il cast a partire dall'Andronico squisito di Sara Mingardo: per il Tamerlano di Haendel al Maggio Musicale Fiorentino è autentico trionfo

Recensione
classica
Maggio Musicale Fiorentino Firenze
Georg Friedrich Haendel
08 Maggio 2001
La scena è un emiciclo candido attraversato in rigorose quanto ossessive geometrie da un gruppo di dervisci - turbante bianco, nerovestiti - e su cui incombe, sospesa a mezz'aria, una grande e non meno candida sfera calcata da un piede forte e vittorioso: la sfera è la terra e il piede è quello di Tamerlano, eroe eponimo dell'opera di Georg Friedrich Haendel su testo di Nicola Francesco Haim (Londra 1724) che riflette e romanza l'eco dello scontro fra il condottiero islamico di origine mongola e il sultano ottomano Bajazet, sconfitto nel 1402 e morto in prigionia. L'opera è andata su con memorabile e meritato successo al Maggio Musicale Fiorentino. Questo di Graham Vick con le splendide scene e costumi di Richard Hudson è un "Tamerlano" in bianco e nero su cui passa qualche brillante macchia di colore: l'elefante azzurro su cui giunge la principessa Irene, la statua-totem di un arciere vestito di rosso. Non un bianco e nero per chic, ma una scena appoggiata coerentemente ad una regia concettualmente rigorosissima, chiusa quasi del tutto alle consolazioni del solito Barocco-meraviglia: "Tamerlano" come tragedia della sopraffazione, dell'annientamento, della perdita, culminante nel suicidio dell'orgoglioso Bajazet, il tutto sostenuto da un codice gestuale stilizzato - arieggiante come spesso in Vick i generi del teatro orientale - e da geometrie di movimento di divina precisione. Ma in questa tragedia spetta alla musica incarnare le radici emotive, il sentimento, l'istinto, l'orgoglio di Bajazet, la baldanza sfrontata e "orientale" di Tamerlano, il legame padre-figlia, l'amore tormentoso e risentito ma intriso comunque di raciniana "tendresse" fra Andronico e Asteria. Un haendeliano linguaggio del cuore che prende forza particolare nel personaggio delicato ma fervidissimo di Andronico, modellato sulla voce del mitico Senesino, e in quello fosco e potente di Bajazet, uno dei pochi grandi ruoli tenorili di quest'epoca, scritto per Francesco Borosini. La concertazione di Ivor Bolton ne interpreta alla perfezione lo spirito, con seducente morbidezza e intensità di accompagnamenti, culminanti nei meravigliosi recitativi accompagnati di Andronico e Bajazet non meno che nelle arie d'amore e di furore di cui l'opera è piena; e ci ha colpito la capacità di Bolton di insegnare come si suona questa musica ad un'orchestra "normale" chiamata a realizzare messe di voce e ad evocare fiamme barocche di articolazione e di fraseggio. Alla bellezza della concertazione faceva riscontro un cast pregevole e tutto dotato di un'eccellente chiarezza di pronuncia. Bolton affida per lo più a interpreti donne le parti scritte per i castrati, e, nonostante la difficoltà di tessiture comunque assai gravi per corde femminili, i fatti gli hanno dato ragione con il Tamerlano sfrontato e sornione di Monica Bacelli e ancor più con lo squisito Andronico di Sara Mingardo, ma benissimo anche la limpida ed eroica Asteria di Elizabeth Norbeg-Schulz, la fosca Irene di Laura Polverelli, Umberto Chiummo come Leone e anche Bruce Ford come Bajazet, paradossalmente proprio in virtù dello spicco che la sua vocalità rossiniana dava, in questo cast, al possente e leonino Bajazet.

Note: nuovo all.

Interpreti: Bacelli, Ford, Norberg-Schulz, Mingardo, Polverelli, Chiummo

Regia: Graham Vick

Scene: Matthew Richardson

Costumi: Matthew Richardson

Coreografo: Ron Howell

Orchestra: Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

Direttore: Ivor Bolton

Coro: Coro del Maggio Musicale Fiorentino

Maestro Coro: José Luis Basso

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