Lohengrin riflette sulla guerra
Parigi: applausi per il tenore Piotr Beczala e per la direzione di Alexander Soddy, un po’ contestato alla fine il regista Serebrennikov
La nuova messa in scena, molto attesa, a Parigi del Lohengrin affidata al regista russo Kirill Serebrennikov fa discutere. L’opera di Wagner viene utilizzata per denunciare la poca gloria di tutte le guerre, rendendo protagonisti i mutilati al fronte, con un primo atto molto ispirato e molto applaudito, per poi arenarsi un po’ nei seguenti due atti, con molti meno spunti creativi e di riflessione critica. Ma la lettura della partitura da parte dell’orchestra diretta da Alexander Soddy, l’ottimo cast con in particolare Piotr Beczala nel ruolo del titolo in gran forma, il coro ben preparato da Ching-Lien messo in evidenza perché piazzato spesso davanti alla scena, regalano musicalmente una serata assai interessante. Il maestro Soddy, accolto dal pubblico parigino con grande calore dopo il successo la scorsa stagione del suo Peter Grimes, evidenzia gli squilli di tromba e gioca d’effetto piazzando alcuni ottoni ai lati della sala, e quattro trombe sono in scena affidate a dei strani figuranti con la testa a forma di sfera nera. l rapporto tra coro e orchestra è pure molto saldo, la loro somma fa vibrare con forza la sala, la musica fluisce romanticamente impetuosa e inesorabile in apparente contrapposizione a delle scene geometriche, su due piani con il superiore dedicato a proiezioni video incessanti. Rigidità dei quadri apparente perché Serebrennikov ha saputo dinamizzarli giocando sul traumatismo di Elsa che ha perso il fratello , una Elsa moltiplicata per tre, il soprano e due doppi che non hanno pace, si muovono in continuazione, scrivono incessantemente la parola “nie”, “mai” in tedesco, perché mai Elsa dovrebbe chiedere e sono alle prese con un groviglio di fili metallici che vengono messi su diverse teste. Elsa di Brabante è interpretata dal soprano sudafricano Johanni van Oostrum, in alternanza con Sinéad Campbell-Wallace. La van Oostrum ha timbro adatto alla parte, non grande volume ma la necessaria dolcezza che però sa trasformarsi poi anche bene poi in isteria e irragionevolezza. Grande protagonista della serata è stata pure il soprano Nina Stemme come Ortrud, voce possente e assai efficace nell’interpretazione della donna incattivita che instilla senza via di scampo il dubbio ad Elsa e manipola il marito a suo piacimento. Si alternerà con il mezzo Ekaterina Gubanova. Nei panni di Friederich von Telramund è il baritono Wolfgang Koch che il regista ha immaginato pure come un mutilato, con gamba finta. E sia lui che Ortrud indossano pure a momenti i camici bianchi dei dottori mentre Elsa è mostrata in un letto d’ospedale psichiatrico, non si sa più quindi se è tutto vero o il frutto della sua mente traumatizzata. Le chiavi di lettura possono essere tante, le piste non tutte chiare. Molto bello il preludio accompagnato dal video di un bel giovane dallo sguardo innocente, fiducioso e sorridente, con sacco in spalla che vaga tra i boschi e che quando si denuda per fare un bagno mostra delle bellissime ali tatuate sulla parte posteriore delle braccia. E Lohengrin arriverà pure con zaino in spalla e mimetica, e avrà al suo fianco due figuranti, ciascuno con un’ala che per un’attimo si riuniranno dietro di lui. Tutta la vicenda è attualizzata in moderni tempi di guerra, potrebbe essere l’Ucraina, anche le nozze di Elsa e Lohengrin diventano uno sposalizio collettive di giovani coppie di soldati durante il famoso coro nuziale. Ma non c’è mai solo canto di gioia o di gloria, accanto alle coppie felici ci sono le vedove e le madri che piangono i loro figli, contemporaneamente ci sono i premiati al valore e i sacchi neri di plastica dei cadaveri. Serebrennikov cura anche le scene e i costumi, in collaborazione rispettivamente con Olga Pavluk e Tatiana Dolmatovskaya,, questi ultimi meno riuscii delle scene, ma il vestito da sposa di Elsa con la gonna a spicchi asimmetrici rigidi rende poi benissimo il suo restare impietrita dopo che ha chiesto il nome al suo sposo. Lohengrin se ne va, zaino in spalla come era arrivato, il canto di Beczala è potente, scolpisce le frasi, la voce, come deve essere, senza più sentimento, senza più illusioni. Merita un plauso infine il basso Tareq Nazmi che ha sostituito alla prima all’ultimo minuto Kwangchul Youn, come re Enrico e ha ben fatto. Solo qualche “buu” all’uscita del regista e del suo staff, lunghi applausi per tutti nel complesso.
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