Prokofiev secondo Temirkanov
Le due tappe milanesi per la Filarmonica di San Pietroburgo al festival MiTo
Recensione
classica
Arriva a passo svelto, serio ma con quell’impercettibile labbro destro rialzato che è segno di una consapevolezza superiore. Guarda il pubblico e si gira subito, rivolto all’orchestra, alla sua orchestra da oltre vent’anni: gesti strani, senza bacchetta, qualche fendente da Nord a Sud e molte carezze; è un direttore strano, l’imprevedibilità fatta artista. Eppure, Yuri Temirkanov è uno dei più grandi: più che alla forma – comunque elegantissima – guarda alla sostanza del rapporto simbiotico con quei filarmonici di San Pietroburgo che riescono ad eseguire passi in semibiscrome tutti perfettamente a tempo. Scuola russa, dicono: sta di fatto che direttore e musicisti sguazzano letteralmente dentro al tutto Prokofiev che stanno portando in tournée. La prima sera, dai futurismi del Secondo concerto per pianoforte (solista il tecnicamente infallibile Kun Woo Paik) al neoclassicismo libero da ogni stravinskiano senso di colpa della Prima Sinfonia, Temirkanov dà una sua lettura, mai violenta, venata di incredibili sottigliezze dinamiche e di poesia infinita, come negli splendidi adagi del Romeo e Giulietta. Oppure, apre nobilmente il secondo appuntamento con una ouverture da Guerra e Pace amplissima di suono, per poi accompagnare Gianluca Cascioli (fuori luogo, ci dispiace) nel Quinto concerto per pianoforte cercando il più possibile di assottigliare; ma è con la Settima Sinfonia che si sprigiona tutto il fascino della ricerca continua e della capacità di tenere un’unica arcata drammaturgica. Pubblico, comunque, in delirio entrambe le sere (meno la prima, complici gli abiti lunghi da inaugurazione), a cui sono stati concessi due bis come l’Amoroso da Cenerentola (Prokofiev) e il Trepak dallo Schiaccianoci (Tchaikovskij). Peccato fossero gli stessi per entrambe le sere.
Orchestra: Filarmonica di San Pietroburgo
Direttore: Yuri Temirkanov
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classica