Le riscoperte vincenti del Festival della Valle d'Itria
Martina Franca riscopre Rinaldo di Handel/Leo, e poi Scarlatti, Vaccaj...
Il titolo della quarantaquattresima edizione del Festival della Valle d’Itria è suggestivo: “Eclissi d’amore”, il sottotitolo potrebbe essere “o del ricordo”. Già, perché uno dei meriti del Festival è quello di saper ricordare e dar peso alla storia. Il ricordo può essere quello di Rodolfo Celletti (che del Festival è stato direttore artistico per quattordici anni) con la presentazione della pubblicazione degli atti di un convegno a lui dedicato nel centenario della nascita, “Rodolfo Celletti, maestro di scrittura e (censore) di voci” a cura di Angelo Foletto, Quaderni della Fondazione Paolo Grassi, Schena Editore; o il ricordo di Sergio Segalini (scomparso nel giugno scorso, alla guida del festival per 15 anni) al quale un commosso gruppo di “suoi” cantanti, da Patrizia Ciofi a Jano Tamar, da Sara Allegretta a Marialaura Martorana a Domenico Colaianni, accompagnati al pianoforte da Ettore Papaia, ha dedicato un toccante concerto nel Chiostro di San Domenico.
Dar peso alla storia vuol dire recuperare titoli dimenticati dei quali si leggono storie e critiche sui libri di storia della musica ma che raramente si ascoltano dal vivo: così nel suggestivo cortile della Masseria Palesi è andato in scena “Il Trionfo dell’onore” di Scarlatti con gli allievi dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti” ottimamente diretti da Jacopo Raffaele e con la divertente regia di Eco di fondo, mentre nel Cortile di Palazzo Ducale “Giulietta e Romeo” di Nicola Vaccaj rivive con successo (smettetela di considerare Vaccaj “un minore”!) grazie alla convincente regia di Cecilia Lagorio (curatissima la recitazione), alla direzione di Sesto Quatrini con l’Orchestra Accademia Teatro alla Scala e alle ottime voci di Leonardo Cortellazzi (Capellio), Leonor Bonilla (Giulietta), Raffaella Lupinacci (Romeo), Paletta Marrocu (Adele), Vasa Stajkic (Tebaldo), Christian Senn (Lorenzo).
Il cuore del Festival è stato “Rinaldo” di Haendel secondo il “pasticcio” di Leonardo Leo ricostruito da Giovanni Andrea Sechi e presentato in prima esecuzione in tempi moderni. Uno spettacolo (regia di Giorgio Sangati, scene di Alberto Nonnato, costumi di Gianluca Sbicca) e una riscoperta tutta da godere senza fare graduatorie tra Haendel e gli altri compositori messi in campo (Vivaldi, Gasparini, Bononcini…), è una gioia per le orecchie dell’ascoltatore godersi arie, duetti e acrobazie vocali delle due grandi protagoniste: Teresa Jervolino, un Rinaldo che palpita d’amore e che affronta vincendo il duetto/duello con la tromba, e Carmela Remigio, un’Armida impavida seduttrice che ammalia tutti. Ma l’intero cast (Francisco Fernandez-Rueda, Loriana Castellano, Francesca Ascioti, Dara Savinova e gli attori Valentina Cardinali e Simone Tangolo) è di grande livello e ben secondato dalla Scintilla guidata dal direttore musicale del Festival, Fabio Luisi. Il divertimento è accresciuto dall’identificazione dei personaggi con i miti del pop rock (i cristiani) e del dark metal (i saraceni) quindi da un lato Freddy Mercury alias Ronaldo ama Almirena alias Madonna (stile “Like a Virgin”) mentre dall’altra Armida è Cher e Argante è Gene Simmons, il gioco è divertente, tutti recitano benissimo, i costumi sono stupendi, solo si perde un po’ il senso della tenzone tra le due fazioni (l’ultima replica, da non perdere, è sabato 4 agosto).
Le giornate del Festival corrono veloci dai “Concerti all’ora sesta” (la domenica a mezzogiorno) ai “Concerti del sorbetto” (alle 18) a quelli “notturni” come l’ intensa interpretazione di musiche “della notte” declinate al pianoforte da Orazio Sciortino. E nonostante l’incomprensibile taglio del Fus al Festival (200.000 euro in meno), Martina Franca guarda al futuro ed ha appena firmato un accordo con la Japan Opera Foundation: nei prossimi cinque anni nove spettacoli del Festival verranno messi in scena a Tokyo.
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