Se a risorgere è Frankenstein

Il Nationaltheater di Mannheim chiude la stagione a Schwetzingen con l’oratorio La Resurrezione di Georg Friedrich Händel in un allestimento di Calixto Bieito

La Resurrezione (Foto Christian Kleiner)
La Resurrezione (Foto Christian Kleiner)
Recensione
classica
Schwetzingen, Rokokotheater
La Resurrezione
09 Luglio 2023 - 23 Luglio 2023

Pasqua è passata da un po’ ma il Nationaltheater di Mannheim sceglie l’oratorio La Resurrezione per la sua chiusura di stagione al Rokokotheater di Schwetzingen. L’oratorio sacro del giovane Georg Friedrich Händel andò in scena la domenica di Pasqua del 1708 nel romano Palazzo Bonelli ai Santissimi Apostoli, allora affittato per farne luogo di spettacoli dal marchese Francesco Maria Ruspoli, committente del lavoro. Secondo le cronache del tempo, “v’intervenne molta nobiltà et alcuni porporati” per assistere a uno spettacolo per il quale non si risparmiò né nei mezzi musicali né sulle scene, che nello spirito del lavoro insistevano molto sulla tradizionale iconografia sacra con tanto di tela sullo sfondo con al centro “La Resuretione del Sig.re con gloria di putti, e cherubini, e l’angelo à sedere sul sepolcro, che anuncia la resuretione alle S. Maria Madalena, e M. Cleofe, con San Giovanni Evangelista in Contorno dell'Monte, e la Caduta delli Demonij nell'abbisso il tutto dipinto colorito al naturale.”

Niente di tutto questo si vede nell’allestimento di Calixto Bieito, che propone un’interpretazione molto immanente sul senso della resurrezione in un mondo senza Dio. Dissacrante può apparire la scelta di immagini del cinema degli esordi nelle proiezioni video curate da Adrià Bieito Camì, che testimoniano di una religiosità del tutto esteriore con il loro profluvio simboli e le gestualità esasperate ma che suggeriscono anche quello che potrebbe sembrare un irriverente parallelo fra la miracolistica cristiana e le ingenue illusioni ottiche degli albori dell’arte filmica, per non dire della sequenza del Frankenstein del 1931, nella quale la creatura prende vita fra l’entusiasmo dello scienziato pazzo (“It’s alive! It’s alive!”), che viene proiettata subito prima dell’annuncio della resurrezione di Cristo nell’oratorio.

In realtà quelle immagini vogliono sottolineare il contrasto con un’umanità che ha completamente smarrito il senso del divino ridotto a simboli vuoti, come vuota è la bara insanguinata appesa sopra il palcoscenico e vuoto è il sepolcro, che la scenografa Anna-Sophia Kirsch vede prosaicamente come un container bianco illuminato all’interno da tubi fluorescenti. Motivo non certo nuovo per il regista spagnolo, che anche in questo suo nuovo lavoro impiega l’ormai consueto repertorio di provocazioni e sguaiataggini dal segno anche estetico estremo. Estrema è anche la rappresentazione dei personaggi. L’angelo è pochissimo divino e non poi così diverso da Lucifero. Maria Maddalena, la sposa mancata, e Cleofe, sopravvissute alla tragedia della perdita, vagano smarrite alla ricerca di un senso alle proprie esistenze per superare dolore e infelicità, mentre l’apostolo Giovanni sembra trovare la sua strada come predicatore, che, forse, darà una direzione al cammino di un’umanità smarrita.

L’esecuzione musicale è affidata al barocchista Wolfgang Katschner, che dirige l’Orchestra del Nationaltheater di Mannheim su strumenti moderni con precisione e pulizia di suono ma con poca varietà di colori e di dinamiche. Il cast vocale è piuttosto disomogeneo sul piano stilistico e non solo. Le migliori sono Amelia Scicolone, un angelo agile nei movimenti e nella voce dal timbro luminoso che però si spegne un po’ lungo il cammino, e Maria Polańska, Cleofe dal bel timbro brunito ma di tenuta vocale ancora piuttosto discontinua. Se Seunghee Kho è una Maria Maddalena fin troppo esasperata nell’espressione anche vocale, Patrick Kabongo è invece un Giovanni corretto nel complesso ma poco toccante. Decisamente deludente invece è la prova Patrick Zielke, un Lucifero grossolano e dall’emissione pochissimo controllata nonostante mezzi vocali non disprezzabili.

Qualche vuoto fra i circa 500 posti della piccola sala, ma applausi calorosi per tutti.

 

 

 

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