Lucia di Lammermoor, il canto al quadrato
Al Teatro Real di Madrid riuscito allestimento dell'opera di Donizetti con il soprano Lisette Oropesa
Se il canto, canto al quadrato, dev’essere indiscutibilmente il protagonista assoluto di un’opera come Lucia di Lammermoor, sicuramente il cast e la direzione musicale dell’allestimento madrileno andato in scena al Teatro Real hanno soddisfatto in maniera piena quelle che sono tutte le aspettative in questa direzione che ci sono rispetto all’opera di Donizetti, soprattutto da parte dei protagonisti, con un’intensa interpretazione della soprano statunitense Lisette Oropesa, osannata a più riprese dal pubblico, e del tenore messicano Javier Camarena.
La cornice tragica della vicenda ispirata al romanzo di Walter Scott, nelle mani del regista David Alden, si sposta notevolmente dalla convenzionalità per porre prepotentemente l’accento su un clima di angoscia profonda, con un’attenta e scrupolosa trasposizione nell’ambiente di una sorta sanatorio per malattie mentali del XIX secolo. Ambiente vittoriano, in una casa in disfacimento, con pareti e mobili scrostati: qui la follia diventa spettacolo per un pubblico borghese, impersonato da un coro quasi statico, con un piccolo sipario dove le vicende e i momenti più emblematici della vicenda – primo fra tutti quello della follia – sono l’occasione di una visione metateatrale di notevole effetto, assolutamente rispettosa delle esigenze e della conduzione musicale del lavoro. Ed è un vero peccato che una parte consistente e rumorosa del pubblico della prima abbia voluto fischiare e contestare apertamente questa regia, a testimoniare una irriducibile ostilità di un certo ambiente di melomani nei confronti di qualsiasi tentativo di ricerca e interpretazione teatrale.
Grande prestazione della Oropesa che riesce a coniugare mirabili doti vocali, che emergono da un’intenzionalità interpretativa intensa, ricca di sottigliezze, di sofferto intimismo, così come la performance robusta e di aperta vocalità di Camarena: nel complesso un cast vocale d’eccezione, anche con l’ottimo coro del Real. Di rilievo anche la scelta musicale, timbricamente più rarefatta e immaginifica, che recupera l’uso della glassarmonica al posto del flauto nella scena della follia. La conduzione musicale di Oren, pur senza particolari sottigliezze, è risoluta e sicura, rispettosa e attenta al canto e a tutto ciò che avviene sulla scena.
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