Segnali di amore, guerra, dolore e pace dal Festival della WDR di Herne

Successo per laReverdie, l'Ensemble Arte Musica e il Coro e Orchestra Ghislieri

laReverdie  (Foto Thomas Kost)
laReverdie (Foto Thomas Kost)
Recensione
classica
Kreuzkirche di Herne
Festival di Herne
14 Novembre 2019 - 18 Novembre 2019

Inaugurare un Festival con un concerto interamente dedicato a Francesco Landini nel cuore della Ruhr è di per se un evento che ci ricorda l’importanza del patrimonio musicale italiano che va ben oltre il repertorio dell’opera lirica. Lo conferma l’attenzione del pubblico che ha riempito la Kreuzkirche di Herne per ascoltare laReverdie, l’ensemble che da oltre trent’anni è portavoce della musica medievale e in particolare della stagione della Ars Nova italiana. Dopo aver sviluppato numerosi progetti musicale e incisioni discografiche il gruppo ha scavato nell’opera del sommo musico fiorentino, ammirato dai suoi più illustri contemporanei che hanno tessuto le sue lodi, per distillarne la poesia che si concentra sul topos dello sguardo e della vista capace di cogliere i più sublimi tratti della bellezza e di accendere il desiderio attraverso l’intimo rapporto tra l’occhio e il cuore. Ma all’interno di questo tema c’è qualcosa di più profondo e misterioso, perché leggendo tra le righe dei versi, in parte probabilmente del Landini stesso, si possono cogliere le allusioni al suo stato di  cecità. Ecco che i luoghi comuni arsnovistici si illuminano di nuovi significati offrendo la possibilità di entrare in contatto con l’intimità del poeta musico, grazie all’ensemble che ha saputo mettere in risalto i versi di una serie di magnifiche ballate, intonate a cappella o con l’accompagnamento di copie di strumenti medievali per  combinare i differenti timbri e colori sonori di questo toccante ritratto landiniano che verrà messo in onda dalla WDR 3 la sera del 28 novembre.

Il concerto dei Tallis Scholars costruito per rappresentare il tema della musica e il  Concilio di Trento, è partito dalla intricata polifonia dell’affascinante mottetto Praeter rerum seriem di Josquin Desprez, uno dei più apprezzati dai suoi contemporanei a giudicare dal numero di fonti a stampa e manoscritte nelle quali è presente, e passando per il mottetto Descendat Domine di Jacobus de Kerle composto su richiesta del cardinale von Waldburg insieme ad altri che risuonarono durate le sessioni del Concilio, e Adoramus te Christe di Vincenzo Ruffo, è approdato alla serena ed eufonica polifonia di Palestrina, vero protagonista del suo programma. Dopo tre motetti a otto voci una vigorosa esecuzione della splendida Missa Papae Marcelli ha concluso il concerto illustrando la progressiva chiarificazione del tessuto polifonico in relazione alla comprensibilità del testo sacro, così come auspicato dai padri conciliari.

Il curioso titolo del concerto dell’Hathor Consort, “La poesia nella capanna delle zucche”, ha rivelato un aspetto poco noto del repertorio musicale tedesco dei primi decenni del Seicento, quello legato al circolo artistico capitanato da Heinrich Albert, organista della cattedrale di Königsberg che è stato uno dei primi ad accogliere la monodia accompagnata elaborata dai compositori italiani, probabilmente anche grazie al cugino, il noto compositore Heinrich Schütz che contribuì alla sua formazione. Nella quiete del giardino della città appena sfiorata  dalla Guerra dei Trent’anni gli artisti di questo cenacolo incidevano i propri versi sulla scorza delle zucche per sottolineare la fugacità della vita umana. Nel concepire il programma Romina Lischka, direttrice dell’ensemble, ha inserito tra le diverse  canzoni di Albert e di altri autori meno conosciuti alcune danze strumentali di Samuel Scheidt e Andreas Hammerschmidt creando un elegante e continuo flusso di melodie ricco di colori espressivi, utilizzando gli strumenti musicali, in particolare il cornetto e la viola da gamba come fossero delle voci, anche perché una parte delle composizioni era originariamente concepita per più parti vocali. I versi epigrammatici di Simon Dach, il più importante poeta del gruppo, e degli altri autori legati a questo cenacolo sono stati magistralmente interpretati da Dorothee Mields.

