A Roma le sinfonie di Haydn con Antonini
Prosegue l’integrale delle 107 sinfonie a Santa Cecili
Quest’integrale delle sinfonie di Haydn all’Accademia di Santa Cecilia è iniziata quattro anni fa e quindi ha compiuto una non piccola parte del suo lunghissimo percorso, che si concluderà nel 2032, sempre con Giovanni Antonini sul podio. Si è già riferito del primo di questi concerti ma ora è il caso di fare qualche ulteriore considerazione.
Va detto subito che Antonini alterna due diverse orchestre, il Giardino Armonico da lui fondato e la Kammerorchester Basel, di cui è il principale direttore ospite. Il primo è un gruppo specializzato nel barocco e solamente per questo ciclo di sinfonie si è spinto in avanti fino a Haydn. La seconda ha un campo d’azione molto più vasto, dal barocco in esecuzioni storicamente informate alla musica contemporanea. Il risultato è molto diverso. Il gruppo italiano ha un organico piuttosto piccolo per Haydn e quindi un suono un po’ esile e molto parsimonioso quanto a dinamiche, crescendo e vibrato: il suo Haydn guarda inevitabilmente all’indietro. L’orchestra svizzera ha un organico più ampio, suona da sempre sia ila musica barocca sia le sinfonie di Beethoven e dei primi romantici, quindi sa bene cosa in Haydn viene dal passato (poco) e cosa guarda al futuro (molto). Insomma sono più attenti e più pronti ad evidenziare le idee nuove, straordinarie, geniali riversate da Haydn nella sinfonia in quarant’anni d’intensa attività “d’avanguardia”, spingendosi molto oltre a quel che si era fatto fino ad allora. Inoltre la sua musica si allontana dalla grazia “galante” del Settecento delle trine e delle parrucche e acquista un’enorme vitalità ed energia, sia quando scrive per gli Esterhazy, la cui orchestra di corte per altro non era piccola ma aveva dimensioni normali per l’epoca, sia quando scrive per Parigi e Londra, quando aveva a disposizione orchestre di circa quaranta elementi (più di quanti ne ebbe Beethoven per la prima dell’Eroica), che certamente saturavano di suono le piccole sale da concerto dell’epoca.
Antonini sfrutta intelligentemente la diversità delle due orchestre per proporre con l’una il “papà Haydn” bonario e sorridente (in uno dei concerti passati avrei però evitato uno scherzo totalmente fuori luogo, come aprire una bottiglia di birra durante il finale degli “Addii”) e con l’altra un Haydn irruente e robusto.
Nell’ultimo (per ora) concerto suonava l’orchestra di Basilea e non sembra un caso che Antonini abbia scelto una serie di sinfonie cariche di energia e di idea audaci. Ha iniziato con la Sinfonia n. 24 (che in realtà è la trentatreesima, perché la numerazione tradizionale delle prime sinfonie di Haydn è molto fallace) che a suo tempo dovette lasciare a bocca aperta gli ascoltatori, e simile dovrebbe essere la reazione degli ascoltatori attuali che sappiano veramente ascoltare. Si pensi alla pausa improvvisa e all’altrettanto improvviso passaggio alla dominante che per due volte creano un clima di grande tensione e suspense nell’esposizione del primo movimento, che in seguito raggiunge momenti sempre più drammatici, anticipando di qualche anno il periodo “Sturm und Drang” di Haydn, e si conclude con un lungo lamento. È uno dei tanti passaggi che si dovrebbero citare in questa sinfonia, mentre la Sinfonia n. 87 e la Sinfonia n. 82 andrebbero citate per intero. Iniziato con le sorprese del primo movimento della n. 24, il concerto si è concluso con le sorprese ancora più sbalorditive, ma in questo caso giocose, del finale della n. 82, quando più volte le pause lasciano interdetto l’ascoltatore, che non capisce se la sinfonia sia finita, e infatti ogni volta ricomincia con sorprese sempre diverse. Straordinaria è la capacità di Haydn di conservare anche con queste idee originalissime e spiazzanti la straordinaria unità e solidità delle sue sinfonie.
Purtroppo c’erano molti vuoti in sala, ma i presenti si sono goduti il concerto, esplodendo in prorompenti applausi finali.
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