“Subito con forza” apre MiTo 2021
Prima esecuzione italiana del pezzo di Unsuk Chin per l’Orchestra Rai diretta da Luisi.
Motivo di speciale interesse ha rivestito nel concerto di inaugurazione di Mito 2021, ascoltato a Torino, la prima esecuzione italiana del brano della coreana Unsuk Chin che abbiamo imparato a conoscere meglio anche grazie al progetto musica 2018 dedicatole dalla Fondazione Spinola Banna (insieme ai giovani compositori da lei prescelti per quell’edizione). “Subito con forza” nasce da una commissione del Concertgebouw per la (falsa) ripartenza del 2020 in vista della ricorrenza del 250° della nascita di Beethoven. Chin racconta come la sua musica proceda millimetro per millimetro mentre la scrive lottando con il “blocco dello scrittore” e ha dichiarato a Thea Derks “Quando il brano è finito mi rendo conto che era dentro di me fin dall’inizio. […] Il vantaggio dell’aver esperienza è che a un certo punto si spalanca una porta e il pezzo è terminato”.
Come spesso accade il gusto della novità non c’è già più (il brano è su YouTube nella bella direzione di Klaus Mäkelä ), anche se, perché la musica sia viva, va verificata in sala. E quindi, il pezzo di Chin si apre con una citazione dell’Ouverture Coriolano (facendo venir alla mente un’esplosione al rallentatore di una vetrata, congelata nello spazio), intessendone via via altre, meno scoperte. Il breve pezzo è un impasto sonoro che trasfigura le citazioni come fossero ricordi lontani percorso da un forza propulsiva che si muove verso un “dove” dalla traiettoria non immediatamente evidente. Di nuovo gli accordi del Coriolano segnano una cesura centrale prima del secondo intervento del pianoforte, un momento di bellezza statica immediatamente travolto dalla propulsione che porta in avanti. Sono distinguibili echi e influenze di Stravinskij, Prokofiev e Mahler. E proprio con uno di questi compositori, forse, avremmo voluto che “Subito con forza” dialogasse nella seconda parte del concerto (Amsterdam aveva scelto il Terzo Concerto per pianoforte e orchestra di Prokofiev).
Può darsi che l’impaginazione del concerto proposta (al di là delle scelte dettate dall’organico) suggerisca un progressivo rischiaramento: dal presente cupo di Chin, alle ombre di Mozart, alla serenità e all’energia genuina dell’Ottava di Beethoven. Il Concerto K 503 ha evidenziato le buoni doti di Francesco Piemontesi come pianista mozartiano. Controllato e un poco freddo nell’avvio, il solista si è poi scaldato strada facendo trovando una buona intesa con Fabio Luisi e l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai. Ci costringe questa serata di nuovo a un reset, a tararci di nuovo sulle usanze e le modalità di fruizione di questo mondo non ancora post pandemico (distanziamenti, mascherine, green pass, etc.): con la testa voltata all’indietro possiamo provare a immaginare come fosse il tempo di Mozart, quando il concerto nacque (1786), come noi ricordassimo questo brano musicale, come suonava nel nostro mondo di ieri, e come suoni oggi: un esercizio (si spera) non vano. Forse dovremo re-immaginarlo? (Del resto, “futuri” è il titolo di quest’edizione di Mito).
Il progressivo allontanamento dall’atmosfera con cui si era aperta la serata si compie poi con l’Ottava di Beethoven, nella quale il gusto quasi settecentesco del secondo movimento rimanda alla grazia, a volte raggelata, del K 503. Ma poi, imprimendo slancio e quella forza ruspante tipicamente beethoveniana, soprattutto nel minuetto e nell’ultimo movimento, Luisi sembra chiudere il cerchio dimostrando che attraverso Beethoven si possa percorrere per intero la gittata di questo arco da un capo all’altro, dal Coriolano all’Ottava, incontrando personificazioni diverse e complementari dello stesso genio che si riflette nel presente, di Unsuk Chin e di noi, suoi contemporanei.
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