L'incubo di Medea

Madrid: Cherubini apre la stagione

Medea (Foto Javier del Real | Teatro Real)
Medea (Foto Javier del Real | Teatro Real)
Recensione
classica
Teatro Real di Madrid
Medea
19 Settembre 2023 - 04 Ottobre 2023

Medea di Cherubini inaugura la stagione 2023/24 del Teatro Real di Madrid e la propone nella versione francese, rappresentandola per la prima volta, in un riuscito allestimento, con i recitativi composti da Alan Curtis. È quindi un debutto di questa versione, dello scomparso musicista statunitense, scritta, secondo i propositi dello stesso Curtis, con l’intenzione di imitare lo stile di Cherubini, anche prendendone a prestito alcune citazioni. Un lavoro sicuramente attento e scrupoloso il suo, per cui l’opera si presenta in una forma omogenea, quasi senza quegli stacchi determinati dalle sequenze di arie e recitativi. E se c’è un salto notevole rispetto a versione ottocentesca di Lechner, il ruolo ed il peso del continuum strumentale restano notevoli.

Proprio per quel che riguarda la direzione orchestrale c’è da sottolineare come la conduzione di Ivor Bolton si sia venuta caratterizzando per una particolare incisività e forza: fin dalle prime battute dell’ouverture si è potuto sentire un’orchestra dalle sonorità corrusche, nitidi e ben delineati i materiali tematici, i contrappunti, così come, nel procedere dell’opera, i bellissimi concertati di oboe, flauto e fagotto con le voci. Allestimento pensato come omaggio alla Callas, con Maria Agresta nel difficile compito di assumere il ruolo del titolo: la soprano italiana regge con perizia l’alternanza dei passaggi e di registro, preziosa e delicata in “Dei tuoi figli”. Mirabile il colore e le sfumature della Dirce interpretata da Sara Blanch; Nancy Fabiola Herrera evidenzia un colore vocale morbido, pastoso e duttile. Jongmin Park è un Creonte vocalmente sicuro; il Giasone interpretato da Enea Scala, nell’esordio, evidenzia un timbro e un incedere a tratti forzato e spigoloso che tuttavia nel procedere della vicenda acquista maggior colore e carattere.

Il regista spagnolo Paco Azorin, ha impostato una direzione di scena di forte impatto, con una straordinaria gestione dei movimenti. Sullo scenario domina, per tutta la durata dell’opera, un’imponente struttura metallica sulla cui parte superiore è disposta una piattaforma, con una grande scala e un ascensore che collegano i due piani. Nelle intenzioni della regia tale spazio vuole rappresentare la dimensione del tartaro, del regno dei morti: quando i protagonisti scendono esperimentano metaforicamente la discesa agli inferi. C’è nell’impianto una sovrabbondanza di elementi e di richiami, in un gioco di rimandi simbolici denso e intenso, tra quello che rappresenta lo spazio mitico, quello dell’azione e l’onirico. Più volte vediamo consumarsi l’assassinio dei figli di Medea e Giasone, all’inizio prima dell’ouverture e quindi ripetutamente in una dimensione di incubo: sotto traccia una lettura che vede i due bambini (qui visti come adolescenti) come protagonisti, vittime sacrificali, a simbolizzare il tema dell’infanzia violata, ostaggio dei conflitti degli adulti. La presenza simultanea, teatralmente perfetta, di tutta una serie di eventi e movimenti, mimi acrobati, soldati, pope ortodossi (sic!), è a tratti distraente rispetto a quello che è il fulcro dell’azione scenica. In ogni caso lo sviluppo dell’azione collettiva e corale del finale si articola in un crescendo di dinamiche emotivamente coinvolgenti, fino all’accendersi del fuoco (vero) della chiusura tragica, sicuramente efficace.

 

 

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