La dolente elegia di Aribert Reimann

A Berlino la Deutsche Oper presenta L'invisible, da tre lavori di Maurice Maeterlinck

L'invisible Deutsche Oper
Foto di Bernd Uhlig / Deutsche Oper Berlin
Recensione
classica
Deutsche Oper, Berlino
L'invisible
22 Ottobre 2017

Con singolare coincidenza, mentre alla Komische Oper va in scena Pelléas et Mélisande, la Deutsche Oper presenta la nuova opera di Aribert Reimann che, come l’opera di Debussy, trae spunto da lavori teatrali di segno marcatamente simbolista di Maurice Maeterlinck. Questa nuova “trilogie lyrique” ha un libretto dallo stesso Reimann composto a partire da testi pochissimo noti del drammaturgo belga nel francese dell’originale. L’intruse, Intérieur e La mort de Tintagiles: tre testi di diversa pregnanza drammatica (e l’ultimo sembra indiscutibilmente più efficace) accomunati dalla presenza incombente dell’ “invisible” ossia la morte. Nel primo, che rimanda alla scena finale del Pelléas, una famiglia è in attesa di un misterioso convitato, mentre una madre lotta per la vita in una stanza attigua e il figlio appena nato non dà segni di vita; l’arrivo dell’invisibile convitato coincide con la morte della madre e il primo grido del neonato.

Nel secondo, un vecchio e uno straniero esitano a comunicare a una famiglia, che osservano all’esterno attraverso una finestra, la morte per annegamento di una figlia; costretto da una sorella dell’annegata, il vecchio darà l’annuncio. Nel terzo, con un tocco epico che rimanda ad Arianne et Barbebleue, si racconta del giovane Tintagiles che cerca di sfuggire alla vecchia regina, sospettata di aver fatto sparire i due fratelli del ragazzo, protetto dalle due sorelle Ygraine e Bellangère. Sfuggito a un primo tentativo, il ragazzo muore per mano dei tre servi della regina nonostante gli sforzi di Ygraine.

La morte dunque è la protagonista di questo lavoro dell’ottantunenne Reimann, che compone una partitura di tono dolentemente elegiaco, fedele al proprio linguaggio solidamente ancorato alla tradizione post-berghiana. Le due grandi famiglie orchestrali di archi e fiati, trattate separatamente nelle prime due parti, si riuniscono solo nella terza che scava profondo negli abissi della tragedia umana. La direzione di Donald Runnicles alla testa della validissima orchestra della Deutsche Oper è levigata e attenta come per un testo più classico. Funzionale alla elaborata scrittura vocale reimanniana la pattuglia degli interpreti vocali, molti impegnati in più ruoli, sui quali spicca Rachel Harnisch particolarmente incisiva nel drammatico ruolo di Ygraine.

Una grande misura ispira l’allestimento firmato dal russo Vasily Barkhatov che sfrutta un dispositivo scenico unico – la facciata di un edificio che arretra e avanza, come in un respiro – animato dalle luci e soprattutto da inquietanti ombre proiettate di ispirazione espressionista (i video sono di Robert Pflantz). Particolarmente toccante La mort de Tintagiles per il contrasto fra il tono fiabesco e la freddezza dell’ambientazione in una camera d’ospedale per bimbi malati terminali.

Qualche vuoto nella grande sala della Deutsche Oper ma applausi generosi.

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