Il Mahler sobrio di Valčuha

La  colossale “Tragica” inaugura la stagione sinfonica del teatro bolognese

Juraj Valčuha, Orchestra del Teatro Comunale di Bologna (Foto Andrea Ranzi - StudioCasaluci)
Juraj Valčuha, Orchestra del Teatro Comunale di Bologna (Foto Andrea Ranzi - StudioCasaluci)
Recensione
classica
Bologna, Auditorium Manzoni
Juraj Valčuha, Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
02 Febbraio 2019

Si apre la Stagione Sinfonica 2019 del Teatro Comunale di Bologna: la prima senza un “direttore musicale” dopo i tanti anni di Michele Mariotti. Il cartellone annuncia due pezzi da novanta: il direttore slovacco Juraj Valčuha, ormai di casa in Italia, e la Sesta Sinfonia di Gustav Mahler, cosiddetta “Tragica”.

Il rapporto di Valčuha con l’orchestra bolognese risale alla Bohème del 2007, seguita da JenůfaPeter Grimes e numerosi concerti incentrati sui decenni fatidici a cavallo fra Otto e Novecento: il suo mondo sonoro ed estetico. Furono tutte occasioni di cui resta ancora vivo il ricordo fra il pubblico. Il nuovo incontro costituisce l’avvio per il Teatro di un ciclo dedicato alle sinfonie di Mahler e un lavoro preparatorio alla Salome che Valčuha dirigerà a Bologna fra pochi giorni.

L’Orchestra appare visibilmente galvanizzata, vuoi per la potenza irrefrenabile della partitura mahleriana, vuoi per la presenza catalizzante del direttore, che ne fa emergere tutte le potenzialità. Nel suo rigore e precisione, Valčuha è sempre inflessibilmente composto nel gesto, asciutto, essenziale: è davvero raro vedere un direttore alle prese con Mahler che rinuncia a sbracciarsi e contorcersi sul podio, trascinato dalla volute sonore della musica. Anche perché Valčuha sembra prediligere gli aspetti pre-espressionistici di Mahler, piuttosto che quelli tardo-romantici, la secchezza ritmica alle appassionate melodie, la sobrietà all’enfasi. Perfino gli eccessi strumentali di cui la partitura è piena (una partitura che Richard Strauss diceva, non a torto, überinstrumentiert), culminanti anche visivamente nei teatralissimi colpi di un mastodontico martello, vengono ricondotti dal direttore all’interno di una severa moderazione, a dispetto dei clangori fragorosi che fa emergere dagli oltre cento strumentisti. 

È così inevitabile che il movimento più prezioso e convincente risulti lo Scherzo – ricollocato giustamente in terza posizione, secondo l’idea originale di Mahler – con quella sorta di Minuetto sghimbescio al suo interno (le battute “in tre” si alternano regolarmente a battute “in quattro), il cui tono allucinato viene così ben valorizzato dalla concertazione.

Pubblico numerosissimo, appassionatamente coinvolto, entusiasticamente esaltato negli applausi conclusivi.  

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