L’America di Arciuli
Il pianista è stato protagonista di un intenso concerto per la rassegna Traiettorie di Parma
Quello proposto da Emanuele Arciuli l’altra sera dal palcoscenico della Casa della Musica di Parma è parso una sorta di condensato tratto dalla prospettiva tematica scelta per questo cartellone 2021 dalla rassegna di musica moderna e contemporanea Traiettorie. Per la sua trentunesima edizione, infatti, la manifestazione guidata dalla direzione artistica di Martino Traversa ha scelto di offrire uno sguardo privilegiato rivolto al repertorio statunitense tra Novecento e panorama contemporaneo, declinato sulla scorta di differenti angolature.
Un quadro nel quale Arciuli si è mosso governando con la consueta ed efficace confidenza quella dimensione del pianoforte solo che gli è propria, offrendo un tracciato denso per profondità espressiva e intenso per varietà di rimandi stilistici proposti. Caratteri emersi in maniera plastica fin dalla prima pagina proposta, In a Landscape, iconica composizione nella quale un trentaseienne John Cage ha riposto un immaginario musicale pregnante per capacità evocativa, offrendo una personale lettura di un particolare panorama musicale racchiuso in una sorta di pacato ma ostinato intarsio timbrico dal quale traspaiono da un lato il lavoro sul tempo – qui tratteggiato con costante, rituale regolarità – e dall’altro un segno timbrico-armonico uniforme ma composito al tempo stesso, nutrito anche di vaghi rimandi a certe atmosfere del primo Novecento francese che profumano di Satie o di Debussy, immersi un clima decantato e suadente.
Una prospettiva che il pianista è riuscito a restituire con una rara miscela di intensità di tocco ed equilibrio dinamico, per poi aprire una sorta di variegato scenario richiamando brani tratti dal progetto ’Round Midnight Variations: Hommage à Thelonious Monk e composti per lo stesso Emanuele Arciuli su commissione del CCM di Cincinnati, a partire dall’eclettica Eine kleine Mitternachtmusik di George Crumb. Un brano nel quale il compositore di Charleston ha declinato, nel corso delle nove variazioni che compongono questa pagina, una variegata miscela di soluzioni tecnico-interpretative che comprendono la sollecitazione diretta delle corde o ancora la pronuncia a voce via via sempre più tenue dei numeri che portano allo scandire di una mezzanotte divenuta suggestione oltremodo simbolica. Un omaggio al celebre brano dell’artista nato a Rocky Mount completato in questa serata dalle composizioni di John Harbison (Monk Trope), Milton Babbitt (A Gloss on ’Round Midnight) e Michael Daugherty (Monk in the Kitchen), oltre all’evocazione dell’originale tema monkiano nella rilettura dello stesso Arciuli.
Un percorso tematico compatto, nel quale si sono peraltro innestati anche brani differenti, quali la prima esecuzione alla presenza dell’autore della Piano Sonata (New Scenes from an Old World) di Peter Gilbert, compositore statunitense originario del Kentucky, che ha chiuso la prima parte del concerto, oltre al quarto dei Four Pieces di Frederic Rzewski, pagina che ha concluso la serata preceduta dal secondo studio tratto dal primo libro di studi per pianoforte di Philip Glass, un autore – come ha sottolineato lo stesso pianista nel corso dei suoi puntuali commenti al programma – che paga lo scotto di essere diventato pop, ma la cui musica non è sempre così banale come sovente si vuol far credere.
Significativo il fuori programma scelto da Arciuli per salutare gli applausi convinti del pubblico presente: Minstrels, brano che chiude il primo libro di preludi di Debussy e con la quale il compositore francese rende omaggio alla musica di matrice afroamericana che si andava diffondendo in Francia tra fine Ottocento e inizio del secolo successivo.
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