Bentornato Monsieur Poulenc a Trieste!
Omaggio al compositore francese con Orazio Sciortino ed i Solisti del Teatro alla Scala
In Piazza Verdi a Trieste, all’ingresso del Teatro Lirico, quattro automobili d’epoca Renault e Fiat degli anni Quaranta e Sessanta facevano bella mostra di sé per promuovere il concerto-dedica al maître des mélodies Francis Poulenc di lunedì scorso. Proprio in quegli anni l’artista sans etiquette, come si definì, fu ospite in tre occasioni nella città giuliana. Nel 1940 in coppia con il tenore-baritono Pierre Bernac e nel 1962 con il soprano Denise Duval, presiedendo poi nello stesso anno al Concorso di composizione Città di Trieste. I due concerti furono organizzati dalla Società dei Concerti di Trieste che ha voluto, come penultimo appuntamento di questa 92° stagione, tributare le moine et le voyou, “il monaco ed il ragazzaccio” come lo etichettò il critico musicale Claude Rostand, con un concerto cameristico di altissimo livello con interpreti speciali. Orazio Sciortino al pianoforte ed i solisti del Teatro alla Scala: Andrea Monaco al flauto, Fabien Thouand all’oboe, Fabrizio Meloni al clarinetto, Emanuele Urso al corno e Gabriele Screpis al fagotto. Programma con opere tra le più significative della sua produzione cameristica a racchiudere un’evoluzione stilistica che abbraccia il periodo 1926-1962.
Va subito detto dell’intesa palpabile e adamantina tra Sciortino ed i solisti ai fiati, ritrovati insieme nell’atto finale dell’ineffabile Sestetto, a chiusura di numeri musicali in un crescendo emotivo nell’esaltazione dei timbri dei legni e del corno. A ragionare sugli andamenti dei movimenti che scandiscono in forma tripartita ogni Sonata eseguita, si direbbe che gli ossimori che ne caratterizzano diversi sono la cifra del «saveur acide qui agace délicieusement l’oreille» (sapore acido che dà deliziosamente fastidio all’orecchio), altra espressione di Poulenc. Allegretto malinconico, Allegro tristamente, dove anche l’Élegie e la Déplorazion, così la Romanza ed il Divertissement: Andantino, diventano il gioco di un’illusione e l’inganno sublime dell’enfant terrible del gruppo des Six da cui presto prese le distanze ad affermare l’inafferrabilità della sua estetica. «Ho fatto molta attenzione a conservare i miei difetti», disse ancora di sé, e nelle volatili, liriche, clownesche, turbate, esaltanti, melanconiche e capricciose invettive, dove la melodia troneggia e disinganna nei contrappunti e nelle trame dove le lezioni di Stravinsky e Satie fanno amorevoli lotte con gli insegnamenti aurei di Bach e di Mozart, «questi i miei soli maestri», la perizia interpretativa dei musicisti è stata la resa aurea di questa scrittura apparentemente disorientante ma effettivamente rassicurante.
La Sonata per flauto e pianoforte del 1965-57 è scivolata tra le dita ed il soffio di Andrea Manco in quella cantilena narrativa ed esaltante che la contraddistingue, tra le opere più note di Poulenc. La Sonata per oboe e pianoforte del 1962 si è valsa del trasporto di Fabien Thouand, desto nei saltellanti ribattuti di agile virtuosismo e lirico nei distesi orditi della deplorazione. L’Elegia per corno e pianoforte, in un solo tempo, ha trovato in Emanuele Urso la pregna, lamentevole e amara motivazione della sua creazione, dedicata all’amico cornista inglese Dennis Brain morto in un incidente stradale. La Sonata per clarinetto e pianoforte del 1962, penultima composizione di Poulenc in cui pare di sentire la parte finale del tema Non più andrai farfallone amoroso al primo tempo, è stata nella lettura par coeur di Fabrizio Meloni un canto del cigno di altissima fattura.
In questa prima parte di concerto, come nella seconda, Orazio Sciortino nelle vesti di pianista si è dimostrato impeccabile ed empatico nelle articolate e variegate intese. Così nel Trio per oboe, fagotto e pianoforte del 1926, dedicato a Manuel De Falla, con un ottimo Gabriele Screpis, e nel Sestetto per flauto, oboe, clarinetto, fagotto, corno e pianoforte composto tra il 1932 ed il 1939, con tutti i musicisti ritrovati, insieme in un’estasi che dalle tinte chiare dell’Allegro vivace esplode nel festante Finale: Prestissimo. Lunghi e ripetuti gli applausi a richiamare il bis. Un altro sestetto. Musica pour faire plaisir: Les petits nerveux da l’Heure du berger di Jean Françaix. Una serata di delizie a Trieste che sarebbe piaciuta anche al ritrovato Monsieur Poulenc!
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