Bostridge riporta Byron a Ravenna
Ravenna Festival ricorda con una serata di Lieder il poeta inglese a due secoli dalla scomparsa
Nel 1824 George Gordon Byron moriva a Missolungi, dove era andato a combattere per la libertà dei greci, concludendo così a trentasei anni la sua vita, che era stata iperromantica come la sua poesia. Le istituzioni musicali italiane hanno lasciato passare quasi inosservato questo bicentenario, nonostante tanti musicisti si siano ispirati a Byron, anche italiani come Donizetti e Verdi, seppure in rielaborazioni librettistiche piuttosto libere, che riconducevano Byron nel solco della librettistica melodrammatica. Altrettanto liberi ma più vicini allo spirito byroniano sono Harold en Italie di Berlioz e Manfred di Schumann. Ci sono anche molte (non moltissime, almeno tra quelle degne di nota) fedeli versioni musicali delle sue poesie e bisogna cercarle soprattutto nella liederistica tedesca, uno scrigno di tesori che riflette nel modo più puro l’ideale romantico di simbiosi tra poesia e musica. Ne ha offerto un’antologia Ian Bostridge nel suo prezioso concerto per Ravenna Festival, una delle poche eccezioni a quella diffusa smemoratezza italiana cui si è accennato prima, tanto più grave perché l’Italia ha avuto un ruolo di rilievo nella breve vita di Byron. Proprio Ravenna è stata, dopo Venezia, la città italiana a cui Byron fu più legato, anche per la sua storia d’amore con una nobildonna locale.
Nella Loggetta Lombardesca, il magnifico chiostro rinascimentale del Museo d’Arte della Città di Ravenna, dall’acustica imprevedibilmente ottima nonostante sia un vasto spazio a cielo aperto, il tenore inglese e il suo alter ego pianistico Julius Drake hanno offerto una serata musicale da incorniciare. Hanno iniziato con Isaac Nathan, l’unico compositore britannico in programma. Questo personaggio alquanto singolare – che sia noto come il “padre della musica australiana” fa capire che non seguì i soliti binari – chiese a Byron di scrivere per lui delle poesie ispirate alla Bibbia. Bostridge ha fatto ascoltare due di queste Hebrew Melodies: la prima narra The Destruction of Sennacherib, terribile esempio della spietata collera divina contro i nemici di Israele, mentre la seconda, She walks in beauty like the night, canta la leggiadria, grazia e sensualità della protagonista del Cantico dei Cantici. Con un contegno molto british o forse suggerito dall’argomento biblico - sosteneva che le sue melodie provenissero dall’antico servizio del secondo Tempio di Gerusalemme! - Nathan non calca troppo i toni drammatici dell’una né si illanguidisce nell’altra, ma la sua sobrietà è molto efficace.
Si passava In Germania con Carl Loewe, uno dei primi liederisti romantici, che mise in musica diversi poesie di Byron in traduzione tedesca. Loewe non è certamente un compositore banale, ma impallidisce nel confronto con Schumann, di cui Bostridge ha cantato tre brani tratti dalla raccolta Myrthen: prima un canto ebraico su testo di Byron, poi due Lieder su poesie di Thomas Moore ambientate a Venezia , la città italiana in cui Byron visse più a lungo. In tal modo Bostridge è passato ai poeti romantici che ammirarono Byron e ne furono influenzati. Dopo Moore, ecco Walter Scott, con due Lieder di Schubert e uno di Beethoven, che lo incluse nelle sue raccolte di canti irlandesi, sottovalutati e trascurati in modo assolutamente ingiustificato, a giudicare da questo bellissimo esempio. Ha proseguito con il tedesco Whilelm Müller, fortemente influenzato da Byron, tanto che nel 1825 ne scrisse la prima biografia completa: sui suoi versi Schubert compose la Winterreise, capolavoro assoluto del liederismo. Per ovvie ragioni di durata Bostridge non ha potuto eseguire questo ciclo per intero e ne ha scelto i primi cinque Lieder. Dopo Schubert appariva ancora più innocuo il Lied composto su testo dello stesso Müller dallo svizzero Friedrich Theodor Frölich, noto più per la sua tragica fine - morì suicida nel 1836 - che per la sua musica. Si ritornava a Byron con due Lieder di Felix Mendelssohn, circoscritti ad un mondo biedermeier, e tre Lieder di sua sorella Fanny (l’unica tra questi compositori di madrelingua tedesca ad aver musicato Byron nell’originale inglese e non in traduzione) che in quest’ambito si dimostra superiore al fratello. Una maggiore consonanza con Byron la si poteva trovare nei tre Lieder di Hugo Wolf che concludevano questo memorabile concerto.
E a questo punto è doveroso soffermarsi su Ian Bostridge che, per la scelta del programma e per le meravigliose interpretazioni, è stato insieme a Byron il grande protagonista della serata. La sua vocalità, molto lontana dal bel canto italiano, è studiata per dare rilievo ad ogni frase, ogni parola e ogni sillaba, con una gamma pressoché infinita di diverse - grandi e minime - sfumature di colore, d’intensità, di accento: ma questo non servirebbe a molto se la sua interpretazione non fosse guidata da cultura, intelligenza e soprattutto sensibilità acutissime. Il suo non è un approccio banalmente romantico, cioè soggettivo e sentimentale, ma va molto oltre. Egli stesso scrive nel programma di sala che “la musica è, ed è sempre stata, suprema nell’espressione dei misteri della vita: l’amore, la morte”. E ancora: “i compositori migliori non si limitano a ‘musicare’, piuttosto essi si servono dello spirito generale del testo per creare un mondo del tutto nuovo”. I Lieder di Schubert nell’interpretazione di Bostridge schiudevano veramente un inaudito “mondo nuovo”: gli ultimi versi del quarto e del quinto Lied della Winterreisene ne sono stati un esempio perturbante e sconvolgente. Questa cura esasperata del dettaglio potrebbe comportare un rischio di frammentarietà, ma qui interviene Julius Drake, che non si limita ad accompagnare, sorreggere e raddoppiare la voce ma è un complemento indispensabile all’interpretazione di Bostridge, sostenendo l’arco melodico e la continuità del brano.
I posti erano limitati e totalmente esauriti – qualcuno si è seduto sul prato – e l’ammirazione generale si è espressa in caldi applausi ai due interpreti, che data l’ora tarda hanno concesso un solo bis, lo schubertiano An den Mond su versi di Goethe.
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