Il virtuosismo di Lisa Batiashvili
Roma: la violinista all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia con Manfred Honeck
Lisa Batiashvili è quest’anno artista in residence all’Accademia di Santa Cecilia: per lei l’istituzione musicale romana ha adottato per la prima volta questa formula di collaborazione, che è invece comune all’estero. Ha suonato a dicembre il Concerto di Ciajkovskij, tornerà a maggio in un concerto cameristico insieme ad alcuni componenti dell’orchestra e in questi giorni sta offrendo al pubblico romano una splendida interpretazione del Concerto n. 2 di Prokof’ev, meno “modernista” del primo, meno dissonante, meno graffiante, meno sarcastico, più “semplice” e più lirico. Ma non meno ricco di idee imprevedibili e non convenzionali, anche quando nel secondo movimento ricorre alla tecnica apparentemente obsoleta della melodia su un accompagnamento costante, che la trentottenne violinista georgiana ha suonato con tecnica controllatissima, perfetta per il lirismo “freddo” tipico di Prokof’ev; un momento letteralmente meraviglioso era la conclusione di questo movimento, quando le cose si rovesciano e la melodia iniziale del violino passa al basso - ai violoncelli - mentre l’accompagnamento in terzine viene affidato al solista, trasformandosi in una melodia grave ed espressiva, una vera magìa. Nei due movimenti veloci la Batiashvili ha fatto valere il suo virtuosismo impeccabile, che le consente una bellezza immacolata del suono anche nei passaggi più acrobatici, con note gravi piene e timbrate e acuti limpidi e cristallini: certamente avere un Guarneri del Gesù aiuta, ma bisogna saperlo suonare. Al momento del bis la solista ha simpaticamente voluto che anche l’orchestra partecipasse: qualcosa che fino a un anno fa non avevamo mai visto, ma che adesso sta dilagando. Nessuno è stato in grado di riconoscere cosa abbia suonato, ma era chiaramente un arrangiamento di una melodia popolare georgiana, come ci ha confermato l‘ufficio stampa: precisamente era Suliko di Sulkhan Tsintsadze.
Manfred Honeck, oltre ad aver offerto un contesto orchestrale perfetto alla Batiashvili in Prokof’ev, ha diretto due classici, la Sinfonia n. 35 “Haffner” di Mozart e la Sinfonia n. 6 “Pastorale” di Beethoven. Mozart era colmo di energia e vita, vivace nei dialoghi degli strumentini, popolaresco nel Menuetto, quando il direttore si è quasi messo a ballare, battendo i piedi sul podio. Si è scoperto così un insospettato rapporto con la “Pastorale” e la danza campestre del suo terzo movimento. Honeck ha evidenziato soprattutto la solidità classica della Sinfonia di Beethoven, senza trascurare né l’ “espressione di sentimenti” né la “pittura sonora” di cui parla lo stesso Beethoven ma inquadrandole in una struttura perfettamente equilibrata. Che Honeck sia cresciuto nei Wiener Philharmoniker era riconoscibile dal suono setoso, morbido, anche affabile dell’orchestra, ma con quel peso specifico che è tipico delle migliori compagini dell’area austro-tedesca. Grande e meritatissimo successo per questo direttore ormai di casa a Santa Cecilia.
Mauro Mariani
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