Aida ’63

Lo storico allestimento di Zeffirelli-de Nobili ripreso al Teatro alla Scala

Recensione
classica
Teatro alla Scala Milano
Giuseppe Verdi
14 Febbraio 2012
La polvere è importante. Su un palcoscenico, è il segno della vita che è passata attraverso un allestimento. Ecco, la ripresa scaligera dell’Aida firmata Zeffirelli del 1963 non ha polvere: è come stare davanti a una teca tirata a lucido di un museo. Le scene (giustamente celebrate) di Lila de Nobili non vivono più di quella luce di cui si racconta, capace di filtrare attraverso la sabbia e alle colonne del tempio: i moderni impianti luce, capaci di regalare effetti incredibili con nuovi allestimenti, sono troppo perfetti per queste scene sfumate. È un effetto straniante: si vuole omaggiare uno spettacolo storico del ’63 che già a sua volta celebra una tradizione di allestimenti dei primi del Novecento. La storia esecutiva insegna che le riprese sono sempre pericolose, a maggior ragione se a distanza di così tanto tempo: oggi, certe trovate sceniche, certa gestualità enfatizzata (braccia agli dei e ginocchia in disperazione), i cavalli, i lindi egizi e gli etiopi coi piedi sporchi e i capelli cofanati, più che sorprendere fanno sorridere; e, soprattutto, fanno da involontario sostegno alle tesi di Said su un’Aida colonialista. Per giunta, tali spettacoli erano concepiti per essere abitati da cantanti-divi che catalizzino l’attenzione; oggi, il cast messo in piedi per questa ripresa non è decisamente stato all’altezza: né per il fraseggio scarno dei protagonisti Oksana Dyka e Jorge de Leon, né per i registri consumati di Marianne Cornetti o per l’arruffata intonazione di Andrzej Dobber. Omer Meir Wellber fa quel che può per aiutarli, ma tutti sembrano remargli contro: le tante idee di questo giovane direttore (meglio nelle parti raccolte che nelle scene di massa, con un Ritorna vincitor ad alta tensione e un finale da brivido) si scontrano con un’orchestra palesemente svogliata e al limite del cartellino rosso. Quando uno spettatore glielo fa notare ad alta voce all’inizio del terzo atto, dalla buca si è levato qualche filo di polvere.

Interpreti: Il Re (Roberto Tagliavini); Amneris (Marianne Cornetti); Aida (Oksana Dyka); Radames (Jorge De Leon) Ramfis (Giacomo Prestia); Amonasro (Andrzej Dobber); Messaggero (Enzo Peroni); Sacerdotessa (Pretty Yende).

Regia: Franco Zeffirelli

Scene: Lila de Nobili

Costumi: Lila de Nobili

Corpo di Ballo: Corpo di ballo del Teatro alla Scala

Coreografo: Vladimir Vasiliev

Orchestra: Orchestra del Teatro alla Scala

Direttore: Omer Meir Wellber

Coro: Coro del Teatro alla Scala

Maestro Coro: Bruno Casoni

Luci: Marco Filibeck

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

L'opera corale al Valli di Reggio Emilia

classica

Napoli: l’Ensemble Mare Nostrum sotto la direzione di Andrea De Carlo e con il soprano Silvia Frigato 

classica

Ad Amsterdam Romeo Castellucci mette in scena “Le lacrime di Eros” su un’antologia di musiche del tardo rinascimento scelte da Raphaël Pichon per l’ensemble Pygmalion