Aida torna a Napoli
Successo al San Carlo per una coproduzione che propone l'elegante regia di Mauro Bolognini ideata per La Fenice di Venezia e ripresa da Bepi Morassi
Torna a Napoli Aida di Giuseppe Verdi, questa volta nel 150°anniversario, in scena al San Carlo dal 15 al 26 febbraio, con Michelangelo Mazza sul podio. Il capolavoro verdiano, che a Napoli negli ultimi anni è stato un titolo ricorrente è una coproduzione con allestimento del Teatro La Fenice di Venezia, con un'elegante regia di Mauro Bolognini ripresa da Bepi Morassi. Scene e costumi di un Egitto antico, un tempio, colonne e piramidi, gradinate e tombe sotterranee: c'è tutto ciò che comporta l'adesione alla partitura verdiana, posto che la finzione insita in una messinscena sia più o meno verosimile o realistica. L'interpretazione di Bolognini disegna una mappa, dalle piramidi al Nilo, entro la quale il suono dell'orchestra affiora, lievita, ricuce il tutto. La storia non aveva, però, in scena l'adeguata nerezza, poco noir narrativo. E l'elemento amoroso non è reso come autentica esigenza del singolo personaggio drammatico - come per Radames, interpretato con temperamento e recitazione da Yusif Eyvazov, pure troppo declamato più che cantato a tratti - ma mero fatto folklorico. Il finale tragico e tutta la connotazione a sfondo eroico erano ben delineati, le coreografie di Giovanni Di Cicco interpretate dal Balletto del Teatro di San Carlo, meno.
Gesto assolutamente sobrio e dispensato con controllo sia in buca che alle voci, il direttore domina l’orchestra a tratti bene a tratti con difficoltà - forse a causa della scena divisa su due piani - una sonorità poco pregnante. Timbro caldo, fino a squarci da groppo in gola nel duetto tra Aida, Anna Netrebko, e Amneris, Ekaterina Gubanova. La prima, un’irresistibile voce e presenza, in simbiosi con l'elemento esotico - colori timbrici, quando sale, di velluto. L’altra il giusto equilibrio. Risultano vocalmente e teatralmente ottimi in entrambi i ruoli Franco Vassallo, Amonastro e Riccardo Zanellato, Ramfis. Quasi sempre applausi a scena aperta. Emozionanti i momenti con coro massiccio (anche se con mascherina) diretto da José Luis Basso e i potenti sipari finali degli atti, che Verdi cesella, intrecciati con le voci come pagine riflessive dell'individuo e della comunità.
Tralasciando i problemi oggettivi della complessità del dramma lungo i quattro atti, la drammaturgia appunto non sorprende, ma sostanzialmente funziona. La regia è per tutto convenzionale, con nero e chiaroscuri dominanti, l'atmosfera sempre sinistra, in particolare nella scena con la marcia trionfale – tutti fermi e immobili - ma ovunque alte pareti, sfingi, statue dalle quali far penetrare occasionalmente la luce e i colori, incantando nella scena sul Nilo. Con molti applausi e traboccante come una festa, il San Carlo ha accolto queste tre ore di un passato eroico mai recuperabile.
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