Due tenori a Ravello
Successo per il concerto di Lawrence Brownlee e Michael Spyres
Domenica 1° agosto è stato il giorno di Lawrence Brownlee e Michael Spyres, divi del Metropolitan di New-York, le star del mondo dell'Opera di oggi, al Belvedere di Villa Rufolo per il Ravello Festival. Dopo il successo di Juan Diego Flórez qualche giorno prima, al suo debutto al Festival, la Fondazione Ravello chiude gli appuntamenti per le celebrazioni di Enrico Caruso con i due fenomeni, accompagnati dall’Orchestra Filarmonica Salernitana Giuseppe Verdi diretta da Michael Balke. Un successo assicurato.
Profondo studio, dominio tecnico e grande talento. Nel buio del belvedere di Villa Rufolo giunge corposa la voce di Spyres, seguita da Brownlee in un susseguirsi di arie e duetti, con virtuosismo propriamente stellare, da Otello di Rossini.
Da Ricciardo e Zoraide, “Donala a questo core… Teco or sarà” è di sontuosa sonorità, ed esalta gli affondi vocali e lo spessore straordinario delle voci. Pregevole l'idea di accostare l’Ouverture che Rossini ha utilizzato tre volte nel Barbiere, in Elisabetta, Regina d’Inghilterra, e in Aureliano in Palmira – di quest’ultima la versione eseguita- virtuosistica e piena di guizzi sonori, poi sbocciati nuovamente in un raffinatissimo “Seul sur la terre” da Don Sebastiano, Re del Portogallo di Donizetti.
Nel mezzo, Pays merveilleux… O paradis da L’Africaine di Meyerbeer, che non altera minimamente il tessuto sonoro orchestrale intarsiato fin lì da Balke. Molto tecnico ma anche rituale ed inquieto, consegnato ad una esecuzione puramente timbrica dove le sfumature delle voci fanno tutto il pezzo. Il tutto riesce millimetrico, fresco, facile, intangibile alla fatica, senza cali di tensione.
Anche l’orchestra svolge le raffinate concatenazioni armoniche che caratterizzano questo repertorio in modo eccellente, mai una sbavatura, mai un'intenzione espressiva o dinamica non riuscita – così come nella Sinfonia di un giovanissimo Rossini “al Conventello”. Verso il finale, meno sobria e pacata la bellissima Serenata di Bracco, passando per i classici napoletani di Caruso sempre di magiche invenzioni sonore. Tutto il concerto mai su timbro monocorde per i due tenori, mai molle nei tempi, con lunghi fraseggi, e ricco di infinite invenzioni espressive. I due ricordano inevitabilmente i fasti del belcanto di Andrea Nozzari - tenore più baritonale a cui Spyres si ispira – e Giovanni David per le grandi agilità che Lawrence Brownlee dimostra nei suoi ruoli.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
A Roma, prima con i complessi di Santa Cecilia, poi con Vokalensemble Kölner Dom e Concerto Köln