Mentre i concerti appena citati si sono svolti nella Kreuzkirche, il luogo principale del Festival insieme all’auditorium del Kulturcentrum, un evento decentrato in uno dei numerosi ex-impianti minerari della Ruhr riconvertiti a sede di attività culturali, ha offerto la possibilità di ascoltare la musica barocca italiana in un edificio che è oggi una testimonianza di archeologia industriale. In questa  insolita ma affascinante cornice l’Ensemble Arte Musica diretto da Francesco Cera ha mostrato le affinità elettive che legano la musica vocale e quella strumentale del primo Seicento alternando toccate, partite e capricci di Girolamo Frescobaldi con madrigali a una e due voci di Sigismondo d’India. Grazie alla profonda conoscenza del linguaggio frescobaldiano del clavicembalista e alla espressività delle voci di Lucia Napoli, Daniela Salvo, Andrés Montilla-Acurero e Riccardo Pisani, il carattere sensuale e a tratti passionale della musica italiana è ulteriormente risaltato nella nuda cornice delle pareti in mattoni della sala dello spazio polivalente del Künstlerzeche Unser Fritz.

Tutti i concerti presenti nel programma del Festival diretto da Richard Lorber e concentrato in appena quattro giorni sono stati registrati dalla terza rete della Radio della Germania Occidentale (WDR) che li metterà in onda nelle prossime settimane, tranne i due conclusivi che sono stati trasmessi in diretta e che hanno riscosso un particolare successo di pubblico. Il primo dedicato al Miserere e al Requiem di Niccolò Jommelli presentati dal Coro e Orchestra Ghislieri diretto da Giulio Prandi con le voci soliste di Sandrine Piau, Carlo Vistoli, Raffaele Giordani e Salvo Vitale, ha creato una suggestiva atmosfera di profondo e intenso raccoglimento grazie alla qualità della musica e degli interpreti. Se già nel Miserere, composto nel 1751 per la cappella musicale di San Pietro nel periodo romano del compositore, si avverte la convivenza tra lo stile osservato della polifonia di matrice palestriniana e i tratti della sensibilità armonica del Settecento, nella eterogeneità del Requiem emerge prepotentemente l’animo operistico di Jommelli. Scritto in brevissimo tempo dal compositore appena arrivato a Stoccarda nel 1756 su invito del duca di Württemberg per la morte della duchessa madre, è uno dei capolavori dell’arte musicale sacra italiana, parte di una vasto repertorio di cui il Ghislieri è oramai un importante punto di riferimento. Dopo lo stupefacente pianissimo del commovente introito ammantato di silenzio, si dipana una varietà di passaggi musicali pieni di finezze orchestrali e ricco di interventi corali e solistici, come nel Dies irae dove le singole voci emergono, e poi si intersecano in modo vario fino a impastarsi con quelle del coro, o nella complessa elaborazione del Sanctus e nell’Agnus Dei dove riappare il suggestivo motivo iniziale. La “Missa pro defunctis” di Jommelli inizia e termina in tono sommesso, ma al suo interno manifesta un tardo barocco fiammeggiante che colpisce ancor più per via della esecuzione storicamente informata con l’alternanza di versetti intonati monodicamente da una parte del coro che al suo interno ha una sezione “gregoriana” diretta da Renato Cadel.   

Dopo la commozione suscitata dalla musica di Jommelli, il Festival si è concluso con la squisita frivolezza dell’opéra-ballet Les voyages de l’amour di Joseph Bodin des Boismortier rappresentata alla Académie royale de musique di Parigi nel 1736, ed eseguita in forma di concerto dal Purcell Choir e dalla Orfeo Orchestra diretti da György Vashegyi con le voci soliste di Chantal Santon-Jeffery, Adriána Kalafszky, Judith van Wanroij, Katia Velletaz, Eszter Balogh, e Lóránt Najbauer. In questo divertente e aggraziato profluvio di arie e melodie danzanti e vero e proprio tour de force Amore, sotto mentite spoglie, cerca di scoprire e mettere alla prova in campagna, in citta e a corte la fedeltà degli amanti e il potere della seduzione. Un finale festoso, frutto di una coproduzione franco-ungherese che ha permesso di riscoprire quest’opera dimenticata, ascoltata per la prima volta a Pécs in Ungheria nel settembre scorso, e ora a Herne e che grazie al suo Festival è temporaneamente visibile sul sito di WDR 3. Anche gli altri concerti di questa edizione dedicata al tema delle diverse forme di comunicazione musicale dal tardo Medioevo alle soglie del Novecento, tra i quali va ricordato il divertente programma del Schwanthaler Trompetenconsort diretto da Franz Landlinger con i suoi strumenti a fiato storici e le sue marce e fanfare militari, potranno essere ascoltati per un mese consultando il calendario del suo Konzertplayer.

 

 

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