Camera funk

Esperanza Spalding alla ricerca di una moderna cameristica jazz

foto Sandrine Lee
foto Sandrine Lee
Recensione
jazz
Auditorium Parco della Musica Roma
14 Novembre 2010
Esperanza entra in scena in silenzio, si toglie impermeabile, scarpe e foulard, si versa un calice di vino e si accomoda su una piccola poltrona in un angolo del palco, mentre il trio d’archi sul fondo inizia a suonare. Esordisce così, dandoci immediatamente la giusta chiave di lettura, il Chamber Music Society, nuovo progetto di Esperanza Spalding, che si è esibita ieri sera a Roma, nell’unica tappa italiana del winter tour europeo. Chi si aspettava la Spalding di [i]Esperanza[/i] è rimasto spiazzato: questo nuovo progetto punta infatti su una ricerca sensibilmente diversa. La musicista americana è tornata alle origini della sua formazione musicale classica e ha cercato di ricreare, attraverso il linguaggio del jazz, una moderna musica da camera, vista come spazio dell’intimità e dello stare tra amici. Ecco quindi a buon diritto salire sul palco, accanto al suo contrabbasso, alla batteria e al pianoforte, il perfetto trio jazz, anche un trio d’archi classico, violino, viola e violoncello, in un’interazione continua tra linguaggi che forse poi tanto diversi non sono o non sono più. Ascoltando uno dopo l’altro i brani di questo nuovo progetto la parola che viene in mente è “soft”: nella voce, usata come uno strumento, senza parole; negli arrangiamenti; nelle sonorità. Intimismo e minimalismo sono le pietre di paragone con cui la Spalding si è misurata in Chamber Music Society, senza però dimenticare la sua forte matrice funk che ha generato momenti di altissimo e godibilissimo interplay. Il pubblico italiano, un po’ sorpreso, ha apprezzato con lunghi applausi, che hanno strappato due bis.

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