Rossini & Puccini, memorie e spettri
A Firenze EhiGio’ di Vittorio Montalti per celebrare Rossini, e poi il giovane Puccini delle Villi
Un dittico:: la nuova produzione del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, dal 16 al 28 ottobre, univa una rarità pucciniana, la sua prima opera, LeVilli, apparsa nel 1884, e la celebrazione del centocinquantenario rossiniano (1868 – 2018), da cui questa rinnovata versione di un lavoro di Vittorio Montalti, EhiGio’ - dove si strizza l’occhio a Jimi Hendrix ma Gio’ sta per Gioachino - per attore, performer, tre cantanti, piccolo ensemble e elettronica, nato per Spoleto nel 2016. Al centro di EhiGio’ c’è un libretto molto bello di Giuliano Compagno, che svolge con finezza il tema del “silenzio di Rossini”, in una rete di invenzioni, accostamenti poetici (Apollinaire) e frammenti di testi e varie memorie rossiniane. Un silenzio che va al di là della sua rinuncia al teatro dopo il Tell – ma c’è anche il riapparire carsico di Rossini da postromantico negli anni ‘50 e ‘60, qui alludendo nel testo alla Petite Messe Solennelle - e investe una più complessa trama di vita d’artista, all’insegna dell’esserci-non esserci-essere altrove, idolo adorato ed esecrato, salma venerata e contesa. Più che libretto, un testo teatrale valido di per sé, a cui la musica di Montalti aggiunge i guizzi spettrali degli strumenti e dell’elettronica e una scrittura vocale anche troppo tributaria di salti e picchi e formule recitative da Nuova Musica del tempo che fu, per i tre cantanti, Ljuba Bergamelli, Gregory Bonfatti e Salvatore Grigoli, evocanti fantasmi familiari, figure e luoghi, Lugo, Napoli, Bologna, Parigi. Con LeVilli, invece, ci immergiamo nel DNA wagneriano e, sinfonico del giovane Puccini, raccogliendo eredità letterarie della Scapigliatura e del lato più fantastico del Romanticismo, e si ammira, sì, una già consumatissima capacità compositiva, ma anche ci si rende conto del retaggio che Puccini si dovrà lasciare alle spalle, uscendo da questa selva di magìe e di incanti wagneriani, per individuare il proprio mondo poetico. Realizzazioni lineari, con scenari discretamente evocati in una visione più che minimalista ma esatta, e azione scenica ben svolta, nella regìa e scene di Francesco Saponaro (costumi di Chiara Aversano), l’esperto Marco Angius a dirigere, i danzatori del Nuovo Balletto di Toscana per dar vita a pagine come la festa paesana e la Tregenda delle Villi con le coreografie di Susanna Sastro che ci sono piaciute molto. C’erano due voci nuove per questo teatro e che certo avremo occasione di riascoltare, Maria Teresa Leva e Leonardo Caimi come Anna e Roberto delle Villi, il dj-performer di EhiGio’ era Ludovico Fededegni, in ambedue i titoli c’era l’ottimo ed elegante Tony Laudadio, attore protagonista nei panni di Rossini in EhiGio’ e narratore in versi nelle Villi. Buon successo.
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