Il magnetismo di Norma

Successo al San Carlo di Napoli per l'opera di Bellini diretta da Francesco Ivan Ciampa

Norma (Foto L. Romano)
Norma (Foto L. Romano)
Recensione
classica
Napoli, Teatro San Carlo
Norma
12 Febbraio 2020 - 20 Febbraio 2020

Ritorna, dal 12 al 20 Febbraio, a Napoli: Norma. Il San Carlo ha affidato a Lorenzo Amato l’opera di Vincenzo Bellini, scene di Ezio Frigerio, bei costumi di Franca Squarciapino, e il regista le ha conferito un ottimo impatto visivo, mantenendosi sobrio nelle scelte - ché di tanto in tanto risulta gradito andare all'opera senza dover decifrare simbolismi - ma sempre con equilibrio. Non ci sono forzature nel taglio registico, foresta sacra nel primo atto, abitazione della sacerdotessa nel secondo, finale al tempio Irminsul, ma il tutto non sembra avere una connotazione geografica e temporale precisa. Le luci, di Vincenzo Raponi, prevalentemente oscure, sono da interrelazione tra le scene - natura, paesaggio, metafora, anima. Il preludio orchestrale introduce all’atmosfera, subito espressiva l'orchestra con accenti come gesti. Man mano sempre meglio nei tempi più marcati del dramma. Con Bellini il romanticismo italiano e la scrittura per le voci tornavano a casa. Invenzioni originali, lirismo vocale, forza drammatica dei recitativi, coro solenne nello sfondo. 

Di inconfondibile magnetismo, “Ah! bello a me ritorna”il verso della cabaletta di Norma (con Coro) - forse ancora più di “Casta Diva”, racconta il carattere anche sognante della sacerdotessa. Due voci giovani, maliose e dominatrici del grande spazio del teatro di San Carlo: Maria José Siri, con padronanza tecnica ed espressiva, sa essere una Norma completa, ora sacerdotessa austera nel timbro e carattere, ora donna e madre tradita e ferita. Anche Silvia Tro Santafé Adalgisa - che ha sostituito la Stroppa alla serata inaugurale - perfetta nel timbro, ben calata nel suo ruolo. Entrambe bel canto, intonazione sicura, perfetta estensione delle altezze e dinamiche nei recitativi ma, anche e soprattutto, verità dell’espressione. Fabio Sartori, un Pollione rustico, capace di eroismo e sentimenti e anche nella voce.

Mordente e incisivo Oroveso, Fabrizio Beggi, e di volume. A Clotilde, Fulvia Mastrobuono, di bel timbro, mancava un virtuosismo sublimato in espressione. Di buon temperamento Francesco Ceron, Flavio. Norma, ormai si sa, per salvare l’amato e l’amica, si autodenuncia e ascende al rogo come vittima sacrificale, seguita dal romano pentito. Ma il vero capolavoro è la partitura. Francesco Ivan Ciampa ha sensibilità timbrica spiccata per l'orchestra, e come direttore d'opera guida sapientemente le voci. Suggerisce, evoca anche con brevi cenni ai cantanti. I ritmi binari sono incisivi, stringati, gli accordi di tensione, i temi di marcia dispiegano una buona tempra drammatica con appoggiature espressive nel concertato finale, mentre ci si avvia al rogo. Il coro, diretto da Gea Garatti Ansini, dialoga bene con i personaggi, diventa egli stesso personaggio ed allo stesso tempo risonanza armonica ed emotiva del solista. Si slegano gli applausi, che premiano tutti i protagonisti, in una serata, la prima, seppur infrasettimanale, ma di buonissima affluenza.

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