Lucia l’isterica
Olivier Py firma la regia di Lucia di Lammermoor a Basilea
Il dottor Jean-Martin Charcot è passato alla storia come il fondatore della neurologia moderna. Fu un pioniere negli studi sull’isteria e gli esperimenti sull’ipnosi condotti nell’Ospedale della Salpêtrière che gli meritarono fama perenne. Come sarebbe andata se la Signora (Signorina?) Lucia Ashton si fosse decisa a far visita al luminare Charchot per cercare un rimedio alla sua isteria?
Ovvio: è fantasia. Però da questa fantasia parte lo spettacolo firmato dal regista Olivier Py andato in scena al Teatro di Basilea. L’anamnesi è impietosa, essendo il quadro familiare pieno zeppo di tensioni: una cornice familiare piena di tensioni: un fratello, Enrico, che le manifesta un affetto ben oltre quello fraterno; una relazione sentimentale violentemente osteggiata; un matrimonio imposto con un uomo palesemente omosessuale, Arturo. Sotto lo sguardo del medico pietoso, Raimondo Bidebent, lei si dimena su un letto di ferro bianco da ospedale, fra nere figure senza volto che escono da sotto il letto o da un armadio e ombre in movimento sulle pareti della sua stanza dalla tappezzeria sdrucita (la scena è come sempre di Pierre-André Weitz). Idea interessante in partenza anche se non del tutto risolta, soprattutto nel finale, ma realizzata in maniera sommaria specie nella direzione attoriale oltre che appesantita da simboli e presenze esagerate. Insomma, siamo al solito Py: brillante nella concezione ma molto pochissimo rigoroso nell’esecuzione.
Molti pregi invece ha la realizzazione musicale, che trova in Rosa Feola, al debutto nel ruolo, una protagonista di indiscutibile statura: voce piena e sicura, anche nei virtuosismi sciorinati con perentoria sfrontatezza, che fa perdonare qualche acuto gridato, dovuto probabilmente alla tensione del debutto. Giovane baritono di ottima musicalità e di qualità vocali non comuni, Ernesto Pettifa intuire una certa resistenza ad abbandonarsi completamente al ruolo: inesperienza o scarsa simpatia per la mano talvolta pesante di Py? Anche il tenore Fabián Lara ha un bel timbro luminoso e un’emissione generosa, ma difetta spesso nel controllo e non brilla per disinvoltura in scena. Il basso Tassos Apostolou è un Raimondo in camice bianco, tonante ma povero di smalto. Completano il cast vocale Hyunjai Marco Lee, un Lord Arturo ben caratterizzato, Karl-Heinz Brandt, un fin troppo torbido Normanno, e Ena Pongrac, un’esile Alisa in versione nurse. Corposi gli interventi del Coro del Teatro di Basilea istruito da Michael Clark. Molto sanguigna e con un incalzante passo drammatico è la direzione di Giampaolo Bisanti che dirige con autorità la Sinfoniorchester di Basilea.
Qualche vuoto in sala ma molti applausi e qualche immancabile fischio a Py.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Successo per la Nona di Beethoven diretta da Roberto Abbado alla guida della Filarmonica Toscanini per il doppio concerto di S. Silvestro e Capodanno
Dopo Treviso, approda al Teatro Verdi l’opera di Mozart con i vincitori del Concorso “Toti Dal Monte”
Al Teatro Sociale di Rovigo va in scena La voix humaine e a Padova l’OPV propone L’histoire de Babar